Venerdì, 29 Marzo 2024

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Di verde vestito

Rubrica

silvia romano2

In un’epoca in cui è di moda “essere green”, gli eventi che vedono sindaci o personaggi illustri mettere a dimora alberi per l’inaugurazione di un parco urbano o per una manifestazione contro il disboscamento delle foreste si moltiplicano, e tuttavia lasciano il tempo che trovano, ovvero sono iniziative che, se non inserite in un programma globale vero e proprio, rischiano di essere inutili. Sarebbe più opportuno discutere e affrontare problemi concreti e urgenti come quello delle falde acquifere che, sprovviste di acqua già in primavera, indicano una situazione che conferma il problema del cambiamento climatico globale. E che cosa dire di un pianeta che non riesce a sostenere il ritmo inarrestabile dell’uomo e delle sue attività invasive sull’ambiente? Un ritmo di cui stiamo già scontando le conseguenze?

È di moda “essere green”, trovano spazio l’agricoltura e il cibo bio, le automobili elettriche, le fonti energetiche rinnovabili, l’architettura a basso impatto ambientale… Tutte iniziative lodevoli, ma ancora scarsa è la sensibilità per il “verde” come patrimonio pubblico. Basti dire che le piante sono considerate oggetti d’arredo, tanto che Stefano Mancuso nel suo libro La nazione delle piante, ironicamente afferma che esse «sono sì dei vegetali, ma non ancora degli esseri viventi».

Per questo oggi dobbiamo parlare di verde come risorsa fondamentale. Si tratta di una consapevolezza ancora esclusiva o elitaria. Vedi l’edificio verde di Milano, vincitore del premio miglior grattacielo nel mondo dell’anno 2016, o l’inerbimento delle metropolitane di Londra: tutti investimenti molto accattivanti, che sono però alla portata dei primi della classe e non delle realtà più periferiche o provinciali. La questione del verde, come risorsa di massima importanza per il futuro, va affrontata dal basso, dall’abc: è una questione di formazione. Quando raggiungeremo piena coscienza di che cosa sia un albero, un’ape… e della loro funzione nell’ambiente, probabilmente saremo in grado di intervenire contro la cementificazione selvaggia e contro le economie multinazionali legate alla chimica invasiva dei fitofarmaci in agricoltura. Quando alle parole seguiranno progetti a basso impatto ambientale, allora avremo una gestione ottimale delle aree verdi urbane, i parchi saranno perfettamente inseriti negli spazi cittadini con tutti i servizi annessi, i giardini saranno parte integrante dello spazio abitativo e magari ospiteranno piante che non necessitano di acqua.

Allora, solo allora, la qualità della vita sarà migliore e il verde sostenibile. ◘

 

di Aurelio Borgacci


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