Sabato, 20 Aprile 2024

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La guerra che verrà

Internazionale. Il patto Aukus, la mini-Nato e lo scontro Stati Uniti - Cina nel Pacifico.

silvia romano2

Gli analisti, 20 anni fa, si chiedevano se le relazioni tra una potenza iper-ideologica dominante in declino, gli Stati Uniti, e un nascente impero neoliberista globale, la Cina, sarebbero evolute in rotta di collisione o in intesa bipolare per co-gestire il pianeta. Trasformando il vincolo tra creditore, la Cina, e debitore, gli Stati Uniti, in alleanza strategica. Sarà possibile sfuggire al conflitto armato come effetto della crescita della Cina e del declino statunitense su scala globale?

Il Patto Aukus

Il Patto Aukus, un patto di alleanza strategica anti-cinese siglato tra Stati Uniti, Australia e Regno Unito ai primi di settembre, fornisce la risposta: si sta andando verso un conflitto pericoloso tra Stati Uniti e Cina che può sfociare in un vero e proprio confronto militare che avrebbe effetti devastanti per tutto il pianeta. E tutto questo nell’indifferenza del mondo. Un mondo nel quale il pur contraddittorio sistema post-bellico di regolamentazione delle relazioni internazionali e dei suoi strumenti, l’Onu in primis, si è completamente disintegrato. Senza che un altro venisse pensato e costruito in sostituzione. Oggi è il puro esercizio della forza, della minaccia e della guerra a determinare e guidare il sistema di relazioni internazionali, non il diritto. Ma è una strategia folle, che produce danni ai popoli e alla casa comune che ci ospita, la Terra. Che sperpera risorse inenarrabili. Che come effetto produce la moltiplicazione della violenza e delle dittature militari e/o teocratiche. Ultimo e più recente esempio l’Afghanistan dei talebani. Una strategia esclusivamente militarista che non prevede una opzione B, né un cambio di pensiero e di paradigma, che non vede il mondo nella sua interezza, ma solo quello dei propri interessi da perseguire con cieca ostinazione a ogni costo e con ogni mezzo. Anche quello nucleare. Una strategia perseguita da una élite del neoliberismo feudale, della quale l’apparato militare industriale è parte fondamentale e che detta l’agenda dei governi e delle nazioni.

Il cambio di strategia globale

Gli analisti convenzionali, o embedded, affermano che in realtà non è niente di nuovo. È il prolungamento fisiologico del conflitto economico e geopolitico tra Stati che è sempre esistito. E non è certo la prima volta che gli Stati Uniti armano alleati per difendere i propri interessi. Purtroppo non è così. Il progetto Aukus, per il momento storico nel quale diventa operativo, per i Paesi che coinvolge e per quelli che minaccia, per gli strumenti militari che prevede, costituisce una rottura su larga scala nell’attuale struttura geopolitica mondiale. Al di là della vuota retorica che viene utilizzata per descriverlo, “Alleanza per la Sicurezza nel Pacifico Indiano”, il Patto Aukus ha come principale obiettivo quello di dislocare  alla frontiera cinese 8 sottomarini nucleari, attraverso la disponibilità dell’Australia, e di rafforzare la presenza militare statunitense e di altre potenze occidentali in una delle aree geopolitiche a più alto rischio di guerra del pianeta. Proviamo a immaginare, in una situazione rovesciata, quali sarebbero le reazioni se la Cina firmasse un patto di assistenza militare con Cuba, Venezuela e Messico per il controllo dell’area atlantico-americana e del golfo del Messico a ridosso delle coste degli Stati Uniti e facesse viaggiare permanentemente 8 sottomarini nucleari nel mare tra Houston, Miami e New York. Il Patto Aukus costituisce una rottura pericolosa di un equilibrio in una delle aree più nuclearizzate del pianeta che può coinvolgere in un conflitto, oltre agli Stati Uniti, altre 4 nazioni dotate della bomba atomica: Cina, Corea del Nord, Pakistan e India.

L’area del Pacifico nuovo scenario di confronto militare

In questo nuovo assetto, il centro dell’interesse degli Stati Uniti e del conflitto con la Cina è l’area dell’Indo-Pacifico e del Mar Cinese meridionale in particolare. È per questo che Biden oggi, come Trump ieri, si disimpegnano dagli altri fronti di conflitto e/o di guerra, dall’Africa alla Siria, dall’Iraq all’Afghanistan. Persino nella sua realizzazione il progetto Aukus è uno schiaffo a un’Europa sempre troppo ignava e cameriera. Il Patto Aukus è stato discusso e realizzato nel vertice del G7 tenutosi a Carbis Bay, in Cornovaglia, nel giugno del 2021. Nessuno dei governi presenti immaginava quello su cui si stavano accordando Stati Uniti, Regno Unito e Australia. E l’Europa e il mondo hanno saputo del Patto tre mesi dopo attraverso notizie giornalistiche. L’Australia ha cancellato la commessa stipulata con la Francia per sommergibili convenzionali a diesel,  per sostituirla con un’altra con gli Stati Uniti per 8 sommergibili a propulsione nucleare. È evidente che il vero obiettivo del Patto Aukus non è difensivo ma definitivamente offensivo. Un sottomarino a propulsione nucleare viaggia a 20 nodi all’ora e può portare fino a 40 missili tomahawk armati con testate nucleari. Questo significa 320 missili nucleari permanentemente puntati sul territorio cinese. Mentre un sommergibile convenzionale a propulsione diesel o elettrica non supera i 7 nodi all’ora e può dotarsi solo di proiettili convenzionali. È evidente la escalation militare del confronto dislocata nel focolaio di crisi più pericoloso del pianeta, dove si svolgerà la lotta per la conquista della leadership mondiale.

Il neoliberismo feudale

Nel contesto della Guerra fredda contro l’Unione Sovietica, l’Europa occupava una posizione chiave, sia come alleato, sia dal punto di vista geopolitico e militare, sia come campo di battaglia fondamentale nello scontro tra le due superpotenze. In questo nuovo contesto storico e geopolitico, per gli Stati Uniti l’Europa conta poco o nulla. Con la crisi del modello neoliberale globale che dal 1989 sembrava destinato al dominio planetario incontrastato, con la perdita di egemonia degli Stati Uniti e dell’Occidente in generale, con l’emergere di nuovi attori globali, Cina e Russia, altrettanto militaristi e neoliberisti degli Stati Uniti, siamo entrati in un limbo, pericoloso e che dura da troppo tempo, segnato dalla fine del vecchio ordine mondiale mentre quello nuovo tarda e fatica a nascere. Solo nostalgici degli anni '50 possono pensare che lo scontro oggi sia tra comunismo e capitalismo. Stati Uniti e Cina in particolare, ma pure soggetti minori come Russia, paesi euroccidentali, regimi islamofascisti del golfo o Arabia Saudita,  sono ormai organicamente rappresentanti e vittime, portatori insani ed espressione di quel neoliberismo feudale che non ha niente a che fare con il vecchio modello fordista/capitalista fondato sullo scambio tra lavoro e salario, sulla domanda di mercato e sull’offerta del prodotto, sull’economia reale insomma. Né tantomeno con il modello di economia sociale di mercato di stampo keynesiano e socialdemocratico. Il neoliberismo feudale si fonda sulla speculazione pura, sulla truffa permanente attraverso operazioni finanziarie incontrollabili e paradisi fiscali paramafiosi. La ricchezza che si genera è virtuale, il potere che si esercita al di fuori delle istituzioni della democrazia elettiva è totale. I pachidermi più pericolosi che oggi danzano sulle vene del mondo sono gli Stati Uniti e la Cina. Un antico proverbio africano dice che quando gli elefanti si scontrano chi ci va di mezzo è l’erba.

Un nuovo ordine mondiale

Va costruito un nuovo ordine giuridico e di relazioni a livello internazionale. Una nuova leadership globale consapevole della pluralità del mondo e del fatto che il nuovo ordine non potrà essere rappresentato e rappresentante di un’unica potenza né di un unico modello culturale e politico. Ma questa nuova dimensione del mondo e delle relazioni tra popoli e culture deve trovare una sua rappresentanza nelle società, non viaggerà mai coi capi delle attuali potenze. Pacifisti e altermondialisti solidali cercasi. Movimenti che hanno questo orizzonte valoriale, politico e culturale ce ne sono molti nel mondo. È necessario metterli in rete, costruire il “Movimento dei Movimenti” a livello globale, per uscire da quel limbo pericoloso di cui parlava Antonio Gramsci ed entrare in una nuova fase della Storia dell’umanità nella quale prevalga il diritto sulla forza, la condivisione sul conflitto, la pace sulla guerra. ◘

la guerra che verra altrapagina mese ottobre 2021 2

di Luciano Neri


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