Rubrica. Il corpo delle donne.
È un fatto: in generale l’assassinio di una prostituta da parte del suo cliente non è considerato dalla pubblica opinione un evento così turpe e riprovevole, non tanto almeno da suscitare la medesima indignazione e la medesima pietà rispetto alla morte di una donna “normale,” cioè vittima di violenze perpetrate all’interno di rapporti famigliari o sociali, comunque tossici. C’è un sentire comune per cui se una donna si abbassa moralmente e socialmente fino a quella soglia, il rischio della morte è un dato acquisito. Perciò le prostitute che vengono uccise dai loro clienti in qualche modo sono anch’esse colpevoli.
Le tre donne uccise a Roma il mese scorso – Martha Castano Torres, Yang Yn Sia e Li Yan Song - da Giandavide De Pau nei titoli dei giornali sono diventate immediatamente “soltanto” prostitute, cinesi, immigrate… Al di là del fatto che i corpi non fossero stati identificati, l’interesse dei media, che sono lo specchio della mentalità degli utenti, si è concentrato quasi esclusivamente sulla serialità degli omicidi, sui dettagli degli avvenimenti e sull’identità del colpevole, un pregiudicato con un curriculum molto pesante.
Eppure se esiste una “perfezione” nel compimento di un femminicidio, questo avviene sul corpo di una prostituta e come tale dovrebbe essere considerato. L’“acquisto” e poi l’utilizzo e infine la soppressione del corpo di una donna, del quale l’assassino si fa così “padrone” assoluto, sono il massimo della violenza che certi uomini riescono a esercitare sulle donne. Il mestiere degradante, la provenienza, la nazionalità… non tolgono nulla alla dignità umana di queste povere vittime della violenza di genere. Dacia Maraini ha scritto sul Corriere della sera (21 novembre) che anche questa volta, come sempre, è mancata l’attenzione per le storie individuali delle donne uccise. Anche questa volta è mancata la pietà per chi spesso arriva a vendere il proprio corpo con dolore, come una delle pochissime possibilità di sopravvivenza in un contesto di disagio sociale, di carenze affettive, di gravi problemi economici. Nell’inchiesta in questione è emerso che una di loro si prostituiva per pagare gli studi al figlio.
Il 25 novembre, la giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne, è passato da poche settimane. Si sono ribaditi i numeri del fenomeno, le cause e i rimedi, fra i quali si insiste giustamente per l’educazione alla parità di genere sotto ogni aspetto. Ma il retaggio della cultura patriarcale, la causa più grave, è ancora così forte che non ne sono del tutto fuori nemmeno gli organi di informazione. In altre parole la violenza inflitta alle donne uccise a Roma non appartiene solo all’assassino, ma un po’ a tutti noi.
Il valore della vita di un italiano che muore investito da un’auto vale enormemente di più (per lui anche il lutto cittadino) di quella di un africano che muore in mare per tentare una via di fuga dall’inferno. La vita di una prostituta straniera vale ancora di meno, perché donna, straniera e perché alla fine… se l’è andata a cercare. (D.M.) ◘