Venerdì, 29 Marzo 2024

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La panchina: anonima protagonista

Perugia. Arredi urbani

silvia romano2

La panchina pubblica è un oggetto discreto, non ingombrante, di modica spesa eppure di grande valore sociale, in quanto capace di instaurare tra le persone rapporti e legami: di conciliare la quiete, il riposo, la concentrazione nella lettura, la buona visione, sia interiore che esterna.

Non di rado la panchina si è rivelata perfino “galeotta”.

Che cosa vuol dire “panchina”? È come dire “panca, sedile”, sì, ma c’è qualcosa in più da considerare. Avete forse mai visto panchine monoposto? Sicuramente no. Più che altro ne esistono di biposto, triposto e così via. Questo per un motivo, a ben pensarci, più che valido: perché sono attrezzature a disposizione di tutti e pluralistiche.

Le panchine “pluralistiche”? Certo: da che mondo è mondo, chi le progetta e realizza non può non tenerne in debito conto la vocazione socializzante, aggregante, comunicante ed espansiva.

Una panchina monoposto non sarebbe adeguata a tal nobile fine, perché diverrebbe comunissima sedia, o addirittura poltrona, come quelle governative, di cui tutti sappiamo.

Certe sedute oggi passano quasi inosservate, ma per secoli sono assurte a elementi di uso corrente per la collettività: viandanti, viaggiatori, pellegrini, cittadini, tutti ne hanno usufruito. Va ricordato che i Priori, rappresentanti dei quartieri, sia urbani che rurali, vi intavolavano riunioni e assemblee all’aperto che, nonostante il tempo, sono tuttora visibili. Ieri c’erano i sedili di pietra, antenati delle moderne panchine. A Perugia, ad esempio, si vedono a sinistra del portale d’ingresso di Palazzo dei Priori, poi si notano da contorno al perimetro del Duomo; poi ancora, sotto le Logge di Braccio. Singolare seduta, quest’ultima, incastonata com’è entro lo spazio delle Logge, ben visibile e corredata da quel quadro animato che è la zampillante Fontana Maggiore, la quale già da sola sarebbe in grado di ispirare le migliori idee da attuare per un buon governo.

Ve la immaginate, oggi, una riunione amministrativa all’aperto? Non sarebbe attuabile, infatti richiederebbe una eccelsa maturità politica che purtroppo, ahinoi, stenta fortemente a palesarsi.

Un’ottima idea sarebbe di riunire le migliori eccellenze nel campo della ricerca, per l’elaborazione di un “Recovery plan” di qualità, che predisponga una raccolta di progetti per il futuro, che siano sostenibili, produttivi, equi e virtuosi, come ci richiede a gran voce l’Europa.

Oggi, invece, si preferisce investire pubbliche risorse, sudatissime, in inquinamenti d’ogni specie, piuttosto che attrezzare le città di economiche panchine.

Ci si aspetterebbe che cittadini e passanti ne richiedano a gran voce l’installazione. Invece accade l’esatto contrario: dove ancora ci sono, vengono fantomaticamente rimosse, nell’indifferenza collettiva: primeggiano la mefitica autovettura e le cosiddette grandi opere infrastrutturali che, anziché risolvere, acuiscono i problemi, anche a scapito della nostra salute. Prima o poi, tra nodi e nodini, tutti i nodi vengono al pettine.

Questo modo di procedere, muffoso, rancido e stantio, è scaturigine di un cupo, mediocre, opprimente retaggio che stenta ad essere superato. Accade non solo a Perugia, ma anche a Città di Castello, Gubbio, Orvieto, Terni… insomma, dappertutto.

La propensione alla visione, da sempre presente in ognuno di noi, è oggi fortemente compromessa, ma sarebbe quanto mai da recuperare.

Ridateci le panchine! ◘

Architetto Mauro Monella


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