Martedì, 19 Marzo 2024

libreria acquista online

Una protesta dilagante

Dossier. Una rivoluzione al femminile.

silvia romano2

Le manifestazioni di piazza che si susseguono in ogni angolo del Paese stanno scuotendo il regime degli ayatollah. Sono state proprio le donne a ribellarsi contro un sistema teocratico che le costringe a un ruolo subalterno sotto il controllo maschile. Non è un caso che campeggino le scritte “Donna-Vita-Libertà”, tratte dal proclama delle donne curde che hanno subito per prime la repressione iraniana. I gesti clamorosi, che hanno spinto le donne a tagliarsi i capelli per protesta contro la polizia morale e hanno gettato il velo come simbolo della discriminazione di genere, hanno provocato una risposta ancora più spietata da parte del regime.

In questi mesi si sono moltiplicati gli arresti, le esecuzioni sommarie, le torture, gli stupri all’interno delle carceri iraniane. Secondo gli attivisti dell’Agenzia dei Diritti Umani sono stati uccisi più di 500 manifestanti, tra i quali 60 bambini. Le cifre sono impressionanti: nel mese di gennaio sono state arrestate 19.200 persone, 681 studenti. Il prezzo più pesante per le proteste lo stanno pagando soprattutto le donne e i giovani. Purtroppo le loro voci sono silenziate dal potere.

una protesta dilagante altrapagina febbraio 2023 1Nel frattempo è stato giustiziato un giovane diciottenne, Mohsen Shekar, con l’accusa di aver bloccato la strada principale di Teheran e di aver ferito un agente della polizia morale. Un processo farsa, con l’aggravante di “inimicizia verso Dio” e senza le procedure stabilite dalle leggi. Pochi giorni dopo è stata impiccata una ragazza di 23 anni con la stessa accusa, in tutta segretezza e senza alcun sostegno giuridico. Il calciatore Adani, che aveva partecipato alle proteste, è stato condannato a 26 anni di carcere perché la pena gli ha evitato l’esecuzione.

L’episodio più significativo è quello del rapper Salem, molto conosciuto dalle giovani generazioni, che ha avuto il coraggio di cantare: «Non avete succhiato abbastanza dalla nostra esistenza? Ci avete resi estranei al mondo, ci avete trasformato in giocattoli di vetro. Non avete colpito abbastanza il nostro culo, non avete rubato dalle nostre tasche, non ne avete dato metà alla Cina e il resto alla Russia?». Rischia perciò la pena capitale.

È una denuncia e un grido, che esprime bene la situazione economica, la mancanza di futuro, l’isolamento internazionale, la crescita della povertà. Questi giovani vogliono decidere da soli della propria vita, di come poter vivere e non essere più costretti a pensare come nel passato. Scendono in piazza senza paura perché ne va del loro futuro.

Le proteste si sono svolte in tutto il territorio iraniano, dalle grandi città alle aree rurali, e vi hanno partecipato donne e uomini di ogni nazionalità, al di là di ogni appartenenza politica. I più combattivi sono i curdi, perché sono stati duramente oppressi durante il regime iraniano. Anche le persone che vivono all’estero e che diffondono messaggi per sostenere la resistenza, non si sentono al sicuro, perché il governo potrebbe rapirle e riportarle in Iran e vedere i propri familiari finire in carcere.

una protesta dilagante altrapagina febbraio 2023 2Nello stesso tempo cresce l’irrigidimento delle politiche morali del sistema; l’impoverimento continuo delle classi subalterne, la mancanza di libertà, il degrado ecologico spingono le persone a vivere un clima di insurrezione. Ancora una volta sono i musicisti a incarnare lo spirito della protesta. L’arte ha avuto un grande impatto sulla società per spingere verso il cambiamento. Basti pensare ai giocatori di calcio che si sono rifiutati di cantare l’inno prima della partita dei mondiali, ai professori universitari che si sono dimessi per sostenere le proteste, agli operatori dei media che si sono messi da parte. È una mobilitazione collettiva che richiede un tempo più lungo e non arriva in poche settimane. «La gente combatte e protesta contro una mafia che pensa solo a se stessa e al suo potere», ha sottolineato l’amica del musicista Toomaj.

La canzone più sorprendente è “Baraye”, che riprende le ragioni della protesta, scritta da Shervir Hajipour: «Per mia sorella, per tua sorella, per le nostre sorelle / Per il risveglio delle nostre menti arrugginite / Per la vergogna / Per avere le tasche vuote / Per il desiderio di una vita normale / Per i bambini che raccolgono la spazzatura e i loro sogni / Per questa economia che ci soffoca / Per questa aria inquinata che respiriamo. ◘

di Achille Rossi


Editoriale l'altrapagina Soc. Coop.
Sede Legale: Via della Costituzione 2
06012 Città di Castello (PG)
Responsabile: Antonio Guerrini
Info Privacy & Cookie Law (GDPR)

Seguici anche su:

Dati legali

P.IVA 01418010540
Numero REA: pg 138533
E-mail: segreteria@altrapagina.it
Pec: altrapagine@pec.it
ISSN 2784-9678

Redazione l'altrapagina

Telefono: +39 075 855.81.15
dal Lunedì al Venerdì dalle 09.00 alle 12.00