Venerdì, 19 Aprile 2024

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Ecco la vera destra

SENSOINVERSO.

silvia romano2

Il discorso alle Camere tenuto da Giorgia Meloni è quello che ci si poteva aspettare, un discorso di Destra conservatrice che sfuma e nasconde la propaganda e le dichiarazioni degli anni precedenti. Non poteva che essere così. La premier è più abile di quanto si potesse pensare; ha mandato messaggi di tranquillità e di stabilità all’interno, all’Europa e agli USA. Insomma al di là del sovranismo e degli insistiti richiami alla nazione, si è preoccupata soprattutto di tranquillizzare gli alleati occidentali e la finanza internazionale. Ha dimostrato di essere scaltra, intelligente e abile, cercando l’equilibrio tra il programma della Destra, il suo elettorato e le politiche europee.

Nel messaggio non è stato detto come vuole governare, ma piuttosto come vuole trasformare il Paese. Sul fronte della governabilità pesa la riproposizione del vecchio, i molti volti di lungo corso berlusconiano che, per i trascorsi e le dichiarazioni fatte, alimentano molti dubbi su competenze, credibilità e opportunità.

È sufficiente ricordare lo scontro della Meloni con Macron sulle vicende libiche, quando la stessa accusò la Francia e il suo Presidente di avere agito contro gli interessi italiani (ENI) in Libia: all’epoca dei fatti il Ministro della difesa era La Russa e il sottosegretario Crosetto. Lo stesso che, dopo essersi dedicato al lobbismo delle armi facendo affari importanti, oggi diviene il Ministro responsabile di affidamenti e appalti a quelle aziende con cui ha fatto affari. Ad altre latitudini si parlerebbe di conflitto d’interessi, ma da noi forzare le regole rimane un’abitudine. L’incontro con Macron a Roma dimostra che la responsabilità di governo costringe a cambiare, adattarsi, uscire dalla propaganda, misurarsi ed essere giudicati per le cose fatte, la politica prodotta, i risultati ottenuti o le sconfitte subite, tutta un’altra musica. Di fatto su politica estera ed economia nulla cambia: siamo atlantisti e liberisti superconvinti, quindi tutti stiano sereni.

La politica economica è semmai ancora di più sbilanciata verso il mercato, i bisogni dell’impresa, della produzione e dei ricchi. Quel “vi lasceremo liberi di fare” è un preciso messaggio liberista, sostenuto con le politiche fiscali a favore della produzione, le tasse “pacificate” e condonate, e con l’ampliamento del tetto del contante; in sostanza si aiutano i ricchi mentre si attacca il reddito di cittadinanza (i poveri), si privilegia il privato a discapito del pubblico.

Per non parlare del merito che è, evidentemente, quello efficientista, competitivo e divisivo indicato dalla globalizzazione, e non certo quello delle pari opportunità di partenza. Un termine che dimostra che il gioco è truccato in partenza, che una società iniqua non sanerà le distanze originarie, semmai le peggiora, come dimostrato dai report della Caritas sulle povertà crescenti e l’inasprirsi del conflitto tra ultimi e penultimi, tra salvati e sommersi. Senza dimenticare che lo stesso principio è già nell’art. 34 della Costituzione, laddove si richiama l’impegno dello Stato verso i capaci e i meritevoli privi di mezzi, come ha testimoniato l’esperienza di don Milani a Barbiana.

Altra questione è l’egemonia culturale per troppi anni subita dalla Destra come una forma di discriminazione e che ora rivendica anche per la sua valenza identitaria. Anche il cambio di nome ad alcuni ministeri, il presidenzialismo e l’autonomismo territoriale attengono a una precisa visione e a valori conservatori e distintivi. Persino il turismo, che per l’Europa significa cultura, arte e territorio, assegnato alla Santanchè (quella che pensa che il denaro sia il fine di tutto e l’unico secondo un pensiero degno dei robbery baron), è una scelta che lascia ben intendere la strada intrapresa.

Il primo Governo di Destra in un Paese fondatore dell’EU sarà liberista e modernista in economia, servile in politica estera, reazionario culturalmente e socialmente, nel solco dei “valori” condivisi con Bannon e del movimento ultra conservatore mondiale. Meloni è una donna giovane e capace, ma deve rispondere a un elettorato rancoroso e intollerante, soprattutto deve saper tenere insieme una coalizione con componenti minoritarie in cerca di riscatto e di vendetta.

Tutto questo si trasferirà inevitabilmente nei territori, e pensando all’Umbria possiamo solo aspettarci un galleggiamento di sopravvivenza. In economia non vi sarà novità alcuna, per incapacità di visione e di gestione, e soprattutto per mancanza di opportunità e condizioni oggettive di sviluppo. Tutto girerà intorno alle risorse pubbliche della ricostruzione, del Pnrr e dei fondi strutturali, pur interessanti, ma che non risolveranno i problemi endemici della produzione, dell’occupazione, della competitività, della recessione perdurante.

Mentre sul fronte dell’egemonia culturale, presumibilmente vedremo aggravarsi una situazione già in fase avanzata di deterioramento, che ha messo nel mirino persino l’Isuc (Istituto di storia dell’Umbria contemporanea), la storia, le tradizioni, la cultura, la fede religiosa, l’etnia, il genere; una accelerazione di tipo conservatore e revisionista.

Questo pericolo in Umbria è ancora più preoccupante per l’inconsistenza dell’opposizione, spesso d’accordo con la maggioranza su alcuni temi, come si è affrettato a dichiarare Calenda rispetto al merito (i natali fortunati vanno rivendicati) e Renzi sul presidenzialismo, a dimostrazione che le opposizioni sono due (PD e M5S), il terzo polo è al massimo “propositivo” e, all’occorrenza, disponibile. L’Umbria resta contendibile, ma con una Destra ormai strutturata e una Sinistra inconsistente, confusa, litigiosa, incapace di riconnettersi con il popolo e le battaglie di giustizia sociale e tolleranza bisognerà attendere prima di riveder la luce.

di Ulderico Sbarra


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