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Yo soy Giorgia

Fascismo e antifascismo. Se Giorgia Meloni «non è fascista»

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No, Giorgia Meloni è una «donna intelligente e preparata» – assicurano su stampa e tv alcuni influenti e acuti opinionisti –, ma di certo «non è fascista». Come se, per citare un esempio celebre, il filosofo Giovanni Gentile, forse «intelligente e preparato» un po’ più di Giorgia Meloni, non fosse stato fino alla fine un irriducibile fascista, e per di più collaborazionista repubblichino. O come se Martin Heidegger, da molti ritenuto il maggior filosofo del Novecento, non avesse rifiutato fino alla morte, nel 1970, di rinnegare la sua adesione al nazismo. Dunque, tra le due qualifiche non c’è contraddizione. È ovvio che anche un genio può essere un genio del male. Ma torniamo a Giorgia, e interroghiamoci sulla sua figura, sulla sua biografia e sulle sue scelte politiche.

Innanzitutto, se non è fascista, dovrebbe essere antifascista. E per due motivi:

A) dal 2014 è la Presidente di FdI, un partito politico che siede legittimamente nel Parlamento della Repubblica italiana costituzionalmente fondata sull’antifascismo; ma allora, se non è fascista, ma antifascista come dovrebbe, perché non pulisce il suo partito dalle frange anche dirigenziali fasci-nazistoidi di Milano, e attacca rabbiosamente i giornalisti di Fanpage e Piazza Pulita per aver rivelato lo scandalo, invece di ringraziarli? Si risponde: per non perdere parte del suo elettorato, proprio ora che FdI è nei sondaggi il primo partito; dunque, se parte del proprio elettorato reale o potenziale è fascista o filofascista, tale è in parte anche, in atto o in potenza, chi lo rappresenta o si candida a farlo;

B) la Meloni a suo tempo, quale Ministra della Gioventù del quarto governo Berlusconi, ha giurato sulla Costituzione antifascista; se ha giurato a sua insaputa, allora è una sprovveduta, il che è da escludere; oppure, essendo «donna intelligente e preparata», sapeva bene quello che faceva, e quindi sapeva, e sa, che due sono le date fondative della nuova Italia repubblicana: il 25 aprile e il 2 giugno. Perché allora, se non è fascista, non ne ha mai festeggiato le ricorrenze, bocciandole anzi, nel 2018, come «due feste divisive»? Due feste antifasciste, che dovrebbero includere anche i fascisti? Non lo consente non solo la politica, ma neanche la logica.

Ma quali sono i «valori» di Giorgia Meloni? «Dio, Patria, Famiglia»: la Sacra Trinità cara al fascismo, di ieri e di oggi, che lei, sul palco del recente raduno spagnolo di Vox, ha così orgogliosamente ribadito in termini personali: «Sono madre, sono italiana, sono cristiana», onde lo scroscio di applausi dei militanti neo-franchisti, cioè neofascisti, di Vox. Se è «intelligente e preparata», e non è fascista, sa quello che dice. O no? Non conosce la «matrice» fascista di Vox, o quella neosquadrista, antioperaia e antisindacale, da Anni Venti, di Forza Nuova che assalta la sede della Cgil a Roma? Se non è fascista, doveva aderire alla manifestazione della Cgil del 15 ottobre in difesa della Costituzione e per la messa al bando delle organizzazioni neofasciste. Ma non l’ha fatto, coprendo tra l’altro gli squadristi col velenoso attacco in Parlamento alla ministra Lamorgese. Come non sapesse che la «strategia della tensione», da lei incautamente rievocata, non avesse avuto, da Piazza Fontana alla Stazione di Bologna, una chiara matrice fascista.

A proposito di «matrice», qual è quella di Giorgia Meloni? Nel 1992, a 15 anni aderisce al Fronte della Gioventù del Msi-Destra nazionale, fondato e guidato per decenni da Giorgio Almirante, che nel maggio 2020 fu così elogiato dalla stessa: «Un grande politico, una patriota, un grande uomo che non dimenticheremo mai». Dal 1992 ad oggi, nessuna rottura, nessuna incrinatura. Ma non è strano che tuttora non sappia che il suo «Giorgio» fu un antipatriottico collaborazionista dei nazisti e un piccolo uomo da dimenticare per essere stato, tra l’altro, un aperto difensore delle leggi razziali antisemite? Gianfranco Fini nel 2013 decise di scindersi dal PdL, liquidando An e fondando «Futuro e Libertà». Era l’ultima conseguenza del suo famoso «strappo» consumato nel 2003, quando, in occasione di una sua visita al museo dell’Olocausto di Gerusalemme, definì «il fascismo male assoluto», «le leggi razziali un’infamia», «Salò una pagina vergognosa».

A quando lo «strappo» di Giorgia Meloni, che però non aderì a FL? Se fascista non è, coerenza vuole che faccia immediatamente pulizia nel suo partito e rompa col passato, eliminando, per esempio, la fiamma tricolore dell’ex Msi almirantiano dall’attuale simbolo di FdI, nella cui agenda politica, peraltro, persiste aggiornata gran parte del tradizionale retaggio dell’ultra-destra, fatto di sciovinismo antieuropeo, razzismo antimigranti, omofobia, xenofobia, fondamentalismo religioso, opposizione ai diritti bioetici, e così via.

Speriamo che lo faccia. Ma se non lo fa, vuol dire che antifascista non è. Ma allora che cos’è, politicamente, Giorgia Meloni? Al lettore l’ardua risposta. ◘

di Michele Martelli


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