DEMOGRAFIA. Alto Tevere: popolazione in calo irreversibile, sia in Umbria che in Toscana.
Tra 57 anni Sestino potrebbe non esistere più. Dopo qualche decennio seguirebbero Badia Tedalda e Caprese Michelangelo. In una prospettiva di questo genere c’è anche Pietralunga, destinata a rimanere senza abitanti nel 2129.
Non si tratta di fantascienza distopica, ma di semplice calcolo derivato dall’andamento della popolazione nei Comuni che insistono nel bacino dell’Alto Tevere, due comprensori fortemente integrati a cavallo tra Umbria e Toscana.
Tendenze allo spopolamento ben delineate, anche se con scadenze più diluite nel tempo soprattutto in provincia di Perugia.
La demografia ha il passo della Storia
I 192 anni che rimarrebbero a Città di Castello o i 200 per Sansepolcro non costituiscono certo una rassicurazione: la demografia ha il passo della Storia e i problemi come questo non appena si delineano, già hanno cominciato a macinare, come si può vedere nelle tabelle che abbiamo elaborato utilizzando i dati sulla popolazione presenti in rete (www.tuttitalia.it).
In Umbria gli insediamenti principali sono soprattutto di pianura e conferiscono al futuro dei Comuni un orizzonte apparentemente lungo perché hanno la popolazione concentrata nei centri “capoluogo”. Ma le frazioni in quota? Sono tutte al lumicino… in entrambi i comprensori. La “questione demografica” va così facendosi strada nel dibattito pubblico, anche se con una lentezza che non fa ben sperare nella capacità delle amministrazioni locali di elaborare politiche in grado di rallentare una tendenza che sta desertificando i territori di alta collina e montagna lungo tutto l’Appennino.
A Bolzano e Trento la popolazione cresce
Ma non si tratta di un destino ineluttabile: in Trentino – Alto Adige trent’anni fa si cominciò a fare i conti con il calo demografico. Così la Provincia autonoma di Bolzano varò sostegni economici per ogni nascita (circa 400 euro il mese), arrivando a una diffusione capillare degli asili nido tradizionali e favorendo le tagesmutter, asili domestici gestiti da madri appositamente formate che si prendono cura di bambine e bambini della zona in cui risiedono con tariffe orarie oscillanti tra 90 centesimi e 3,5 euro l’ora. Il risultato? Una crescita media regionale del 4 per mille l’anno (Istat 2020), con Bolzano che registra 8,9 nascite per 1000 abitanti e Trento 7,8.
Dimostrazione tangibile di come si può arginare il calo a patto, però, di farla finita col taglio dei servizi essenziali come scuole, ambulatori, piccolo commercio.
Di certo pesa anche l’assenza di politiche territoriali degne di questo nome, con buona pace della Strategia nazionale per le aree interne pensata nel 2013 da Fabrizio Barca, allora ministro della coesione, proprio come possibile risposta allo svuotamento dei territori “marginalizzati” dalle dinamiche economiche dominanti.
di Bruno Adriatico