ARTE di Maria Sensi.
Biennale veneziana (visibile fino al 27 novembre) femminile, non femminista, dice la curatrice Cecilia Alemani, che ha preso spunto per questa 59. edizione dal libro “Il latte dei sogni” dell’artista surrealista Leonora Carrington (1917-2011), in cui si cambia diventando altri da sé. Vengono presentati lavori di artiste dal XVIII secolo ai nostri giorni (192, ovvero la stragrande maggioranza, tra cui Accardi, Kruger, Goldin, Merian, Exter, Lijn, Bentivoglio, Vigo, Rego, Dadamaino, Rama, Cenci, Crespo…) e artisti (anche non-binari) provenienti da 58 Paesi. Alemani riflette su temi concernenti la definizione di umano, le differenze tra gli esseri vegetali, animali, umani e non umani. Tre le aree tematiche: la rappresentazione dei corpi e le loro metamorfosi; la relazione tra individui e tecnologie; i legami tra i corpi e la Terra. Anche gli 81 padiglioni nazionali, sparsi tra Giardini, Arsenale e vari luoghi lagunari, nonché gli eventi collaterali e le mostre allestite per l’occasione, riflettono i tempi complicati che stiamo vivendo.
L’Albania espone opere di Lumturi Blloshmi, purtroppo deceduta di Covid nel 2020; la Gran Bretagna e gli Usa aprono per la prima volta ad artiste nere, rispettivamente Sonia Boyce (Leone d’oro per la miglior partecipazione nazionale) e la scultrice Simone Leigh (Leone d’oro quale migliore artista). L’Argentina presenta Mónica Heller; Maria Eichhorn rappresenta la Germania; Zsófia Keresztes l’Ungheria; Adina Pintilie la Romania; la Danimarca racconta una storia di centauri in un mondo “transumano”; la Francia, con un’installazione cinematografica di Zineb Sedira, punta a un progetto umanista (ottenendo, con gli ugandesi Acaye Kerunen e Collin Sekajugo, la menzione speciale della giuria); il Brasile propone Jonathas de Andrade; il Cile focalizza l’attenzione sui Selk’nam, indigeni della Patagonia; il belga Francis Alÿs presenta un lavoro struggente sui giochi dei bambini (francisalys.com); il Ghana, attraverso il simbolo della “stella nera”, esamina la relazione dell’Africa con la sua diaspora; il tema della post-verità, di come si viva e si muoia oggi, è analizzato dal collettivo giapponese Dumb Type. I Leoni d’oro alla carriera sono stati assegnati alla tedesca Katharina Fritsch e alla cilena Cecilia Vicuña. Tra le nuove partecipazioni troviamo: Camerun, Oman (ambedue con mostre collettive), Nepal (con Tsherin Sherpa) e Namibia (con RENN). Pavlo Makov (cittadino ucraino nato a San Pietroburgo) rappresenta l’Ucraina con l’opera “Fontana dell’esaurimento”, il cui progetto è stato portato in Italia tra mille difficoltà. Il padiglione russo è chiuso: all’indomani dell’invasione dell’Ucraina si sono dimessi per protesta il curatore lituano e i due artisti russi. In piena pandemia la guerra è scoppiata nel cuore dell’Europa, mentre cercavamo di “essere migliori” con gli altri e la natura. Consolazione, per quest’ultimo obiettivo la Biennale si prefigge di raggiungere la totale neutralità carbonica.
Proseguiamo le nostre visite. L’impatto del cambiamento climatico sull’arte attuale è esaminato dalla mostra a Palazzo Bollani «Planet B: Climate change & the new sublime» a cura del collettivo curatoriale Radicants. Le Procuratie Vecchie espongono lavori di Louise Nevelson, mentre opere di Marlene Dumas approdano a Palazzo Grassi. Gli spazi del MUVE offrono eventi di grande interesse: Tony Cragg al Museo del Vetro di Murano; Huong Dodinh al Museo Correr; il potenziale artistico dei sensi e, in particolare, dell’olfatto viene esaminato nella mostra “Es-senze” al Museo di Palazzo Mocenigo; a Palazzo Ducale, nella Sala dello Scrutinio, il tedesco Anselm Kiefer ha installato una serie di opere riprendendo una frase del filosofo veneziano Andrea Emo: “Questi scritti, quando verranno bruciati, daranno finalmente un po’ di luce”. Palazzo Fortuny ha riaperto la sua splendida collezione. A Ca’ Pesaro, con l’esposizione Palazzo della memoria, l’artista inglese d’origine indiana Raqib Shaw traduce visioni della grande pittura veneta in superfici cesellate. Nello stesso museo sono visibili mostre su Bice Lazzari e su Afro. Quest’ultima esamina le relazioni ventennali di Basaldella con il mondo artistico statunitense che, peraltro, in laguna è sempre presente tramite la Collezione Peggy Guggenheim. Qui, fino al 26 settembre, si può visitare Surrealismo e magia, la modernità incantata. Numerose le opere, da La vestizione della sposa (1940) di Max Ernst, a De Chirico, fino a Remedios Varo e Leonora Carrington, con cui si chiude il cerchio. ◘
Di Maria Sensi