Venerdì, 19 Aprile 2024

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Perugia. Due stazioni ferroviarie bisognose di cure

Fontivegge e sant’anna, due belle e amabili sorelle.

silvia romano2

Abbiamo due stazioni ferroviarie a Perugia: quella di Fontivegge e quella di Sant’Anna,  due eleganti signore d’altri tempi che hanno servito egregiamente viaggiatori di ogni dove per decenni.

Due affezionate sorelle che non vedono l’ora di unire le loro forze per soddisfare ogni fondamentale esigenza del viaggiatore.

È da più di mezzo secolo che se ne parla, ma se ne parla e basta e nessuna volontà prevale per intraprendere un progetto che un giorno possa portare i suoi frutti.

Attraverso una semplice linea ferroviaria, col duplice scopo di appagare l’utenza cittadina, si potrebbe garantire la connessione della rete regionale con quella nazionale. Tutte le città umbre comodamente collegate, da nord a sud: da San Giustino e Città di Castello fino a Todi e Terni, da est a ovest, da Spoleto e Foligno fino a Tuoro e Castiglione del Lago.

Fontivegge e Sant’Anna: due figlie di una stessa madre che è la città, che si sono  spese generosamente nell’accogliere, nel fare accomodare i viaggiatori nel loro cammino, chi per un motivo chi per un altro, alla volta delle vie cittadine.

Perché continuare a tenere separate e trascurate le due stazioni, quando assolvono da sempre una stessa e identica funzione?

Unite farebbero la forza.

Non si giunge a un progetto opportuno, infatti continua a dominare una visione ottusa e monoculare, estranea agli intenti della pianificazione urbanistica e ambientale.

Tanto, chi se ne accorge?

Ci buttano fumo negli occhi (smoke gets in your eyes), per poi farci credere che alcune aiuole spartitraffico, come quelle che la “rigenerazione di Fontivegge” vorrebbe inserire, siano la piazza vera e propria.

Anche nella Nuova Monteluce il concetto di piazza è stato malamente soppiantato da instabili, malsane e inadeguate griglie metalliche “passafumo”.

Nella stazione di S. Anna, poi,  l’idea di piazza è stata completamente disattesa e “bypassata”.

Anziché una fruttuosa politica veicolare collettiva, igienica, salutare, vantaggiosa ed economica, si continua ostinatamente a tracciare strade su strade, a preferire il piatto opulento delle bretelle, degli assi di penetrazione, dei rettifili, degli anelli, dei nodi, nodini e rotonde.

Tutti mezzucci spacciati per altrettanti toccasana per fluidificare la circolazione, mentre all’atto pratico, la proliferazione di strade non fa che attrarre il traffico automobilistico, appesantendolo: più strade costruisci e più aumenta il traffico.

In questo già di per sé caotico scenario, come avrebbe potuto il signor COVID astenersi dal percorrere le vie d’accesso che gli abbiamo spianato? Sarebbe ora di cambiare direzione e di smetterla di sperperare risorse pubbliche in scelte fallimentari organizzate. ◘

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di Mauro Monnella


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