Giovedì, 28 Marzo 2024

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Molini brighigna addio?

Città di Castello. Urbanistica. Piazza Burri e dintorni: una favola senza fine.

silvia romano2

Riprendiamo il racconto su Piazza Burri da dove l’avevamo lasciato: ovvero dall’arrivo degli Emirati e dalla loro improvvisa scomparsa. Dopo l’euforia irrogata a dosi massicce dalla stampa locale, sulla vicenda è scesa una fitta coltre di nebbia. Ma pare che sottotraccia le cose non si siano fermate e che la tessitura abbia continuato a crescere. Ma come?

Ricapitoliamo. A gennaio del 2020 veniva approvata la variante generale al Prg (Piano regolatore generale). Il nuovo strumento urbanistico, si disse, avrebbe dato il via al piano di “rigenerazione urbana” che veniva annunciato trionfalmente con queste parole: «Il punto nodale … è legato a Piazza Burri e tutti gli spazi occupati dall’attuale Piazza Garibaldi (al posto della scuola è prevista una struttura nera di 16 mila metri cubi con altezza al punto massimo di 20 metri, lunghezza 58 metri e profondità 16, a distanza verrà collocata l’opera Teatro Scultura, 5 arcate su base circolare con diametro 14 metri e altezza 9, che unirà in una ideale linea i manufatti a Palazzo Albizzini)». Nel 2018 era già stato stipulato un Accordo di programma tra Comune e Fondazione Albizzini con cui si stabiliva che l’opera sarebbe costata «... 15 milioni di euro a cui si aggiungono i 15 della valutazione di mercato del Teatro Scultura. Sarà finanziata dalla Fondazione e dalla società accreditata a operare per interesse istituzionale dalle autorità degli Emirati Arabi, che, insieme, dentro la struttura, gestiranno Alveare, un centro internazionale per la promozione di grandi progetti e grandi talenti... l’accordo … permetterà al Comune di mantenere la proprietà su piazza e manufatti, pur senza finanziare l’opera… Il Comune manterrà in capo il controllo, si impegna a rivedere e adeguare la viabilità. La realizzazione è prevista dal Prg in adozione e dal Piano di mobilità urbana, entrambi nel contesto del quadrante che comprende i Molini Brighigna e la zona retrostante l’attuale Piazza Garibaldi». Insomma, liberi tutti: i progetti sembravano imminenti, senza appalti, e il Comune non avrebbe dovuto fare altro che stare alla finestra a guardare, senza dover tirare fuori un euro. Fantastico!

molini brighigna addio mese ottobre 2021 2Ma gli Emirati a un certo punto sono scomparsi, perché nella filiera che va dal Comune alla Fondazione deve esserci stato un corto circuito tra promesse, impegni e concessioni – di cui ovviamente ai cittadini nulla deve arrivare – e, probabilmente, gli Emirati, che dovevano mettere i soldi, non si sono sentiti più rassicurati. Tutto finito dunque? Non proprio. Non ci si accorse, se non pochi introdotti e alla Fondazione Albizzini, che, mentre i fari erano accesi sulla piazza e le sue magnifiche sorti e progressive, i fantomatici Emirati avrebbero messo gli occhi anche sui Molini Brighigna e sull’ex Consorzio Agrario, spazi immensi all’interno del centro cittadino. La trattativa in atto per la piazza, di proprietà pubblica, dunque si sarebbe allargata anche  al resto, di proprietà privata. Per farci cosa?, si chiederà il lettore. A questo punto, in assenza di informazioni provenienti dall’alto, le illazioni hanno trovato campo fertile per proliferare. Secondo una prima versione si sarebbe arrivati al punto di ipotizzare un progetto, anzi, addirittura di elaborare un progetto per costruire un hotel di lusso, 30 camere massimo, simil appartamenti, ognuna dotata di idromassaggio e rifiniture da Mille e una notte, e con eliporto: roba da sceicchi s’intende. Così l’ecomostro sarebbe demolito, le immense cubature sarebbero compensate nella Zona industriale e altre non si sa bene cosa dovrebbero diventare. Sempre secondo questa ipotesi, il Consorzio Agrario, invece, dovrebbe diventare una specie di museo dedicato a Burri e un Book Shop non meglio specificato. Costo complessivo 100 milioni di euro: se comprensivi o meno di Piazza Burri non è dato sapere.

Ma i dubbi sono altrettanto consistenti delle illazioni. Perché gli Emiri dovrebbero spendere una cifra così iperbolica a Città di Castello che in fondo non è né Roma, né Milano, né Venezia, né Firenze? Quali vantaggi ne trarrebbero? È pur vero che con i petroldollari si possono comprare cattedrali e costruire grattacieli nel deserto, ma a Città di Castello non c’è tanta trippa per gatti così golosi.

Tolte dal tavolo queste due ipotesi che si azzerano da sole, ne rimane in piedi un’altra. Perché le voci narranti di questo racconto continuano ad affermare che le trattative per la vendita delle due strutture, ex Molini Tifernati ed ex Consorzio Agrario, esistano davvero e siano in corso da tempo.  E che interessata all’acquisto sarebbe una multinazionale. Ma dove avrebbe sede questo fondo di investimento finanziario, se esiste?, e a chi farebbe capo? Qui si entra nel campo delle pure ipotesi, una delle quali tira ancora in ballo gli Emirati, che così rientrerebbero dalla finestra dopo essere usciti dalla porta. Ma poi è così vero che sono mai usciti dalla porta!? I più sofisticati pareri sostengono che gli Emirati avrebbero messo la trattativa in stand by, delusi dagli amministratori in scadenza, sarebbero in attesa  dei nuovi interlocutori. Ma in ballo ci sarebbe, secondo altri, anche l’interesse di un importante imprenditore tifernate che ha guadagnato fama al vertice di una grande multinazionale italiana. Inseguire le illazioni in ogni caso non porta a nulla, ma può servire  a tenere vive alcune domande che pure dovrebbero avere una risposta “politica”, comprensibile e non imposta dai fatti, per tutelare gli interessi pubblici e non solo quelli privati, come sempre avviene in operazioni urbanistiche in cui la presenza del privato risulta massiccia come in questo caso. Ammesso quindi che l’alienazione degli immobili agli Emirati  andasse in porto, tutta l’area retrostante Piazza Garibaldi avrebbe un unico soggetto acquirente, mentre Piazza Burri sarebbe realizzata, come detto, dalla Fondazione che poi la “regalerebbe” al Comune. Trattandosi di un comparto urbanistico unico, sarebbe importante che la sua rigenerazione avesse una impronta organica e unitaria. Ma sappiamo già che Emirati o non Emirati, Piazza Burri sarà realizzata dall’architetto di riferimento della Fondazione Albizzini. E se dunque fosse fondata l’ipotesi di acquisto degli immobili privati da parte degli Emirati ricadrebbe nelle stesse mani sia la parte pubblica che quella privata. E il Comune che ruolo avrebbe? Siamo in un mare di nebbia. Fatto sta che i contatti tra Fondazione Albizzini ed Emirati continuano a esserci come prima e più di prima. Lo dimostra il fatto che all’Expo 2020 di Dubai il padiglione italiano ospita una mostra con 5 opere di Burri concesse dalla Fondazione Albizzini.

In ogni caso la vicenda di Piazza Burri sia in versione ristretta, solo la Piazza, sia in versione allargata, tutto il comparto urbano, impatta pesantemente sulla campagna elettorale. E fa comprendere quale sia la posta in gioco di queste elezioni amministrative. Forse uno dei motivi rilevanti dello stretto sodalizio tra Bacchetta e Secondi (inclusi Cecchini, Fondazione Burri, Sogepu...) si deve proprio all’operazione in corso. Essi devono farcela in tutti i modi a tenere le redini del Comune, perché se venissero scalzati c’è il rischio che il castello crolli e, come un domino, farebbe cadere i destini personali non solo di alcuni politici, ma dell’intera filiera di tecnici, architetti, ingegneri, professionisti, funzionari, portaborse, associazioni, legati a questo carro, ovvero al sistema di potere che l’operazione si trascina dietro. Essa infatti è la più rilevante sistemazione urbanistica che sia stata prevista dal dopoguerra fino ai giorni nostri.  Lasciarsela sfuggire significa far passare il vero potere in altre mani; non avere più l’accesso alle stanze che contano, ai soggetti di riferimento importanti, ai finanziamenti, alle opportunità di carriere personali, di potere. E siccome l’interesse di chi ha governato la città è stato quello di auto-perpetuarsi, da quel versante si stenderebbero tappeti rossi a chiunque, pur di rimanere in partita. Ma bisogna essere certi che le azioni poste in essere collimino con l’interesse della città, del suo sviluppo, delle sue necessità. Per questo forse sarebbe utile far precedere la “rigenerazione urbana” da una “rigenerazione mentale” utile a chiarire le idee sui progetti da realizzare, sulle iniziative da intraprendere, sui soggetti da scegliere. Aspettiamo che vengano scoperte le carte. E come dice la saggezza antica: la notte porta consiglio. ◘

di Antonio Guerrini


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