In 100mila alla marcia per la pace

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Città di Castello. Una piattaforma pluralista all'appuntamento di Roma del 5 novembre.

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«Abbiamo partecipato alla marcia del 5 novembre come Pax cristi e altre associazioni cattoliche: Zuki, Ospedale da Campo e articolo 49» afferma Franco Ciliberti. Dismessa la postura da deputato, continua a svolgere il suo lavoro di animazione culturale, politica e religiosa in tempi difficili come quelli attuali. Gli chiediamo alcuni spunti di riflessione avendo partecipato alla Marcia per la Pace di Roma svoltasi il 5 novembre u.s.

Perché avete aderito a una iniziativa “contesa politicamente”?

«Perché la piattaforma organizzativa si basava su punti chiari: disarmo nucleare, di cui è inutile sottolineare l’importanza dal momento che se ne parla come possibilità concreta di impiego; solidarietà alle vittime dell’Ucraina, riconoscendo che c’è un popolo invaso e un invasore, anche se errori sono stati compiuti da entrambi gli attori dal 2014; solidarietà a tutti i popoli e contro le guerre: attualmente sono in essere oltre 50 conflitti di cui non si parla perché coinvolgono paesi che non dispongono di fonti energetiche primarie o di altre materie prime; ripensare il ruolo dell’Onu che, a causa dei veti delle grandi potenze, non riesce  più a svolgere il ruolo di mediatore nei conflitti attuali; la manifestazione è stata organizzata da associazioni di base: le Acli, l’Aci, la Comunità di Sant’Egidio, associazioni di donne russe e ucraine…, credenti e non credenti che in modo spontaneo hanno portato a Roma 100mila persone».

C’è stata anche la presenza di partiti?

«Sì, ma sono venuti con molta correttezza, senza simboli e senza bandiere di parte proprio perché l’iniziativa era partita da cittadini che si sono motivati e autoconvocati.

L’informazione ha dato rilievo analogo a iniziative diverse per scopi e per partecipazione.

in 100mila alla marcia per la pace altrapagina mese dicembre 2022 in evidenza 2I presenti hanno toccato con mano la diversità strumentale  con cui si è parlato delle iniziative. In particolare, non sono stati riportati gli interventi finali di Flavio Lotti del Tavolo per la Pace, di Riccardi della Comunità di Sant’Egidio, dello stesso Landini che ha terminato con le parole “vi saluto amici, compagni, fratelli”, dando l’idea dell’arricchimento reciproco di varie tendenze culturali. Poi è stato inquadrato un manifestino con scritto “Via l’Italia dalla Nato”, come se la manifestazione fosse stata dominata da un orientamento politico preciso. I giornali hanno dato risalto alla diatriba Conte-Letta e alla piccola e insignificante contestazione di poche persone a Letta più che all’abbraccio tra donne russe e ucraine, all’impegno commovente dei ragazzi della Comunità di Sant’Egidio, alla presenza di anziani che hanno camminato per tutta la manifestazione… fino alla strumentalizzazione finale di Calenda che da Milano ha bollato l’iniziativa di Roma come pro-Putin».

Quale è il futuro di iniziative come queste?

«Se la società civile crede in queste battaglie può e deve mobilitarsi: la politica deve ascoltare le persone quando si mobilitano per questi scopi».

Quale spazio deve aver il pacifismo nella piattaforma culturale e politica del Pd?

«Mi pare che su questo  tema la confusione sia dominante. A cominciare dall’Europa che dovrebbe avere un ruolo attivo nel dibattito politico e diplomatico mondiale, al nostro stesso Paese che ha una posizione di basso profilo pur essendo un interlocutore importante vista la sua posizione geografica al centro del mar Mediterraneo. Il Pd ha aderito dopo un profondo dibattito all’Internazionale socialista, ma su questo tema essa non ha fatto sentire la sua voce. Invece  dovrebbe prestare orecchio alla politica internazionale, perché ricordo che la nascita del partito fu preceduta da una profonda riflessione in questo senso. E in uno degli incontri preparatori, Pietro Scoppola disse: «Proprio perché mettiamo insieme diverse tradizioni, da quella socialista e comunista, a quella cattolica e popolare e quella laico-libertaria, ognuna porti avanti le proprie visioni radicali di pensiero, perché le mediazioni si faranno dopo». Invitava, insomma, a non annacquare le proprie prerogative di pensiero in vani equilibrismi.

in 100mila alla marcia per la pace altrapagina mese dicembre 2022 in evidenza 4In questi ultimi tempi ci si preoccupa molto dei posti da occupare mentre sui temi forti che danno identità si gioca al ribasso».

Sono le correnti interne che creano questa disarticolazione tra i valori da salvaguardare e i comportamenti?

«Le correnti avrebbero un ruolo se fossero correnti di pensiero e non di gestione. Complice di questa perversione è anche un sistema elettorale che non porta il candidato a chiedere i voti a sostegno dei valori  professati dalle loro culture. Invece viene messo in lista a Roma, per cui venuto meno il rapporto diretto con gli elettori, porta avanti il proprio correntismo personale e non si fa carico del mandato ricevuto dal basso. In breve, non deve rispondere a chi l’ha eletto, ma a chi lo ha messo in lista»..

Quindi cosa dovrebbe fare il Pd per farsi promotore di una offerta politica più credibile?

«È difficile affrontare questo passaggio di fase politica se le regole congressuali rimangono queste e se non si fa seriamente un’analisi del perché dal 2008 il Pd ha perso 7 milioni di voti, come abbiamo proposto alla segreteria nazionale. Ma non pare che questa idea abbia trovato buona accoglienza». ◘

Intervista redazionale a Franco Ciliberti

A cure della Redazione