RECENSIONE.
È un libro singolare, questo testo poetico di Vittoria Ceriani, innanzitutto per il titolo, Diario, perché l’autrice ci racconta la sua vita, guardando indietro con coraggio e sincerità, scandendone le tappe, così da dare l’impressione di ripercorrerne il viaggio e riviverne le emozioni: sono emozioni e riflessioni suscitate da persone, luoghi, culture, che ha attraversato nella sua “lunga vita troppo breve”, come la definisce essa stessa nella nota autobiografica che chiude l’opera. Poi, anche per la struttura, perché contiene alcuni brani in prosa, inseriti opportunamente nelle varie sezioni. Queste le tappe del suo “viaggio” nella vita.
Nella prima sezione, Camminare, l’autrice esprime, con un linguaggio intenso e comunicativo, il tema fondamentale della raccolta: il senso della fragilità dell’essere, il silenzio vasto e incomprensibile della natura, il bisogno di un assoluto; la parola diventa colore e musica nelle immagini del mare o di una natura primaverile che suggeriscono pienezza di vita e felicità, a cui fa riscontro il suo bisogno non realizzato di amore.Nella natura l’autrice coglieanche, in sintonia con i suoi sentimenti, i segni della solitudine e della morte: il buio, la pioggia, l’autunno. In alcune liriche semplici episodi quotidiani esprimono l’impossibilità di un dialogo con la persona amata, in altre il tema del tempo che non insegna a vivere.E resta il silenzio delle parole non capite. Infine la domanda: Il futuro eterno/ ci rivelerà /ciò che ora non sappiamo? Chi abbiamo amato / sarà con noi per sempre?
La seconda sezione, Un giorno al mare, è dominata dalle immagini del mare azzurro e del cielo luminoso, simboli di vitalità e gioia; ma, quando il sole tramonta e la sabbia si raffredda, il mare diventa simbolo anche del tempo che scorre, ed indica alla sua coscienza “la linea che separa la speranza dall’illusione”.
Nella terza sezione, Partenza, l’autrice ripercorre esperienze diverse. A Manchester, la gioia della maternità; a Liverpool, la musica travolgente dei Beatles; poi a Londra e a Parigi ancora la solitudine e l’impossibilità dolorosa di un dialogo autentico con la persona amata; e nei suoi versi è sempre presente la consapevolezza di una felicità desiderata e mai raggiunta (noi come sempre ci abitueremo all’inverno…).
Nella quarta sezione, Verso il deserto, il suo “viaggio” prosegue nel deserto del Sahara, dove, nel vasto silenzio e nell’immobile distesa delle dune, tracce di antiche civiltà la riportano indietro di migliaia di anni, e suggeriscono la precarietà della condizione umana, appesa al filo del tempo, fra desideri e rimpianti.
Infine, la quinta sezione, La meta, la consapevolezza definitiva della incomunicabilità e della solitudine.
Il libro ha la prefazione di Dacia Maraini. L’autrice, milanese, negli anni ‘60 ha lavorato alla Mondadori e lì ha conosciuto Vittorio Sereni, Elio Vittorini, Giansiro Ferrata, che hanno apprezzato molte delle sue poesie. ◘
di Gabriella Rossi