Sabato, 12 Ottobre 2024

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In Romagna, una santa calunniata e un antico chirurgo

Cinema. Una icona del cinema italiano.

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I Musei di San Domenico a Forlì ospitano una singolare mostra sulla figura di Maria Maddalena (fino al 26 giugno) con 200 tra quadri, miniature, arazzi e argenti, dal III secolo d.C. al Novecento, riguardanti questa personalità citata nei Vangeli, la cui vita è stata narrata da soli uomini, tra cui Gregorio Magno, che la scambiò per l’anonima meretrice “mirrofora” che, in casa del Fariseo, con oli odorosi unse i piedi di Gesù asciugandoli con la chioma.

Da quel Papa nacque l’equivoco che persiste ancora oggi, in una Chiesa cattolica purtroppo affetta da misoginia secolare. Racconta l’evangelista Luca che Maria da Magdala (località della Palestina) era una delle donne che, coi loro beni, assistevano Gesù e i suoi adepti. Forse vedova, non fuggì per paura come i discepoli, né rinnegò Cristo come fece Pietro (de facto, primo Papa); fu la prima a incontrare il Risorto (“Noli me tangere”). La troviamo rappresentata con le pie donne già nel terzo secolo nei dipinti murali siriani della Domus Ecclesiae a Dura Europos. Nell’arte di Giotto e Masaccio, dolente ai piedi della Croce, ha capigliatura dorata e abito rosso, a simboleggiare il suo (presunto) passato di peccatrice. Un altro fiorentino, lo scultore in romagna una santa calunniata e un antico chirurgo altrapagina mese maggio 2022 2Donatello, la presenta emaciata e sofferente, coperta solo dei suoi lunghi capelli, come eremita nel deserto d’Egitto (Maria Egiziaca). Un quadro del Savoldo la raffigura mentre, nottetempo, prega presso il sepolcro di Cristo. In altre opere è ritratta mentre legge o medita. La sua figura è centrale nelle Sacre Rappresentazioni teatrali; in piena Controriforma il suo corpo emana sensualità e, nell’epoca barocca, si sublimerà in estasi.

E ora tappa ad Ariminum (antica Rimini), dove il complesso archeologico di Piazza Ferrari (tel. 0541-793851) ha svelato la cosidetta “casa del chirurgo”: l’ottimo stato di conservazione e la ricchezza del corredo (tra cui monete, vasellame da cucina e da mensa) la rendono un sito di assoluto rilievo. Risalente al II secolo d.C., la domus è uno splendido esempio di architettura romana; i pavimenti hanno decorazione musiva, i soffitti e le pareti presentano affreschi policromi. Era di proprietà di un medico, la cui cassetta contenente ben 150 ferri, utilizzati per la chirurgia delle ossa e delle ferite, è stata rinvenuta; è la più ricca al mondo per completezza di oggetti. Ve ne è uno peculiare, denominato “Cucchiaio di Diocle”: un lungo manico bronzeo terminante in una lamina con foro centrale, per l’estrazione della punta di freccia dalla carne. Il proprietario era quindi un medico militare, abituato a operare nei campi di battaglia. La domus possedeva una stanza in cui egli visitava i pazienti, li operava e a volte li ricoverava, la taberna medica, una sorta di ambulatorio che si affacciava sul cortile interno della casa e godeva di ingresso indipendente. Su un muro del cubiculum, l’iscrizione Eutyches homo bonus, probabilmente a opera di un paziente, ha fatto luce sul nome del medico, forse ellenico, come testimoniano anche i mosaici, le decorazioni di spiccato gusto orientale, le scritte in greco sui vasetti usati per la preparazione e la conservazione dei farmaci (è stato pure rinvenuto un vaso termico a forma di piede per le applicazioni terapeutiche).

Il triclinium (sala da pranzo) ha restituito un quadretto in pasta di vetro, raffigurante tre pesci. Originariamente posto su una piccola mensola in marmo, denota il gusto orientale del padrone di casa e richiama il mare circostante. Uomo colto, amante del bello, Eutyches era animato anche da sentimenti profondi, testimoniati dal piede (rinvenuto in giardino) della statua di Ermarco, filosofo epicureo, e da una mano votiva bronzea ritrovata nel suo ambulatorio, atto di devozione a Giove Dolicheno, protettore dei soldati. ◘

Di Maria Sensi


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