VICENDA DOGRE: QUANDO LA BUONA POLITICA SCACCIA QUELLA CATTIVA
La conclusione della vicenda Dogre legata all’appalto della imposta di pubblicità, Canone patrimoniale e mercatale di Città di Castello è una buona notizia. Lo è soprattutto per i lavoratori, che hanno saputo portare avanti a testa alta le loro rivendicazioni senza lasciarsi intimorire; è una buona notizia per le opposizioni istituzionali che hanno tenuto sulla corda l’Amministrazione comunale e la ditta concessionaria, soprattutto grazie all’azione determinante di Emanuela Arcaleni di Castello Cambia, le cui ragioni hanno convinto e coinvolto le opposizioni a sostegno dei lavoratori; lo è per quella stampa che ha informato l’opinione pubblica incalzando gli attori principali; lo è per i sindacati. Non è, invece, una buona notizia per Giunta e maggioranza che si sono arroccate dietro una difesa burocratica delle procedure concorsuali. “Abbiamo rispettato le procedure”, hanno affermato più volte Sindaco e Assessori, pertanto “auspichiamo che la vertenza si risolva a favore dei lavoratori nell’ambito organizzativo dell’azienda”. Ma la politica non è l’arte dell’“auspicio” ma del possibile, del fare in modo che le cose marcino nel senso di un di più di giustizia e verso un di meno di soprusi, e non viceversa. Un atteggiamento, questo, che dimostra la perdita di orientamento della Sinistra. Un chiaro smarrimento del “fiuto” per quelle vicende nelle quali sono in gioco non solo il rispetto delle regole, ma anche e soprattutto i valori, la dignità, l’etica dei comportamenti, la giustizia. Trincerarsi dietro le norme equivale a dire “se volete crocifiggere i lavoratori è affare vostro: noi non c’entriamo…”, un atteggiamento incomprensibile, soprattutto in tempi come questi in cui gli esiti della protervia dei padroni, dei caporali, degli schiavisti, squaderna quotidianamente scene di sfruttamento, di morti sul lavoro, di prepotenza smisurata, di violenze inaudite, di mancanza di rispetto delle norme di sicurezza e delle regole d’ingaggio dei lavoratori.
La vicenda Dogre è emblematica perché con essa si è chiusa la porta a comportamenti simili: qui in Altotevere non c’è posto per avventurieri in cerca di profitti facili a danno dei lavoratori e magari con connivenze dall’alto. Era questo il “focus” del problema: il pericolo da sventare, ancor prima delle discutibili norme di gara, erano i comportamenti vessatori del titolare dell’azienda a danno dei dipendenti. Si è visto chiaramente che se le forze politiche sanno fare il loro mestiere, se la stampa, poca purtroppo, riesce a tenere viva l’attenzione sui fatti, se i lavoratori non si lasciano intimorire i risultati arrivano. La vicenda è piccola, rispetto al numero delle persone coinvolte, ma è allo stesso importante proprio sul versante politico prima ancora che tecnico, e ha fatto sì che il suo significato travalicasse, e di molto, i confini della vertenza stessa.
Va dato atto, infine, a tutti i soggetti che ne sono stati protagonisti di aver segnato un punto importante a favore della democrazia e di aver riaffermato, non solo con le parole ma con i fatti, che le intese su battaglie comuni servono ai cittadini, servono alla politica, senza far perdere le identità a nessuno. Il processo è stato lungo, ma i lavoratori sono stati reintegrati nel loro orario normale, le mansioni lavorative sono state definite contrattualmente, gli errori sulle bollette emesse a carico dei cittadini (che così sono stati garantiti) sono stati eliminati, il titolare della Dogre è stato rimosso. È questo il fiuto che ha perso la Sinistra: il non sapere da che parte stare, il non dire le cose che vanno dette al momento giusto, il ribadire principi astratti per lavarsi la coscienza. A buon intenditor poche parole. Se gli amministratori, di Sinistra, non riescono ad aprire gli occhi, è tutto perduto. Per loro, ovviamente, perché c’è un altro modo di fare politica e di avvicinare le istituzioni ai cittadini come si è potuto costatare.
La buona politica scaccia la cattiva politica, questo insegna la vicenda Dogre.
Antonio Guerrini