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Personale cercasi

La seconda ondata ha messo a nudo tutte le criticità della sanità umbra e tifernate

silvia romano2

Dopo lo scandalo “concorsopoli” pareva evidente che i problemi dell’Umbria, l’arretratezza, la malagestione, lo scontento e la corruzione dilagante, dipendessero dal fatto che fosse “rossa”, atavicamente governata da un Centro sinistra clientelare e autoreferenziale, privo di una visione, di un senso politico e soprattutto di quella competenza che la Regione, cuore verde d’Italia, certamente si sarebbe meritata. E così, con un epocale cambio di regime, nelle capaci mani del Centro destra, con la Sanità gestita nientemeno che da un assessore veneto, ci si poteva aspettare tutto, tranne che la Regione tornasse rossa, ma non per vocazione idealistica.

Il 20 febbraio 2020 è stato registrato il primo tampone positivo per Covid in Italia, in una Codogno che si sarebbe trovata presto in ginocchio per la devastazione pandemica con tutta la Lombardia. L’Umbria sarebbe diventata il fiore all’occhiello di quella prima fase, come una scolara diligente che ha riportato un bel voto a un compito in classe.

A un anno di distanza è emerso con evidenza che, a quella prova, semplicemente non era nemmeno presente. A febbraio 2021, a campagna vaccinale appena iniziata, con l’indubbia complicazione derivata dalle varianti, il numero di contagiati è impennato a velocità esponenziale imponendo il lockdown per tutto il territorio perugino e per parte di quello ternano, in totale controtendenza rispetto alla situazione nazionale che ha visto il cauto ma costante ritorno a zone gialle e riaperture.

Il settore sanitario è la cartina di tornasole del disastro. Mentre all’allestimento dell’ospedale da campo al Santa Maria della Misericordia di Perugia non segue la naturale messa in opera per mancanza di operatori, Città di Castello assiste a opere di adattamento delle pertinenze esterne per ospitare una struttura con pari finalità, che è ormai possibile vedere quasi terminata. Alla velocità di esecuzione dei lavori non sembrerebbe corrispondere altrettanta efficienza nell’assunzione di personale: con procedura d’urgenza, è stato aperto il bando da parte della Protezione civile per reperire medici e infermieri e si chiede aiuto alla Lombardia.

personale cercasi altrapagina mese marzo 2021 3Ma, se l’emergenza legata alle varianti potrebbe forse giustificare la carenza di personale, il rapporto della Corte dei Conti ci dice altro. L’Umbria aveva tempo per trovare risorse, semplicemente non lo ha fatto o comunque non allo stesso modo delle vicine Emilia Romagna e Toscana (fig.1). Le sigle sindacali confederali denunciano che l’incremento netto del numero di operatori sanitari è stato di sole 19 unità. Il piano per il 2021 indica l’assunzione del confortante numero di 1550 nuovi operatori. Solo che il personale non si trova così facilmente, soprattutto se si arriva per ultimi e se si propongono contratti a tempo determinato di durata contenuta (difficilmente superiori a un anno), senza riconoscimenti economici: da ottobre a oggi al personale operante nei servizi Covid non sono state riconosciute indennità di rischio legate all’ambito infettivo, nonostante l’elevato tasso di contagi tra gli operatori e le turnazioni serrate, per non dire massacranti. I neoassunti, senza valutazione preliminare del background e dell’esperienza pregressa, si trovano a lavorare a pieno ritmo nei reparti con una formazione che avviene operativamente sul campo, come è ovvio in un regime di numeri così ridotti. La necessità di reperire velocemente personale si traduce anche sul blocco delle prestazioni non urgenti, in un contesto che stava ancora riassorbendo i ritardi delle stesse della “fase uno” di marzo e aprile scorsi. Né maggiore soddisfazione si ha osservando la tempestività dell’incremento dei posti di terapia intensiva che, a ottobre 2020, era pari a zero solo in Umbria. Come dire, chi ben comincia è a metà dell’opera.

Nel frattempo di Covid si continua a morire: da ottobre a oggi i decessi riferibili al coronavirus nel solo nosocomio tifernate sono oltre 90: anche se nei comunicati ufficiali ogni Comune conta i propri morti, il dato complessivo fa decisamente molta più impressione. E vale la pena ricordare, per ultimo, che gran parte del problema risiede nella mancata prevenzione. I sistemi di tracciamento dipendono da Dipartimenti di Prevenzione progressivamente indeboliti dalle scelte sanitarie operate già dalle Giunte precedenti a quella Tesei, e non rafforzate sufficientemente ora; l’individuazione e corretta gestione delle due varianti è stata tardiva; i percorsi ospedalieri sono spesso misti, non completamente isolati, e compromessi dalla qualità stessa delle strutture in certi casi datate e con caratteristiche non rispondenti alla gestione di un’emergenza sanitaria di origine infettiva.

La guerra ci ha visto tra i vincenti perché eravamo lontani dal fronte. Il valore dei nostri generali si rivela chiaro ora che il fronte siamo noi. ◘

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A cura della Redazione


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