A cura di GIO2
“La gentilezza è l’attrezzo del futuro, il rancore è un ferro vecchio” afferma il poeta in occasione di un suo intervento ad Angeli di Varano sul Monte Conero, nelle Marche, in provincia d’Ancona. All’interno di un’azienda agricola, a mio avviso, l’assoluta e indiscussa depositaria della cura del paesaggio, il poeta porta dal vivo le sue parole. Egli lavora sulla rivalutazione dei nostri paesi, delle nostre montagne sempre più abbandonate, spopolate. Insiste sul fatto che l’attenzione per il particolare potrebbe aiutare a riscoprire una vita diversa, più semplice e meno narcotizzata da un’informazione invadente, superficiale, arrogante e facinorosa. Così, il poeta ha saputo utilizzare i potenti mezzi, ovvero la rete, per raggiungere decine di migliaia di lettori, portando al mondo immagini edificanti, consolatorie, rassicuranti, profonde. Ha parlato in modo semplice di bellezza e amore. Ha guidato molte azioni contro lo spopolamento dell’Italia interna ideando la "Casa della Paesologia a Bisaccia", dove vive ed è nato nel 1960. Conia così, per l’occasione, la Paesologia, una disciplina che consiste “nell’andare a zonzo per paesi diroccati, abitandoli con il proprio spirito”. Ha ideato il festival "La luna e i calanchi ad Aliano", nel 2021 ha pubblicato Lettera a chi non c’era. Nel 2022, oltre a Studi sull’Amore, ha pubblicato anche Il Paese, calendario poetico. Così scrive ogni anno, più volte nell’anno pubblica sempre con sagacia e autorevolezza. Valerio Magrelli definisce la sua poesia “delicata, volatile, breve, ma esatta e lavorata giorno dopo giorno".
La sua scrittura vuole trovare un rimedio, parole di conforto per qualcosa che è successo, che ha travolto una persona, una comunità o interi paesi. Visioni come fotografie descritte con poche parole misurate e pesate. Egli restituisce la freschezza e la calma di una situazione che si è dipanata nel reale, probabilmente in meno di un minuto. Il nostro, da buon poeta qual è, osserva e lascia scorrere la vita. Lì, dalla sua panchina del paese di Bisaccia, Arminio apprende la realtà, la rallenta e la restituisce alla carta. Con la medesima naturalezza del paesaggio che lo circonda, racconta la quotidiana sequenza dell’uomo impegnato a sopravvivere.
Ogni suo componimento è una parentesi sulla realtà. Apre un mondo nuovo fatto di parole schiette, ingenue, sincere e comprensibili. Alle volte usa immagini surreali, a volte ciniche che rendono bene l’idea di quel momento teso del suo pensiero. La sua immediatezza è corporeità, è fisicamente presente. Il corpo dell’uomo bacia la donna e scompare, lasciando l’odore del dopo. È una scia che non tutti però riescono a cogliere. L’artista usa la musica, suona e comunica. Poi, il brano finisce e lì avviene la consegna della sua arte, nell’apparente silenzio; allo stesso modo il poeta con voce calma e posata legge la sua poesia e consegna all’uditore la sua arte di paroliere del corpo.
La vita in città al nostro autore, che è anche un quotato regista, non gli interessa, il progresso e la modernità sono corruzione perché l’uomo è allo stremo. Arminio riesce a incontrare chi legge e ama la poesia nelle piazze e nei vicoli, conducendo il suo pubblico su una strada sicura e naturale nella campagna, che sta lì, dentro il cuore di ognuno di noi. Si ringrazia, per le notizie e le informazioni sul poeta, il sito di Rivistastudio.com ◘
di Giorgio Bolletta e Giorgio Filippi