Martedì, 05 Novembre 2024

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È l'inverno della Chiesa

Intervista a Enzo Bianchi, fondatore della Comunità di Bose.

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Enzo Bianchi è una figura di spicco del cattolicesimo italiano, perché ha dato vita a una comunità monastica interreligiosa, al di là degli schemi tradizionali. La vicenda di Bose lo ha segnato, ma non ha perduto la serenità e il coraggio. Approfittando della sua disponibilità parliamo con lui di un avvenimento significativo.

Il Sinodo indetto da papa Francesco è solo una riunione di vescovi di tutto il mondo o rappresenta una svolta radicale nel concepire la Chiesa e la sua missione evangelizzatrice?

«Bisogna essere molto chiari su questo punto, perché il linguaggio, sovente, è molto confuso, ambiguo e ci sono cattive comprensioni. Per l’attuale diritto canonico della Chiesa, il Sinodo come istituzione è il Sinodo dei vescovi. Solo loro vi partecipano e hanno diritto di voto e la celebrazione dell’evento è prevista nell’ottobre del 2023. Allo stesso tempo, papa Francesco ha voluto non una preparazione, ma una fase previa di questo Sinodo, già iniziata nell’ottobre scorso nelle chiese locali, in cui si pratica l’ascolto, il discernimento e si tende verso quello che sarà il Sinodo vero e proprio.

È molto difficile oggi dire se all’evento parteciperanno anche i fedeli, i laici. Certamente la nomina di un sottosegretario, che è donna e ha diritto di voto, farà sì che non sarà più soltanto un Sinodo dei vescovi. Noi attendiamo dunque delle procedure, delle precisazioni. È vero che il cammino si fa camminando e ci sono ancora quasi due anni, ma sono certo che in questo lasso di tempo papa Francesco apporterà delle variazioni giuridiche per far sì che questo evento non riguardi solo i vescovi riuniti a Roma, ma sia veramente tutto quello che il popolo di Dio ha fatto e farà ancora come cammino sinodale».

Lei ritiene che la Chiesa italiana si ripieghi sulla difesa della propria identità, invece di avviarsi verso un cammino insieme che accolga la diversità delle varie tradizioni umane?

«Non credo che la Chiesa italiana sia ripiegata sulla difesa della propria identità, penso piuttosto che sia stanca. Manca una speranza che le cose possano davvero cambiare. Il panorama della Chiesa italiana è come un inverno, non c’è una cattiva volontà, la paura, un intransigentismo o una contrapposizione alla società, c’è semplicemente una situazione molto simile a quella che osserviamo nella società, una sorta di indifferenza. Manca lo slancio, l’entusiasmo e una forte determinazione verso la conversione e il cambiamento».

La secolarizzazione della nostra società rappresenta un rischio per l’esperienza religiosa o un’opportunità per approfondire il senso della vita e l’impegno nel mondo?

e l inverno della chiesa febbraio 2022 4«Non credo che si possa fare una domanda con una cosiddetta alternativa. Certamente questa è molto più di una secolarizzazione, ci ha portato a una società post-cristiana ed è qualcosa che segna la fine della cristianità. Lo ha affermato anche papa Francesco che non avremo più una Chiesa presente come nei secoli passati e certamente molta gente sarà sempre più estranea al cristianesimo e al Vangelo. Questo indubbiamente è un male, un impoverimento. Lo dico senza desiderio di proselitismo. Anche per l’umanità questa perdita è qualcosa di disastroso. Per alcuni, per il piccolo gregge, è un’occasione per approfondire di più la fede, l’occasione per una riconversione, per porsi delle domande, ma certamente mi suscita tristezza questa diminutio, questo assottigliamento di una Chiesa che farà sempre più fatica e non sarà più quella popolare in cui tutti possono esserci, ma una Chiesa di piccole comunità e questo non mi rende lieto».

Lei pensa che la società attuale stia scivolando verso un pensiero unico contraddistinto dall’individualismo e dall’indifferenza? Come mai?

«Penso proprio di sì. Credo che a partire dagli anni '80 ci sia stata una svolta di individualismo e narcisismo in tutto l’Occidente, diventata poi galoppante dal 2000 in poi, anche in Italia. Siamo diventati una società in cui non esiste più il criterio del bene comune, non esiste un orizzonte sociale e politico condiviso, non esiste più il “noi”, c’è soltanto l’ “io” e le sue pretese, la difesa dei suoi diritti e addirittura l’adombramento dei suoi doveri. Ho sempre detto che dal 2000 in avanti abbiamo fatto passi verso la barbarie. Fenomeno visibile anche in questi giorni in cui per l’elezione del Presidente della Repubblica c’è come un’epifania della situazione politica e sociale italiana disastrosa. Una incapacità assoluta a creare una convergenza, a pensare in grande, a guardare oltre gli orizzonti stretti degli interessi individuali. È una situazione di cui si può soltanto piangere. Senza pessimismi definitivi, ma esiste una vera e propria patologia culturale, morale e sociale».

e l inverno della chiesa febbraio 2022 5Lei è un monaco con una grande esperienza: quale rapporto esiste tra monachesimo e spirito evangelico?

«Il monachesimo si è posto come quello che voleva vivere in libertà il Vangelo e soltanto il Vangelo. Non dimentichiamo che quando è nato era addirittura in contrapposizione alla Chiesa costantiniana, quella che aveva fatto il patto con il potere mondano. Nella storia il monachesimo ha sempre avuto delle decadenze e delle mondanizzazioni, poi di colpo rifioriva il Vangelo e allora abbiamo avuto Benedetto, i cistercensi, Romualdo, san Francesco e tante altre esperienze, prima di nuove decadenze. Certamente il monachesimo non vive un declino spirituale, ma una forte povertà umana, sono pochissime le vocazioni. Anche i monasteri soffrono dell’individualismo, della mancanza dello spirito di comunità e non rappresentano oggi una speranza per la Chiesa. Speravo che, dalla fine del secolo scorso, dal monachesimo nascesse davvero un grande appello alla Chiesa per un ritorno al Vangelo; ma non è avvenuto e anche esso si sta spegnendo. Un altro dolore che mi porto dentro nel mio cammino finale verso il regno di Dio». ◘

SERVIZIO DOSSIER a cura di Achille Rossi


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