Giovedì, 18 Aprile 2024

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Di quale scuola si sta parlando

SCUOLA. La diatriba aperta sulla rimodulazione dell’orario scolastico nelle scuole primarie.

silvia romano2

Da qualche mese si trascina una polemica tra Dirigenza e insegnanti della Scuola primaria da una parte, e genitori dei bambini dall’altra. Il nodo della contesa è costituito dalla rimodulazione dell’orario scolastico per i plessi di La Tina e Rignaldello secondo una ipotesi che non è piaciuta ai genitori. La polemica ha dato atto a prese di posizione pubbliche con articoli ripetuti sui giornali, alla raccola di firme da parte dei genitori, alla discussione in Consiglio comunale. I motivi di sofferenza della scuola sono molti e quotianamente oggetto di cronaca, di diatriba politica, di lotte sindacali. Ciò che manca è una riflessione più approfondita sul significato stesso del termine “educazione” e di ciò che serve in una società segnata da un profondo cambiamento di natura antropologica e sociale. La vicenda rivela in modo chiaro che dietro la semplice definizione “rimodulazione dell’orario scolastico” si nasconde un macigno molto più consistente, che interpella in ugual misura tutti gli attori della vicenda. Cosa chiedono i genitori alla scuola per i loro figli? Cosa chiede la politica alla scuola per formare i cittadini? Cosa fa la scuola per adempiere all’art. 29 della Convenzione internazionale dei diritti del bambino che dice: «Gli Stati parti convengono che l’educazione del bambino deve avere come finalità: favorire lo sviluppo della personalità del bambino, nonché lo sviluppo delle sue facoltà e attitudini mentali e fisiche in tutte le loro potenzialità». È una occasione da non perdere per avviare una riflessione più approfondita su un tema che sta al centro di tutto. Per questo abbiamo dato la parola ai protagonisti nella speranza che la vicenda tecnica, per così dire, si chiuda, ma che rimanga aperta l’interpellazione più profonda: chi educa chi e come?

Dice il dirigente

simone casucci«Il Covid è stato un momento “alterato” per la scuola: sono arrivati più soldi, più insegnanti, più Collaboratori scolastici… Quel qualcosa in più, in realtà, andava a coprire le esigenze normali e ordinarie. Terminata l’emergenza Covid siamo tornati all’organico “normale” con le criticità di sempre» afferma Simone Casucci, dirigente del Primo e Secondo Circolo, da tempo alle prese con un’accesa diatriba sulla rimodulazione dell’orario scolastico con i genitori dei plessi di La Tina e Rignaldello, a cui chiediamo conto.

Come si è potuta creare una frattura così profonda tra insegnanti e genitori?

«In questa vicenda ho trovato da una parte una presa di posizione netta di un gruppo di famiglie che ha visto nella proposta di rimodulazione una lesa maestà, la lesione di un diritto acquisito rispetto all’offerta formativa, dall’altra parte la richiesta dei docenti di La Tina che, a fronte di un lungo periodo di sperimentazione didattica, molto ricca ma non priva di problemi organizzativi, auspicava la rimodulazione del tempo scolastico».

Tale proposta riguarda entrambi i plessi scolastici di La Tina e Rignaldello?

«Sono due realtà profondamente diverse, perché La Tina ha una sua configurazione con una Offerta formativa che dal 2019 ha previsto, gratuitamente, l’attivazione di due laboratori pomeridiani, di inglese e di musica, facoltativi e la possibilità per le famiglie che lo richiedono di far permanere a mensa i figli cinque giorni su sei. In tutti questi casi venivano utilizzati gli insegnati della mattina. A Rignaldello l’orario è modulare per sei giorni senza attività integrative pomeridiane».

Quindi?

«Ho ascoltato e accolto le perplessità dei docenti di La Tina e la loro reale difficoltà di dover garantire la continuità didattica in 27 ore, con un orario molto frammentato tra mattina, mensa e pomeriggi».

Ma questa esperienza andava avanti dal 2019, perché si è deciso di cambiare tutto?

«Perché di mezzo c’è stato il Covid che ha impedito di vedere quanto fosse impegnativa questa proposta. È vero che i genitori hanno fatto le iscrizioni immaginando una offerta di un certo tipo, ma sul nuovo Ptof c’è scritto che verrà mantenuta l’offerta didattica se l’organico e se le condizioni lo permettono. A questo punto ci siamo chiesti perché non istituzionalizzare i due pomeriggi vista l’alta frequenza e portare la didattica da sei a cinque giorni. Nel frattempo è intervenuto l’obbligo di introdurre 2 ore di educazione motoria (a oggi per le classi quinte ma dal prossimo anno anche alle quarte), che portano l’attività didattica da 27 a 29 ore».

Qual è stata l’obiezione delle famiglie?

«È difficile da spiegare a persone che considerano la situazione precedente un diritto acquisito e non modificabile. In realtà nella scuola avvengono cambiamenti come in qualsiasi contesto organizzativo e per questo abbiamo dei piani triennali di progettazione che possono rispondere proprio all’esigenza di innovare, cambiare, quando emergono necessità».

Significa che con i genitori non ne ha parlato?

«In realtà ci sono stati diversi incontri con molti genitori a ottobre sul tema dell’efficientamento energetico, una proposta naufragata che prevedeva la chiusura del sabato. Da lì, tuttavia, è nata una riflessione con i docenti che chiedevano da tempo il sabato libero per riorganizzare il tempo scolastico. Ne ho parlato con le famiglie e i rappresentanti di classe senza trovare una interlocuzione. Abbiamo costituito una commissione con tutti i docenti e i rappresentanti dei genitori in cui si è spiegato quale fosse il problema, ma da parte dei genitori è stata opposta l’inderogabilità della apertura del sabato. Tutti gli incontri istituzionali fatti successivamente sono stati preceduti o seguiti da articoli sui giornali: insomma, una marea montante. In questo clima, le decisioni assunte sulla rimodulazione dell’orario in sede di Consiglio di circolo o dal Collegio dei docenti sono state quasi irrise. Dico di più: abbiamo avuto riunioni di Consiglio di istituto molto accese, perché c’erano persone ben informate o ben orientate a scardinare, e mi sono ritrovato davanti l’obiezione del no perché no. Eppure dovevamo prendere le decisioni rispettando i tempi delle iscrizioni scolastiche: non potevamo derogare. Il Ptof 2019-2022 scadeva l’8 gennaio, e per quella data il nuovo Piano doveva essere approvato».

I genitori sostengono che le informazioni sul progetto educativo le hanno conosciute solo in sede di confronto nella Commissione consiliare.

«Le linee progettuali erano state esposte ai rappresentanti assieme ai docenti. Abbiamo fatto il verbale di questa riunione ed è stato contestato senza spiegarne i motivi».

Vuol dire che c’è una frattura anche tra i genitori?

«Si è voluto estremizzare la vicenda e così si è perso il significato del tutto. Spero anche che i consiglieri comunali non si fermino al sabato sì sabato no.

Eppure il nodo della questione è questo.

Il problema non è aprire o non aprire la scuola il sabato, ma dare un senso a ciò che si fa. Sto lavorando per dare una risposta anche a quei genitori che hanno problemi oggettivi, cercando di connettere le attività del sabato con il territorio. Ma il Pnrr ci chiede di rimettere in ballo i modelli educativi che abbiamo sviluppato fino adesso, di sperimentarne di nuovi, di garantire che nessuno rimanga fuori, di offrire un recupero reale della vita dei bambini con due giorni liberi e non uno, e di connettersi alle offerte del territorio, al mondo dell’associazionismo, ma anche della ludoteca finanziata dal Comune, che garantisce un servizio educativo ad un numero interessante di bambini tutti i pomeriggi fino alle 18.00».

Ma se si tratta di mettere al centro il bambino non era meglio affrontare prioritariamente il tema educativo e di conseguenza quello organizzativo?

«La cosa ci è stata contestata, perché se si parlava di educazione si opponeva l’organizzazione, se si parlava di organizzazione si tornava all’educazione. Qual è il bene dei bambini? Qui occorre un atto di fiducia; gli esperti sono i docenti i quali sostengono proprio questo: se riusciamo a condensare di più il tempo educativo è un bene per i bambini, l’organizzazione di laboratori per il sabato rappresenta una risposta concreta per quelle famiglie per le quali è necessario che i propri figli abbiano questa opportunità, garantendo una ottimizzazione del personale scolastico. D’altra parte già molti bambini fanno sei giorni più due pomeriggi gratuiti. Felicissimi. Dov’è dunque il problema? Perché non ridurre il tempo scolastico fino a venerdì? Ai due pomeriggi partecipa più della metà dei bambini. Abbiamo proposto un progetto con il Pon, anche questo gratuito, e sono venuti quasi tutti. Quindi c’è interesse quando si propone una didattica diversa!».

Come pensa di ricomporre la frattura che si è creata?

«Avvieremo, insieme agli insegnanti e ai genitori, una modalità specifica per far comprendere ancora di più la progettazione del prossimo anno e come cambierà la didattica. Lavoreremo più per laboratori, per atelier, come chiede il Pnrr, molto più sulle competenze che sui contenuti, su strategie metacognitive, ma per questo occorrono tempo e unità differenziate, perché stare 27 ore in attività didattica solo trasmissiva non serve; dobbiamo mettere insieme un prodotto molto più articolato. Non si parla più di programmi, ma dell’acquisizione di competenze con un tempo che permetta di raggiungere tutti, mentre con il tempo modulare il rischio di non riuscirci esiste. Ci sono bambini dotati di strumenti culturali importanti che non si riesce a seguire come si dovrebbe. E gli ultimi? Arrancano. L’ottica proposta è che nessuno debba rimanere indietro». ◘

Dicono i genitori

marta brigantiL’incontro si è svolto solo con Marta Briganti rappresentante dei genitori del plesso La Tina. Cristian Braganti, rappresentante del plesso scolastico di Rignaldello, ha rinunciato perché «le rappresentanti di classe di Rignaldello hanno condiviso l’inopportunità di proseguire azioni visto che l’obiettivo era stato raggiunto (Chi al momento sta frequentando la scuola di Rignaldello dalla prima alla classe quarta ha il sabato garantito per tutto il percorso didattico dei prossimi anni)». Quindi abbiamo rivolto le seguenti domande alla nostra unica interlocutrice.

Recentemente vi siete costituiti in Comitato di genitori a seguito della della rimodulazione dell’orario scolastico da voi non condiviso. Si va alla guerra o cos’altro?

No, per noi è solo una necessità di chiarezza. Abbiamo inteso formalizzare la contrarietà dei genitori a questo provvedimento di modifica della didattica, fatta con una imposizione. L’attuale offerta formativa è quella che noi e i genitori di Rignaldello avevamo scelto al momento della iscrizione dei nostri figli a scuola. Quella attuale che ci viene imposta era già presente in altre scuole, quindi, se fosse stata di nostro gradimento, a suo tempo avremmo potuto sceglierla. Invece si optò per un insegnamento su sei giorni settimanali, evitando i rientri pomeridiani. Per varie ragioni: di tipo didattico (tempo scuola distribuito su 6 giorni solo la mattina); di tipo organizzativo per chi ha problemi  legati ad esigenze di lavoro; per seguire i bambini nell’apprendimento; per avere modo di far svolgere in tranquillità ai propri figli attività extrascolastiche pomeridiane. Inoltre, l’attuale offerta formativa prevede attività integrative facoltative pomeridiane, musica e potenziamento dell’inglese, materie non curriculari e quindi meno vincolanti.

Queste attività vengono seguite sempre dagli insegnanti della mattina, anche se sono facoltative: sia le attività che la mensa. Una tale estensione non finisce per compromettere anche la didattica?

Evidentemente è quello che è realmente accaduto, ed è il motivo per cui si è ritenuto necessario attuare questa modifica, ben lontana dalla prima motivazione, che era quella del risparmio energetico, avanzata in questo confusa e mal gestita situazione. La proposta didattica attualmente in essere e da noi scelta non è stata richiesta, ma offerta dalla scuola stessa al momento degli open day è in essere dall’A/S 2019/2020 ed è stata così accettata: sei giorni di scuola, mensa facoltativa tutti i giorni, due rientri facoltativi.

Ma l’offerta per legge dura tre anni.

Credo che quella offerta, come è stata formulata, fosse difficile da mantenere. C’è un errore organizzativo a monte che si è poi protratto negli anni e che, a questo punto, ci toglie la certezza che le proposte che vengono fatte saranno mantenute e che tutto sia modificabile da un momento all’altro. Se l’errore organizzativo c’è stato, come pare evidente, non deve ricadere sui genitori, ma la scuola doveva cercare una mediazione. È stato invece deciso di togliere tutto e ribaltare completamente l’offerta, anche per chi era già dentro, cosa non fatta a Rignaldello.

Tutto ciò con il personale docente in organico?

Impegnare le insegnanti nella mensa è stata una scelta dirigenziale, ma la mensa non è tempo-scuola, tanto è vero che i genitori possono decidere se farli restare a mensa o riportarli a casa. Se il dirigente si fosse trovato in difficoltà per quelle prestazioni aggiuntive avrebbe potuto chiedere aiuto al Comune, che tra l’altro, in Commissione, si è reso disponibile, a mettere a disposizione del personale anche in futuro.

E per i pomeriggi facoltativi?

I pomeriggi facoltativi al momento prevedono l’intervento, oltre che degli insegnanti della scuola di musica comunale, anche di specialisti legati al progetto europeo PON. Poi ci sono le insegnanti della mattina che si sono rese disponibili, per le quali si tratta di orario aggiuntivo. Nella proposta, formale, che abbiamo avanzato in un incontro dirigenza, docenti e rappresentanti avevamo suggerito di avvalersi delle associazioni presenti sul territorio, così da non gravare sulle insegnanti. Ci è stato opposto un secco rifiuto dalla dirigenza, asserendo l’impossibilità di inserire attività a pagamento nella scuola pubblica. Ma già adesso chi opta per seguire uno strumento nel corso di musica, lo fa a pagamento. Peraltro questa stessa proposta è stata realizzata nella scuola di Lerchi per l’inglese, esso pure a pagamento. Quindi si è avuta la sensazione che si volesse perseguire una certa strada a prescindere.

Per i genitori è solo una questione di orari, di didattica, di giuste esigenze lavorative delle famiglie o c’è dell’altro? 

Alle cose già dette aggiungerei che la dirigenza sta portando avanti la questione in maniera autoritaria e senza ascoltare le famiglie che hanno espresso la loro contrarietà a questo provvedimento con una raccolta di firme protocollata sia a scuola che in Comune. Dissenso espresso con una lettera di cui abbiamo chiesto la diffusione al collegio docenti e ai rappresentanti del Consiglio di Istituto. Niente di tutto ciò è stato fatto e del suo contenuto è stata data una interpretazione diversa alle maestre, le quali hanno manifestato il loro dispiacere a nostre ipotetiche offese. In realtà in essa non facciamo in alcun modo riferimento a loro e tanto meno al loro operato, per il quale abbiamo ribadito la nostra piena fiducia.

Per arrivare alla definizione del nuovo Ptof non siete stati coinvolti?

I genitori non devono essere coinvolti nella formulazione del PTOF, è un documento scolastico. Non siamo stati presi in considerazione, come si asserisce nel PTOF, nella elaborazione dell’offerta formativa, o meglio nella variazione dell’offerta formativa che noi avevamo scelto e che è in essere. Noi vorremmo ribadire che  il coinvolgimento delle famiglie e degli organi amministrativi locali nella formulazione dell’offerta formativa è imprescindibile e che, a nostro parere, non può essere piegata a esigenze organizzative deve aprirsi alla comunità. Nulla di questo è avvenuto.

Se il problema dirimente  è l’educazione dei figli, perché non si è stati in grado di centrare la discussione più su questo aspetto che sulla organizzazione?

L’organizzazione oraria è strettamente collegata all’educazione dei bambini. Con questo nuovo piano sarebbero 29 ore di scuola complessive, come da richiesta ministeriale, ma con i due giorni di rientro che ne prevedono 7, con 1 sola ora di pausa per la mensa, sarebbero addirittura più ore di quelle svolte dai bambini del tempo pieno e tutte di didattica curriculare.

Quali sono i contenuti di questa proposta didattica?

Si parla di atelier, di laboratori. Ma appunto si parla, non si scrive, non si specifica.

Quindi?

Non c’è chiarezza nel progetto, non c’è linearità. Perché, per esempio, mantenere invariata l’offerta formativa in essere per i bambini di Rignaldello (fatta salva la modifica a 29 ore) e cambiare tutto per quelli di La Tina? La risposta a questo è stata che Rignaldello non presenta le condizioni per metterla in atto. E allora perché proporla solo per le prime a partire dal prossimo anno? Queste prime diventeranno poi seconde, poi terze e così via.

È possibile riprendere il dialogo?

Veramente vorremmo iniziarlo perché non c’è mai stato un reale e costruttivo confronto. E noi siamo ben disposti in merito. A noi è dispiaciuto che la tensione che si è creata abbia generato un clima pesante per tutti, un clima che mai fino ad ora c’era stato. Quello che realmente è mancato è un confronto e ritengo che il coinvolgimento delle famiglie sia doveroso. ◘

di Antonio Guerrini


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