Editoriale.
Ci sono episodi di cronaca che fanno rabbrividire. Ci ricordano che la Storia non procede in maniera lineare, perciò corriamo il rischio di sprofondare nella barbarie. Nel livornese, un ragazzo dodicenne è stato aggredito a calci e pugni da due quindicenni che gli hanno gridato in faccia: «Ebreo, stai zitto, devi morire nel forno!». Un gesto così brutale e gratuito è avvenuto nell’indifferenza generale, tanto che il ragazzo ha dovuto ricorrere al Pronto Soccorso.
L’episodio è capitato alla vigilia della settimana dedicata alla memoria dell’Olocausto, quasi a ricordarci che le tragedie possono ripetersi, anche se in altre forme. Il ragazzino di Campiglia Marittima è rimasto scioccato, non riesce a dormire, come se il suo mondo interiore fosse stato devastato. In un momento delicato come l’adolescenza certi traumi lasciano un segno indelebile. Il papà ricorda di aver trovato un disegno con la svastica e un paio di scarpe con scritto “dal '39 al '42”, ma all’epoca il bambino frequentava le elementari e non gli ha dato peso. Adesso la situazione è diversa, dopo quel che è accaduto; il padre chiede giustizia e protezione alle istituzioni, alla scuola, alle famiglie.
Sarebbe fin troppo facile considerare l’episodio come una bravata da archiviare prima possibile. Purtroppo l’odio antisemita serpeggia anche tra i ragazzi creando razzismo e intolleranza e ci fa ripiombare negli anni più bui della nostra Storia. Si moltiplicano gli atti di vandalismo, di distruzione, dissacrazione di monumenti. Ci vorrebbe un pizzico di cultura per vaccinare i giovani dal virus dell’ignoranza e del pregiudizio e non lasciarli nelle mani dei cattivi maestri che sono capaci di seminare odio e distruzione. ◘
di Redazione Altrapagina