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Il Romero boliviano

BOLIVIA. Luis Espinal Camps, gesuita, martire

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Luis Espinal Camps era nato a Sant Fruitós de Bages, un piccolo paese vicino a Barcellona, il 4 febbraio 1932. Il 15 agosto 1951 prese i voti nella Compagnia di Gesù. Conseguì la licenza in Filosofia nel 1956.  Nel frattempo aveva iniziato a scrivere per riviste teologiche come «Borgianum» e «Espiritu» e a scrivere testi per Radio Barcelona, firmati con lo pseudonimo “Luis Borja”.

Fu ordinato sacerdote a Barcellona nel luglio 1962. Nel 1964 padre Luis si recò a Bergamo, per frequentare la Scuola Superiore di Giornalismo e Mezzi Audiovisivi. Tornato in Spagna, iniziò a lavorare come critico cinematografico e curatore di cineforum e, successivamente, passò alla televisione di Stato Tve. Nel 1967, quando la censura di regime si abbatté sulle sue trasmissioni che parlavano della povertà, Luis Camps si dimise e, nel 1968, su invito del responsabile delle Comunicazioni Sociali della Conferenza Episcopale Boliviana, Gennaro Prata, partì per la Bolivia. Si trovò di fronte a un Paese segnato da una infinita povertà, comandato da ristretti gruppi di potere, da multinazionali estere e dai militari, e caratterizzato da continui colpi di Stato. La sua attività nel campo delle comunicazioni era instancabile: proseguì nella radio «Fides», nei periodici «Presencia» e «última Hora», produsse alcuni cortometraggi per la televisione e fece parte della casa di produzione cinematografica Ukamau. Continuò anche l’attività accademica, insegnando Comunicazioni sociali nella Università Maggiore di San Andrés e Cattolica di La Paz. Però il suo attivismo e il suo stile non erano molto graditi ai suoi superiori. Nel febbraio 1973, durante un editoriale alla radio intitolato «Il vecchio e il nuovo», mise in parallelo l’elezione dei nuovi cardinali e l’ordinazione del primo diacono di etnia aymara, una delle numerose popolazioni indigene boliviane.

2 il romero boliviano mese lugllio 2021Commentando il primo evento definì l’episcopato boliviano il «senato più vecchio del mondo», «decrepito e biologicamente più incline a conservare e a frenare che ad aprire nuove strade». Il Nunzio apostolico in Bolivia gli chiese di tornare sulle sue posizioni, ma padre Luis non cedette e, come già aveva fatto con le autorità franchiste in Spagna, lasciò l’incarico. Perse anche il lavoro in televisione per aver mandato in onda durante il programma «En carne viva» una intervista a membri dell’Esercito di Liberazione Nazionale. Nel primo numero del settimanale «Aquí», da lui fondato nel 1979, scrisse: «Nemmeno noi (per disgrazia) siamo il popolo, ma vogliamo essere suoi portavoce. Perciò dobbiamo assumere la cultura del popolo, col quale noi siamo in debito, con i suoi “valori” e il suo “linguaggio”».

La sera del 21 marzo 1980, padre Espinal stava uscendo dal cinema dove si era recato per recensire il film «Los desalmados», quando venne caricato su un fuoristrada da degli sconosciuti: si trattava di un commando paramilitare, che lo rinchiuse nel macello di Achachichala, nei pressi di La Paz. All’alba del 22 marzo, il suo cadavere, con i segni delle numerose torture, fu ritrovato lungo la strada per Chacaltaya. Due giorni dopo sarebbe accaduto a monsignor Romero, nel Salvador, di dare la vita come Luis Espinal.

In Europa è praticamente sconosciuto, ma in America latina portano il suo nome organizzazioni e gruppi culturali. La visita di papa Francesco del 2015 è servita a far conoscere la vita e il sacrificio di questo sacerdote coraggioso che ha portato alle estreme conseguenze quanto aveva scritto nel suo testamento politico-spirituale: «La vita serve a questo, a consumarla per gli altri». Un gesto  inequivoco quello di papa Francesco di volersi recare come primo atto, prima ancora di incontrare le autorità ecclesiali o istituzionali, a Chacaltaya nel luogo dove il corpo di padre Espinal fu ritrovato. Come  non equivoche furono le sue parole. «Padre Espinal – affermò papa Francesco in quella occasione – era un sacerdote del popolo e popolare, che dava fastidio, perciò è stato eliminato. Ucciso da chi non voleva che si lottasse per la libertà della Bolivia». ◘

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