di Alessandro Vestrelli
Il 35° convegno annuale de l’altrapagina (Città di Castello 9-10 settembre 2023) era stato animato dalla viva testimonianza di due attiviste per i diritti umani in Afghanistan ed in Africa (Malalai Joya e Mariam Ouédraogo) e di due reporter di guerra italiane, Francesca Borri e Lucia Goracci.
Ouédraogo - impossibilitata a lasciare il suo Paese, visto che non esiste un’ambasciata italiana in Burkina Faso e le problematiche legate all’ottenimento del visto si sono rivelate insormontabili - aveva contribuito da remoto inviando un video dalla redazione del quotidiano dove lavora.Gli interventi al convegno sono stati velocemente raccolti dalle Edizioni l’altrapagina in un instant book, presentato, in anteprima all’interno della Libreria Alibù di Umbertide (11 dicembre).
Amelia Rossi, della Rete donne antiviolenza di Perugia, Giuseppina Gianfranceschi del Coordinamento per la pace di Umbertide Montone, Piero Sunzini, direttore di Tamat e Alessandro Vestrelli de l’altrapagina, riallacciandosi alle testimonianze di Mariam, Malalai, Francesca e Lucia, sono riusciti a coinvolgere un pubblico numeroso ed attento nell’approfondimento di tematiche di stringente attualità: la violenza di genere, i numerosi focolai di guerra che infiammano il mondo attuale, il ritorno del fondamentalismo. Giuseppina Gianfranceschi, dopo aver sottolineato il ruolo nefasto, ma oggi ancor più centrale, degli interessi economici e del neoliberismo, ha tratto spunto da quanto affermato da Francesca Borri nel libro per poi soffermarsi sulla drammatica spirale di violenza in Medio Oriente e ricordare come i propri viaggi in Israele e Palestina con l’Associazione per la pace le avessero già aperto gli occhi sulle continue vessazioni dei coloni nella West Bank ai danni del popolo palestinese. Una pentola a pressione, incubatrice di ogni fondamentalismo, destinata ad esplodere, come è, poi, puntualmente avvenuto. Amelia Rossi, partendo da un’affermazione di Lucia Goracci contenuta nel volume degli atti: “da quel nulla che erano, le donne sono diventate la forza sovversiva più significativa nelle società”, ha svolto un’attenta disamina della condizione femminile (il secondo sesso di Simone de Beauvoir…) alla luce degli ultimi accadimenti in Italia e della drammatica testimonianza di Mariam Ouédraogo sugli stupri come arma di guerra in Burkina Faso. E ha sottolineato con forza come il patriarcato sia un comune denominatore dei sistemi politici, sociali, culturali di tutto il mondo e lo si trovi sempre alla radice della violenza di genere, una consapevolezza che incontra, però - ha soggiunto - ancora tantissime resistenze. Il coordinatore Vestrelli ha, a questo punto, chiesto a Piero Sunzini di aprire, ai presenti, nuovi orizzonti di comprensione della drammatica deriva sociale, economica, politica, bellica in cui, a partire dal 2011/2012, anche a seguito della eliminazione di Gheddafi, è precipitata l’Africa subsahariana. La Ong Tamat ha realizzato molti progetti di cooperazione internazionale allo sviluppo nel Paese dove opera la corrispondente di guerra Ouédraogo e il direttore Sunzini ha tracciato un quadro a tinte fosche, ricordando come, oggi, solo una zona limitata intorno alla capitale Ouagadougou resti sotto il controllo del Governo burkinabé, mentre, in tutto il resto dello Stato, la presenza di gruppi terroristici (di provenienza Al Quaeda, Isis), spesso in lotta tra di loro, ne limita il pieno governo e la conseguente sicurezza per tutti i cittadini . I gruppi fondamentalisti continuano sia a svolgere una capillare opera di proselitismo nelle fasce della popolazione (soprattutto del nord e di diversa appartenenza etnica) che erano state lasciare languire per decenni sotto i limiti minimi della povertà, sia ad operare quelle sistematiche violazioni dei diritti umani contro chi non si affilia, chiaramente denunciate nel volume degli atti. In questo contesto l’atteggiamento neocolonialista della Francia suscita sempre più aperta ostilità nella popolazione autoctona ed è alla base della recente reazione delle élite militari locali a suon di colpi di Stato. Risalta l’assenza politica dell’Unione europea - che, al contrario, rimane ancora il donatore più importante dei paesi saheliani - in un quadrante del mondo ricco di materie prime e terre rare, in cui ben maggiore presa esercitano ora nuove potenze prive di un passato coloniale: Russia, Cina, Turchia. Conclusione: soltanto se l’Unione europea sarà in grado di elaborare una corretta politica estera (finora improvvidamente delegata alla Francia in Africa occidentale ) e verrà rilanciata una cooperazione allo sviluppo win win, cioè vantaggiosa per tutti, sarà possibile intravedere una via d’uscita senza espulsione delle nostre realtà dall’Africa in generale e saheliana in particolare.
Dal pubblico limpida è emersa la testimonianza di due giovani intellettuali della Costa d’Avorio, entrambi con studi universitari a Perugia. Guy Amian ha tenuto a ribadire il proprio disappunto e rammarico per i sempre più frequenti episodi di violenza di genere ovunque perpetrati contro le donne: “io sono Guy per la volontà di una donna e sono ciò che sono perché tantissime donne mi hanno dato una mano, per questo posso dire loro solo grazie! Purtroppo anche in Africa le donne non sono rispettate come si dovrebbe, ma noi nuove generazioni stiamo lavorando per dare alle donne il posto che meritano!”. Per poi affermare come “appaia incredibile che nei nostri Paesi d’origine, così ricchi di materie prime, la maggioranza della popolazione non sia ancora uscita dalla miseria … La Costa d’Avorio, ad esempio, è il primo produttore mondiale di cacao, ma un bambino di un villaggio ivoriano continua a vedere come un miraggio una tavoletta di cioccolato! ... I cittadini africani devono impegnarsi a cambiare lo stato delle cose, ma - ha tenuto a precisare - con la battaglia delle idee e senza violenza”. Anche Alex Afri, il più giovane dei due, dopo aver lamentato come i leader africani, anziché onorare la loro responsabilità primaria di far vivere i propri popoli in pace e giustizia, spesso affondino nella corruzione, ha manifestato fiducia nei giovani, come lui e Guy, che stanno impegnandosi per il cambiamento. Stefanina Buonantuono, giovane cooperante, coordinatrice dell’organizzazione di Tamat, si è soffermata sulla strategia della sua Ong rivolta all’emancipazione delle donne dei Paesi in via di sviluppo attraverso formazione e microcredito, strumenti formidabili per farle crescere in considerazione sociale e autonomia.
Conviene, infine, spendere qualche parola sul contenitore della presentazione: la libreria Alibù. Unica sopravvisuta a Umbertide, essa è non solo un piccolo scrigno culturale ma anche uno spazio, coloratissimo ed accogliente, spesso affollato di bambini, impegnati in iniziative di lettura ad alta voce e socialità varia, e adulti responsabili che amano conversare e confrontarsi in un luogo pieno di futuro.