Venerdì, 29 Marzo 2024

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Raffaello clonato

Città di Castello Arte. Lo Sposalizio della Vergine

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Ve lo immaginate il giovane Raffaello a spasso per l’antico centro storico di Città di Castello tra san Giacomo, san. Francesco, san Domenico osservare curioso i palazzi e le case, i vicoli, gli squarci di cielo e incontrare volti di uomini, donne, ragazzi e ragazze, fanciullini, entrare nelle botteghe degli artigiani? E poi appena fuori le mura, a fare da cornice, le colline e lassù verso Fraccano il tempio della Madonna di Belvedere; più su il valico di Bocca Serriola ed oltre Urbino. Da queste visioni e da questo paesaggio Raffaello trasse ispirazione per la sua visione del mondo.

Del resto fin dal tempo della sua infanzia a Urbino, teneramente amato dalla madre Maria e sapientemente guidato dal padre Giovanni de’ Santi, aveva respirato l’atmosfera dei laboratori di pittori e scultori, primo fra tutti quello paterno. Come attraversa i luoghi tra Marche e Umbria, così ammira e apprende da Signorelli, da Pinturicchio, da Piero della Francesca, da Pietro Perugino: proprio quest’ultimo era stato scelto dal padre come maestro per il figlio. Ne apprese così bene la maniera che, quando collabora a qualche opera del maestro, non si riconosce la differenza. Il Vasari annota: «…tornato Pietro per alcuni suoi bisogni a Firenze, Raffaello partitosi di Perugia, se ne andò con alcuni amici suoi a Città di Castello, dove fece una tavola in sant’Agostino di quella maniera; e similmente in san Domenico una d’un Crocifisso, la quale se non vi fusse il suo nome scritto, nessuno la crederebbe opera di Raffaello, ma sibbene di Pietro. In san Francesco, ancora della medesima città, fece in una tavoletta lo sposalizio di nostra Donna,nel quale espressamente si conosce l’augumento della virtù di Raffaello venire con finezza assottigliando e passando la maniera di Pietro. In questa opera è tirato un tempio in prospettiva con tanto amore, che è cosa mirabile a vedere le difficultà che egli in tale esercizio andava cercando». (G.Vasari,Vita di Raffaello da Urbino pittore ed architetto in Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti, 3, Torino, 1870, pp. 67-68).

Città di Castello è quindi alle origini del percorso umano ed artistico-culturale di Raffaello tant’è vero che la prima data ufficiale dell’ urbinate è registrata negli archivi comunali con la data del 10 dicembre 1500, quando il giovane all’epoca diciassettenne è già citato come magister nel contratto per una pala d’altare per la Chiesa di sant’ Agostino.

La nostra città non può non essere orgogliosa di aver accolto questa presenza ed è giusto che celebri degnamente il suo genio. Così l’operazione di riportare lo Sposalizio della Vergine, capolavoro assoluto del 1504, nella sua sede originaria anche se in forma di clone è molto importante, soprattutto se pensiamo che la mostra “Raffaello giovane e il suo sguardo”, prevista a fine marzo slitta a settembre, con inaugurazione annunciata per il 18. L’iniziativa è stata presa da Giuseppe Sterparelli che ha organizzato questo ritorno in collaborazionecon l’azienda Haltadefinizione tech company, partner del gruppo Franco Cosimo Panini Editore.

I tifernati, anche se pochi per le note limitazioni del momento, hanno potuto godere nel periodo natalizio non solo della visione del capolavoro raffaellesco riprodotto in copia digitale ad alta definizione con le risorse più raffinate della tecnologia oggi a disposizione e ricollocata nella cornice originale appositamente restaurata, ma anche della proiezione sulla facciata esterna della Chiesa del filmato, con in primo piano i volti dei personaggi delle scene principali del dipinto e accompagnato dalle note della sinfonia appositamente composta dal maestro Salvatore Sciarrino.

Una grande emozione per il passante più o meno distratto, obbligato quasi dalla potenza e dal fascino di quelle immagini ad aprire gli spazi della propria immaginazione per riportarsi ai tempi lontani in cui l’opera fu realizzata! La piccola piazza, il tempio scrigno di capolavori, poco più distante palazzo Albizzini dimora della ricca famiglia dei committenti dello Sposalizio. Il lavoro realizzato per la nostra città si è avvalso di molte e qualificate collaborazioni, ma quale lo sviluppo e il seguito nel prossimo futuro?

L’abbiamo chiesto a Giuseppe Sterparelli: «Il progetto nasce da lontano e già dieci anni fa ne parlavo con Maurizio Calvesi, quando però la tecnologia di riproduzione non era al livello odierno. Il tratto caratterizzante non è nella perfezione della copia, quanto nel poter collocare il frutto di un lavoro tecnologico nell’ambiente della storia, in questo caso nella stessa cornice da cui le truppe napoleoniche estrassero il dipinto, nel gennaio del 1798. L’evento di presentazione durante le feste è stato un segnale di resistenza e ha avuto un’atmosfera intima, per ovvi motivi, ma è stata proprio quest’eccezionalità a muovere l’attenzione e la curiosità della gente e anche quella dei media nazionali, proprio negli ultimi giorni dell’anniversario Raffaello. Un momento che ho immortalato nel documentario che racconterà non solo questo “ritorno”, ma anche le molteplici e importanti connessioni dello “Sposalizio” con il territorio. Una visibilità che il film garantisce anche alla stessa azienda che ha creduto subito in questo progetto e ha creato il clone a titolo gratuito.

Il rammarico è semmai quello di non essere stato compreso dalle istituzioni, che avrebbero voluto che il clone non andasse nella sua cornice originale di San Francesco, ma in Pinacoteca (!) per la pluririmandata mostra su Raffaello e con un biglietto a pagamento. Lascio ai lettori e ai cittadini le considerazioni… Certamente la mostra dovrà essere supportata al meglio, ma è ancora più importante offrire un itinerario più ampio, dove appunto la chiesa di San Francesco e la sua “Piazza Sanzio” (dimenticata anche nei cartelli) aspetta di ritrovare la sua centralità. A poco più di cento metri da una futura Piazza Burri, collegamento finalmente concreto (ma a quanto pare lontano) tra Rinascimento e contemporaneità”. ◘

Di Rossella Mercati

 


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