Venerdì, 29 Marzo 2024

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Il mercato del legname

TUTELA AMBIENTALE. La speculazione mette a rischio i boschi alto tiberini.

silvia romano2

Gli allarmi arrivano da più parti: persone che telefonano denunciando tagli sconsiderati di alberi; persone che frequentano i boschi per hobby e sono testimoni di una trasformazione galoppante del bosco; ma anche denunce di sfruttamento lavorativo a opera di ditte che o sub-appaltano le concessioni ottenute, utilizzano in modo poco trasparente manodopera extra-europea o europea per il taglio della legna. Tutto a danno dell’ambiente. Il patrimonio boschivo è dunque a rischio? Secondo alcuni, sì, per le istituzioni preposte, invece, almeno nel nostro territorio, tutto sembra essere in ordine: l’Afor, l’Agenzia forestale regionale che ha soppiantato le ex Comunità Montane, dichiara che è tutto sotto controllo; i Carabinieri forestali, che hanno soppiantato le ex Guardie forestali, affermano di effettuare controlli puntuali e capillari. Ma il dubbio resta, e le testimonianze di un uso scorretto uso del bosco, pure. Sta di fatto che per amore o interesse, i boschi sono molto frequentati.

In primo luogo dalle aziende boschive, che nella Regione sono oltre 400, come risulta dagli elenchi di iscrizione dell’Afor e delle ex Comunità Montane, ancora in essere: di cui 220 presenti negli elenchi dell’Afor e altrettante in quelli delle ex Comunità Montane, le quali, però, quando cessa la concessione ottenuta dalla Comunità Montana, con la richiesta di rinnovo della stessa emigrano negli elenchi dell’Afor fino a cessazione operativa dell’ente montano. Le aziende sono iscritte in tre fasce, secondo le superfici di taglio per le quali sono accreditate: quelle iscritte in fascia “C” sono autorizzate fino a due ettari di taglio di bosco; quelle in fascia “B” fino a dieci ettari di taglio di bosco; quelle in fascia “A” senza limiti di taglio. Nella stagione 2021/2022 sono state rilasciate 1625 concessioni di taglio nei settori 1, 2, 3 corrispondenti alle aree boscate dell’Alta Umbria, del Trasimeno e dello spoletino, quantità pressoché simili a quelle autorizzate nell’anno 2020/2021.

il mercato del legname altrapagina mese luglio agosto 2022 altrapagina mese luglio agosto 2022 1Le autorizzazioni al taglio del bosco vengono rilasciate in base alla superficie di taglio richiesta: fino a 5 ettari è sufficiente una semplice comunicazione all’Afor su appositi stampati predisposti e la campagna di taglio non può superare i due anni. Per tagli superiori a 5 ettari è necessario presentare un progetto che deve essere valutato e approvato da parte dei tecnici. Entrambe le richieste vengono trasmesse ai Carabinieri forestali, che effettuano i sopralluoghi necessari per verificare il rispetto dei tagli autorizzati e il rilascio delle matricine previste per legge, essenze arboree necessarie alla ripopolazione della superficie disboscata. Ma la materia è molto vasta e la giungla non è rappresentata solo dalla vegetazione boschiva, ma anche dalle leggi e, soprattutto, dalle pratiche sul campo. Il taglio può essere fatto solo da motoseghisti dotati di apposito patentino, rilasciato dall’ente montano dopo un corso di formazione. Essi possono essere sia dipendenti di ditte boschive oppure operare in proprio. I piccoli proprietari di bosco ricorrono spesso ai motoseghisti abilitati, i quali regolano i loro rapporti o dietro pagamento del servizio, più spesso con la suddivisione della legna tagliata: una parte al proprietario, una parte al motoseghista. Ma questa secondo lotto di taglio non è detto ScreenHunter 04 Sep. 04 16.14che venga utilizzato solo per uso domestico; la legna così ottenuta può essere rivenduta, alimentando un ulteriore mercato parallelo. Questa situazione genera un meccanismo difficile da tenere sotto controllo, perché la parcellizzazione dei boschi in tante proprietà nel nostro territorio è molto diffusa. Altro problema è costituito dalla utilizzazione di manodopera straniera. Anzi, le ditte boschive quasi per la totalità sono composte da operatori stranieri: macedoni, albanesi, romeni, ecc., i quali, non avendo una vera e propria cultura del bosco, hanno interesse a trarre profitto immediato dalle superficie boschive acquistate per il taglio. E poiché molto spesso vengono pagati “a misura”, più tagliano, più incassano. Questo fenomeno ha dato vita non solo a un diradamento boschivo non sempre controllabile, ma anche a fenomeni di caporalato e sfruttamento della manodopera, così come avviene in agricoltura e, in particolare, in sud Italia. Non c’è dubbio che negli ultimi lustri le colline altotiberine abbiano subito un diradamento visibile, e tale sfruttamento intensivo abbia modificato l’ambiente naturale, nel quale, per ottimizzare il trasporto della legna tagliata, vengono aperte vere e proprie strade dove prima passavano solo i muli; la legna inoltre viene accatastata in luoghi protetti ove si sviluppano altre economie del bosco: per esempio quella dei tartufi. Insomma, il bosco, utile a mantenere l’assetto idrogeologico del territorio, a purificare l’aria, a mantenere la fauna in perfetto equilibrio col territorio, a dare spazio alle attività ricreative più diverse, a sviluppare economie di nicchia di frutti spontanei oggi subisce l’attacco del mercato, come avviene a ogni bene “comune”: acqua, aria... E all’orizzonte si profila il rischio di un maggior fabbisogno energetico prodotto dalla guerra ucraina; e quale altra possibilità immediata esiste se non quella di trarla dalla legna!? ◘

di Antonio Guerrini


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