Cinema.
La riduzione del fortunato romanzo Il padrino di Mario Puzo nel film Il padrino (Parte prima, seconda e terza) da parte di Francis Ford Coppola ha permesso al suddetto regista di diventare uno dei grandi di tutti i tempi e al gangster-film, che era caduto un po’ nell’ombra, di ritrovare la via della fama internazionale.
Iniziamo dalla prima parte. Vito Corleone emigra da bambino in Usa dalla Sicilia. Si fa poi strada nella Little Italy, diventando un grande “padrino”, ossia il capo di una importante famiglia mafiosa, che gestisce un enorme giro di affari illegali. Il suo potere non si basa solo sulla violenza, ma anche e soprattutto sull’ “amicizia”. Don Vito elargisce “amicizia” a coloro che si rivolgono a lui per favori e in cambio pretende devozione e riconoscenza assoluta: in questo modo crea, negli anni, una rete di conoscenze e protezioni nel mondo cosiddetto “legale”. Corleone ha tre figli: Michael, eroe di guerra e avvocato, Sonny e Fredo.
Nelle prime sequenze vediamo persone che si presentano a lui come in una vera e propria udienza per chiedere favori. Sta poi a lui, come padrino appunto, decidere se eseguirli o meno. I favori consistono nell’ottenere un lavoro, un appalto o nel punire, o addirittura uccidere qualcuno.
Quando il protagonista viene gravemente ferito in un attentato, è Michael, che nell’intenzione del padre, avrebbe dovuto essere tenuto lontano dagli affari criminosi della famiglia, ad affrontare la situazione. Uccide il responsabile dell’attentato e il poliziotto complice, poi fugge in Sicilia. Quando ritorna diventa il capo indiscusso e introduce sistemi più moderni ed efficaci. A poco a poco diventa tutt’uno col suo ruolo. Nel frattempo si è sposato e ha avuto figli, che comunque non lo hanno tenuto lontano dall’altra “famiglia”. Attorno a lui dunque ruotano due famiglie: quella di sangue e quella della mafia. Questa prima parte si chiude con un massacro, ordinato da Michael, di tutti i suoi rivali, mentre il nuovo padrino assiste in chiesa al battesimo di uno dei suoi figli.
Magistrale ricostruzione di un’epoca patriarcale e di una qualche morale criminosa. “L’America non è più la nuova "terra promessa", ma il terreno in cui il potere e il denaro si intrecciano con la corruzione e il tradimento: il Paese da conquistare con perverso spirito da “pioniere del crimine” diventa invece teatro del proprio smarrimento autodistruttivo” (Mereghetti).
La seconda parte comprende la storia di Vito Corleone superstite di una intera famiglia sterminata che giunge a New York, dove fonda il suo impero criminale.
Nella terza parte ritroviamo Don Michele Corleone invecchiato e con problemi di salute. Per lui è sempre più difficile mantenere il potere e inoltre ha bisogno di un erede.
In questa parte durante la rappresentazione della Cavalleria Rusticana, avverrà una strage finale.
Realizzato mediante uno stile “classico e semplice, senza movimenti di macchina complicati né zoom, in modo da evocare i film degli anni quaranta, ma anche per lasciare la tecnica da parte e permettere agli attori una maggiore libertà d’espressione” (Coppola), il film ottiene uno dei maggiori incassi della storia del cinema dopo Via col vento.
Vengono esaltati i temi antropologici della Festa, della Famiglia, del Padre, della Morte, del Viaggio, delle Origini (della famiglia Coppola, dell’America, del Bene e del Male).
Marlon Brando con le guance gonfiate e la voce impastata, la grinta inquietante di Pacino, il notissimo tema di Nino Rota aggiunti alla “cultura” mafiosa e agli ambienti siciliani, sono diventati segnali senza tempo, replicati in centinaia di pellicole, libri e articoli. Soprattutto nella seconda parte del lungo film, Coppola ha avuto modo di condurre una regia ricca, complessa e di gran movimento, un autentico precedente al quale si sarebbero largamente ispirati i registi dell’ultima generazione come Scott, Landis, Line e Cimino.
Il padrino è un’opera coinvolgente che spinge a stare dalla parte dei cattivi. Si potrebbe discutere sull’immagine del nostro Paese suggerita da un tale film. Secondo il critico Pino Farinotti si passava dall’Italia dei poveracci di Ladri di biciclette, a quella dei furbi del Sorpasso, al Paese dei mafiosi e dei Padrini.
“Per avere la parte di Vito Corleone Marlon Brando si è sottoposto ad una pesante truccatura, ma ha saputo rendere con capacità la figura del capo stanco, cinico, ma ben saldo al suo posto di comando fino alla fine. Molto bravo anche Al Pacino, come suo figlio Mike, un’acqua cheta che aspetta l’occasione per diventare una belva”. Non va dimenticato Robert De Niro nella parte del protagonista giovane emigrante Vito Corleone. ◘
di Marcello Mencarelli