Domenica, 08 Dicembre 2024

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Il grande mattatore

Cinema

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Fra i grandi dello spettacolo sia teatrale che cinematografico del secolo scorso va annoverato senz’altro Vittorio Gassman. Qui ci interessa soprattutto il contributo che ha dato quale attore di cinema. Cominciamo dal 1947 quando Gassman interpreta Daniele Cortis  diretto da Mario Soldati, tratto da un romanzo di Antonio Fogazzaro. Ambientato nell’Italia del XIX secolo tra Vicenza e Roma, il film narra dell’impossibile rapporto d’amore tra una nobildonna, sposata con un uomo che non la comprende, e un suo giovane cugino grande idealista cristiano. Dietro la vicenda, appare lo scontro tra interesse politico e fede individuale. Ma il successo arriva con Riso amaro (1949) di Giuseppe De Santis, un complesso melodramma a sfondo sociale ambientato tra le risaie del vercellese, dove Gassman è un ladro fascinoso sfrontato e insensibile, che per interesse corteggia la mondina Silvana Mangano. Anche in Anna, del 1952, di Alberto Lattuada è un affascinante malvagio verso cui la protagonista (ancora Silvana Mangano) è attratta nonostante sia consapevole del suo essere negativo (“È come se ci fossero due persone in me” - dice per sottolineare il suo atteggiamento ambiguo nei confronti di tale demone del male). In Guerra e pace (1956), di King Vidor da Lev Tolstoj, è il vanesio seduttore dell’eroina protagonista del film (e del romanzo). Ma il suo talento si esprime soprattutto nella commedia brillante. In I soliti ignoti (1958) di Mario Monicelli, storia di un “colpo grosso” a un Monte di Pegni che fallisce e tutto finisce in una grossa mangiata, è un ex-pugile che si dà arie da boss ma che in verità è solo uno sbruffone. In Audace colpo dei soliti ignoti (1960), di Nanni Loy, fa parte degli stessi ladruncoli del film precedente, che tentano una rapina al furgone del totocalcio. In Il mattatore (1959), di Dino Risi, è un grande truffatore capace di mimetizzarsi nei personaggi più disparati. In La grande guerra (1959), di Monicelli, è il soldato lombardo sbruffone vicino al soldato altrettanto sbruffone romano Sordi. Entrambi i personaggi, opportunisti per molta parte della durata del film, sapranno riscattarsi e morire con grande dignità. In La marcia su Roma (1962) di Risi, una satira dello squadrismo fascista delle origini, è un reduce spaccone che si aggrega al finto tonto Ugo Tognazzi e con questo segue le camicie nere che “marciano” alla volta della capitale italiana. In Il sorpasso (1962), di Risi, è un esibizionista fanfarone che in una giornata di agosto s’imbatte in un timido studente e lo invita a fare una gita in spider, coinvolgendolo in un viaggio dove incontrano tanti personaggi anche bizzarri fino a che si arriva alla tragedia. In I mostri (1963), di Risi, dà vita a una serie di individui mostruosi del nostro vivere quotidiano: il pedone che si lamenta degli altri guidatori e che una volta in macchina si trasforma in pirata della strada, il regista cinico che per fare un film “realistico” sottopone a momenti di serio pericolo una docile vecchietta, la critica letteraria che con la scusa della poesia avvicina giovanotti a scopo sessuale, lo zoppo crudele che vive sfruttando un povero cieco, il disoccupato piagnucolone che dilapida allo stadio i soldi che ha, il pugile suonato convinto a ritornare sul ring dove si farà massacrare di botte .... In L’armata Brancaleone (1966), di Monicelli ambientato in un medioevo lacero e feroce, è un cavaliere sgangherato accompagnato da altri miserabili. In Il tigre (1967), di Dino Risi, è il quarantenne con il terrore di invecchiare, che ha una relazione con una donna molto più giovane di lui. In Il profeta (1967), di Risi, è un ex impiegato che, ritiratosi quale eremita per fuggire la vita superficiale della città, viene scoperto dalla TV e portato a Roma, dove deve sfruttare la sua acquisita fama a scopo di lucro. In In nome del popolo italiano (1971), di Risi, è un industriale cialtrone e spregiudicato accusato (ingiustamente) della morte di una giovane drogata. In Profumo di donna (1974), di Risi, veste i panni del capitano divenuto cieco, dopo un incidente che nasconde la propria amarezza dietro la maschera del cinico don Giovanni, rifiutando l’altrui pietà. Cambierà modo di vedere grazie all’amicizia di un ragazzo e all’amore di una giovane donna. In Il deserto dei tartari, 1976, diretto da Valerio Zurlini, tratto dal romanzo omonimo di Dino Buzzati, è il colonnello della fortezza in cui si svolge la vicenda. In C’eravamo tanto amati (1974), di Ettore Scola, è uno dei tre ex partigiani che fra delusioni ed entusiasmi partono dal dopoguerra ed arrivano agli anni settanta. In La terrazza (1980) di Scola è uno degli intellettuali che si confrontano in una serata mondana. In La famiglia (1988) di Scola, ritratto di una famiglia della media borghesia romana dai primi del novecento agli anni '80, è un capofamiglia pieno di indecisioni e frustrazioni. In La cena (1998) di Scola è il profondo professor Pezzullo cliente abituale di un ristorante che con la sua saggezza affascina clienti e camerieri e li induce alla riflessione. ◘

di Pietro Mencarelli


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