Intervista a Lorenzo Cremonesi, corrispondente di guerra del “Corriere della Sera”
Lorenzo Cremonesi, che ha vissuto la guerra in Ucraina per tre mesi senza soluzione di continuità, ha pubblicato il libro Guerra infinita dove racconta le sue esperienze di reporter in varie parti del mondo e le sue riflessioni sulla democrazia, sull’impegno civile, sul significato dei conflitti.
Come mai queste guerre sono state rimosse e perché?
«L’Europa Occidentale, e in particolare l’Italia, dopo la fine della seconda guerra mondiale si è letteralmente illusa di poter fare a meno della guerra, che ci fosse un mondo ormai pacificato dove le regole della forza e della potenza non dovessero più valere. La guerra era soltanto una cosa relegata al passato o a delle realtà altre da quella nostra visione del mondo. Il mio libro sostiene che questa percezione del mondo è sbagliata, da bambini viziati».
Perché?
«Abbiamo vissuto sotto l’ombrello della Nato e degli americani che si sono fatti carico della nostra difesa dalla fine della prima guerra mondiale sino al termine della guerra fredda e noi ci siamo cullati, illusi che queste regole non valessero più perché altri si spendevano per noi. Nel momento in cui questi altri, in particolare la Nato e gli americani, non vogliono, non possono o perdono attenzione agli interessi che ci coinvolgono, noi ci ritroviamo in prima linea, però disarmati. La guerra non la comprendi e allora ne sei vittima».
Nel suo libro c’è una espressione molto severa.
«Sostengo quale prova provata che noi, opinione pubblica europea ma soprattutto italiana, non abbiamo capito Putin, il suo agire e non abbiamo capito Zelenski e la resistenza degli ucraini. Per noi l’idea di morire per difendere la libertà è inconcepibile, così come morire per difendere i propri valori. L’esempio estremo è l’Afghanistan. I nostri alleati, per mille motivi che ho esaminato nel libro, non si sono difesi bene: gli afghani hanno perso, le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. I talebani hanno imposto l’estremismo islamico e i suoi valori e quindi la società civile afghana è vittima, mentre gli ucraini hanno resistito. Noi non abbiamo capito la sconfitta afghana e non abbiamo insegnato agli afghani a difendersi».
Questa sottovalutazione della guerra non dipende forse da una certa narrazione secondo la quale tra democrazie non ci sono guerre e per questo abbiamo respirato settant’anni di pace? Senza considerare che le guerre venivano combattute ai confini estremi dell’Occidente democratico?
«Sì, ma il mondo non è solo fatto di democrazie: si può dire ciò che si vuole delle democrazie, anche di quella di Trump, ma non si può negare che negli Stati Uniti ci sia democrazia. Eppure anche le democrazie hanno continuato ad applicare le regole della guerra. L’India è una democrazia, però è in tensione col Pakistan, ha tensioni aperte con la Cina e quindi anche le democrazie sono coinvolte in conflitti.
L’America ha capito benissimo le intenzioni di Putin, siamo noi europei che non abbiamo capito, sbeffeggiando l’America che ci informava di ciò che stava accadendo e dicendo che avevano esagerato. Avevamo fatto nostra la demagogia di quel mentitore seriale che è Putin, il quale, fino al giorno prima, ci aveva rassicurato che non avrebbe attaccato, che non erano dei guerrafondai. Tutto questo è importantissimo per capire la guerra, che anche questa guerra è fondata su una menzogna, quella di Putin, e noi siamo lì a fargli la corte».
Cremonesi sottolinea un aspetto decisivo.
«Uno dei grandi pregi della guerra è che obbliga la gente a prendere delle decisioni, a prendere posizione, a essere responsabili di ciò che si fa al netto del “chi ha ragione e chi torto» e del «ha ragione lui ma ha anche torto” e così via. Chi non prende posizione spesso è vittima più degli altri.
Io non sono filoamericano, come si potrà leggere nel libro, ma in questo caso si deve dire che gli statunitensi sono stati coerenti e hanno vinto. La guerra non la vince chi fa errori, ma chi fa meno errori. L’America ha aiutato l’Ucraina con l’intelligence, per far conoscere all’intelligence ucraina i dettagli del piano che poi gli ucraini hanno sventato, costringendo i russi a ritirarsi».
Non siamo più abituati alla guerra, ma giorno dopo giorno siamo bombardati da un flusso informativo devastante di questo conflitto: violenze sui bambini, sulle donne. Secondo la sua esperienza, di quale guerra si tratta? Cosa ha potuto vedere?
«Non è più violenta di tante altre che io ho visto. La stessa cosa si diceva ai tempi della guerra del ‘91 (Peter Arnet), cioè trent’anni fa, così come era successo nella guerra in Jugoslavia. Quello che si può dire è che questa guerra è più tecnologica delle precedenti, perché in poco tempo arrivano le immagini web che tutti vedono, mentre prima non era così, non si vedeva o si vedeva meno. La caratteristica principale è che si tratta di una guerra in Europa, molto raccontata, molto visiva rispetto ad altre e ci può apparire peggiore di altre, ma ogni guerra è violenta.
Voglio ricordarle che l’anno scorso sono stato due mesi e mezzo in Afghanistan, dal crollo fino a metà ottobre, e si diceva: “il mondo non sarà più come prima”. Mi conti gli articoli che sono usciti in Italia sull’Afghanistan negli ultimi tre mesi. Forse sono cinque, il vostro giornale? E menomale!».
Uno degli effetti più devastanti è quello legato alla carestia. Il grano che ancora non è stato esportato all’estero per il blocco navale russo sta innescando un problema alimentare globale. Cosa ha potuto osservare nelle immense pianure ucraine?
«Ho avuto modo di parlare a lungo con il Ministro dell’Energia, che mi ha illustrato questo problema. Gli ucraini hanno i silos pieni di grano dello scorso anno, la difficoltà è quella dello stoccaggio, perché Putin sta creando problemi a tutti. Per questo, credo ci siano i termini per intraprendere una massiccia operazione militare internazionale, per liberare e sminare il Mar Nero. Putin usa il cibo come arma di ricatto. Gli ucraini hanno molta reticenza per la mediazione svolta da Erdogan, perché di fatto renderà la Russia il controllore che amministra i porti dell’Ucraina e, quindi, in modo indiretto comincerà a controllare l’economia della stessa Ucraina. Probabilmente, in questo modo la Russia riuscirà a impadronirsi dell’Ucraina attraverso l’economia, ribadendo così le sue mire espansionistiche e i suoi obiettivi geopolitici. Per questo gli ucraini richiedono la forza per difendersi da questa invasione e arginare l’avanzata russa.
Putin mente, perché non si fermerà e la sua azione fa paura alla Moldavia, alla Polonia, ai Paesi Baltici; a Finlandia e Svezia, le quali chiedono di appartenere a una Nato che finora era stata in sordina, e aveva perso la sua ragion d’essere. È stato Putin con le sue azioni a riportarla in auge».
di A.G. ◘