Venerdì, 19 Aprile 2024

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Il prezzo del silenzio

Sogepu. Quarta parte: l'azienda ha avviato una istanza di risarcimento contro l'altrapagina

silvia romano2

Ci deve essere stata festa al Centro Servizi, sede di Sogepu, per aver avviato un procedimento legale contro l’altrapagina. Sapevamo che toccare i fili ad alta tensione della partecipata rappresentava un rischio. E la reazione non si è fatta attendere. Radunati i soci che contano, il Sinedrio dirigenziale ha emesso il verdetto: «meglio che muoia un giornale piuttosto che si spieghi l’operato dell’azienda». Ed è stato fissato anche il prezzo per compiere il misfatto, perché il potere ha sempre i mezzi e i soldi per comprare idee, opinioni, dignità, giornali. A volte anche gli uomini e il loro silenzio, quando conviene. Sogepu ha scelto questa via: “comprare il silenzio” de l’altrapagina, con due istanze risarcitorie (due dell'Ad e due dell'azienda) del valore di 300 mila euro, qualora non cessassimo di parlare della partecipata. Cosa che ha tutta l'aria di essere un diktat. L'azienda ha scelto la prova muscolare per mettere la museruola e togliere la parola, silenziare una voce libera e creare difficoltà anche alle persone, a dimostrazione di una qualità etica di tutto rispetto. È lo stop imposto dopo la pubblicazione dell’elenco dei consulenti, dei contributi alle associazioni e dell’onorario dell’Ad. Oltre non si deve andare, perché si dovrebbero spiegare le scelte di politica aziendale che hanno presieduto a tali investimenti. E i cittadini, che sono gli azionisti della partecipata avendo pagato le quote con tasse e Tari, non devono sapere perché potrebbero chiedere conto di tutto ciò.

È l'eterno copione giudaico e socratico: quando bisogna chiudere la bocca a chi è percepito come minaccia dal potere, c'è sempre una cicuta da bere o trenta denari di morte. In ogni caso la libertà di opinione e di parola non sono più tollerate.

La partecipata non è interessata alla verità, ma alza il prezzo perché non emerga: le cose non si spiegano, si pagano. E a un prezzo esorbitante, come se l’altrapagina fosse il "Corriere della Sera" o "Repubblica". È quanto previsto nel tariffario alla voce diffamazione, l’accusa che il Sinedrio-Sogepu ci ha scagliato contro.

Per questo cercare dietro ciò che si vede, indagare al di là delle apparenze è un esercizio tanto rischioso quanto necessario per la democrazia, ma altrettanto detestato da chi comanda. L’altrapagina ha fatto semplicemente il suo mestiere: ha svolto una inchiesta per informare i cittadini su come la partecipata più coccolata del Comune maneggia i soldi pubblici, non i propri. Ma così facendo è entrata nel Santo dei Santi, nel recinto sacro in cui solo i “sacerdoti” addetti possono stare. Gli altri devono rimanerne fuori e possibilmente alla larga. O con le buone o con denunce. Sogepu e il di lei Ad si sono sentiti diffamati dalle considerazioni e dalle opinioni espresse nell’articolo. Ma è sfuggita l’altra faccia della medaglia: i cittadini si sentiranno offesi dal modo in cui Sogepu e il suo Ad hanno speso i soldi dei cittadini? E ai cittadini non si deve raccontare come la società opera? Perché il nocciolo dell’inchiesta a cui si doveva rispondere in fondo è questo. Per eludere l’imbarazzo è stata scelta la via giudiziaria. E così senza un minimo di reticenza né un brivido di vergogna hanno materializzato l’ipotesi di richiedere un risarcimento che non ha nessun rapporto con la presunta offesa subita, con l’evidente scopo di spaventare, di sottomettere, di tacitare. E quando un’azienda pubblica per difendersi dalle critiche ricorre all’intimidazione, significa che siamo entrati in una dimensione di cui i cittadini, i politici e le istituzioni si dovrebbero preoccupare e manifestare aperto dissenso, perché l’intimidazione è l’anticamera della barbarie.

Il clima che si respira nella città è corroborato da simili metodi da tempo. Sono questi gli arnesi con cui un potere traballante cerca di picconare il recinto dei suoi “interessi”. Ma l’informazione non può chiudere la bocca, anzi deve aprire quella degli altri, dare la parola, informare, cercare la verità nascosta nelle stanze segrete, che, molto spesso, sono serrate ad arte. Se dovessimo derogare a questo, l’altrapagina non avrebbe scopo di esistere. Di informazione che racconta ciò che accade nei palazzi del Potere senza scomodare nessuno ce n’è già troppa in circolazione. ◘

300.000 EURO
LA RICHIESTA DI RISARCIMENTO

 

Sogepu ha scelto questa via: “comprare il silenzio” de l’altrapagina con due istanze risarcitorie di 300 mila euro complessive, qualora non cessassimo di parlare della partecipata. Cosa che ha tutta l'aria di essere un diktat. Un avvertimento per dire: “state attenti altrimenti ci arrabbiamo”

di Antonio Guerrini


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