Sabato, 12 Ottobre 2024

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Raffaello e il pensiero filosofico

Arte. Aspettando Raffaello

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L’affresco di Raffaello nella Stanza della Segnatura, la celeberrima Scuola di Atene non cessa ancora di stupire e di produrre interrogativi, ricerche, meraviglia. Quando Raffaello giunge a Roma, chiamato dal Bramante, nel 1508, aveva già una carriera splendida alle spalle. Urbino, Città di Castello, Perugia, Firenze: queste le tappe della sua formazione e della sua folgorante carriera. A Roma interpreta in modo geniale il progetto del pontificato giuliano, innanzitutto nella realizzazione della Scuola di Atene. La scena è aperta ai quattro lati: la luce penetra dalle volte e l’azzurro del cielo emerge dal fondo e dalla cupola sovrastante come Venere dal mare di Cipro. I filosofi, tutti (tranne forse Averroè e Zoroastro oltre ai contemporanei raffigurati) appartenenti alla cultura greca, di scuole e secoli diversi, stanno uscendo dal tempio e continuano in capannelli a discutere, dialogare, tentare soluzione ai problemi.

Al vertice della piramide dei personaggi, accanto ad Aristotele, Raffaello rende omaggio a Leonardo dipingendo Platone con il suo volto. Platone ha in mano il Timeo, indica il cielo: il mondo sopraceleste delle idee e la destinazione delle anime felici. Aristotele, in mano la sua Etica a Nicomaco, indica la terra e la ricerca della felicità in privato e in pubblico: l’euprattein, il ben agire e la pratica delle virtù, le forme dell’amicizia e, al sommo dell’umano, la felicità del pensare. L’intento di spiegare il pensiero causale, esplicitato dall’allegoria della filosofia sulla volta causarum rerum cognitio, è tradotto da Raffaello in senso matematico. Ma non stupisce che non sia l’unico aspetto del suo programma nell’affresco e che l’altro, connesso al primo, sia la «vita felice». In questo contesto si staglia ancora di più come guida nel paesaggio dell’affresco di Raffaello il Timeo di Platone, uno dei pochissimi testi del grande filosofo conosciuti in epoca medioevale, prima del grande lavoro di traduzione dei dialoghi e di diffusione del suo pensiero da parte di Marsilio Ficino e dell’Accademia Platonica fiorentina alla metà del Quattrocento.  Innesto straordinariamente fecondo, quello del neoplatonismo, nella cultura del Rinascimento, se pensiamo al background che animò, con sensibilità diverse, il genio di Leonardo, Michelangelo e Raffaello. Senza considerare gli esiti che la cultura dei pitagorici, mutuata da Platone e dai testi ermetici, ebbe nel creare il fertile humus attorno cui si svilupperà la rivoluzione astronomica.

Nell’affresco, Pitagora, sulle cui teorie riformulate e rifondate si articola il Timeo platonico, scrive sul manoscritto che ha di fronte. Forse sta commentando le armonie numeriche della scala musicale disegnate sulla lavagnetta che uno dei suoi allievi sorregge di fronte a lui. Le stesse armonie espresse in numeri cui si riferisce il Timeo, il dialogo dove appunto è un pitagorico, Timeo di Locri, a narrarci in prima persona il grande mito del demiurgo, l’artigiano celeste che plasma l’universo, portando una materia caotica, in cui esistevano solo tracce di ordine, dal disordine all’ordine. L’«anima del mondo», più antica del corpo del mondo, perché destinata a guidarlo e a sovraintendere alle rivoluzioni celesti, il demiurgo l’ha plasmata mescolando le essenze che la compongono secondo proporzioni numeriche, cioè i rapporti delle armonie musicali (Timeo, 35a-36b) che Raffaello ha dipinto sulla lavagnetta di fronte a Pitagora. L’universo è costruito sulle armonie matematiche della musica: la musica delle stelle.

Da qui forse la cura dell’essere-universo-natura: anche il tempio in cui è ambientato l’affresco, come l’Essere di Parmenide, è «inviolabile», «non saccheggiabile» nel senso giuridico del termine. Una filosofia della natura come sensibilità estrema, sguardo di cura sulle cose, Raffaello l’ha traghettata per noi, come un dono prezioso, dal passato nel nostro futuro. Se solo guardiamo con gli occhi della ragione e della bellezza. Tale sensibilità è traducibile oggi in un nuovo linguaggio della scienza? Nel mondo esausto e malato dalla tracotanza rapace della ragione predatoria? Abbiamo un’altra scelta? Non abbiamo un pianeta B. Nel Timeo l’universo è pensato come un tutto, somigliantissimo a quello «di cui gli altri animali considerati nella loro singola individualità e come specie sono parti» (30c 5-6), un «vivente dotato di anima e di intelligenza» (30b 8), un «dio felice» (34b 8). E la terra poi, «nostra nutrice … Egli [il demiurgo] la costruì custode ed artefice della notte e del giorno» (40c). Non per nulla vediamo sul lato sinistro dell’affresco due grandi astronomi, Zoroastro e Tolomeo: l’uno di fronte all’altro, il cosmo dell’uno si specchia nel globo terracqueo dell’altro. E Raffaello che si dipinge accanto a loro ne è testimone.

Ma il legame fra la terra, il cosmo e l’uomo non si ferma qui. Ci siamo già spostati, con Zoroastro e Tolomeo, in direzione dell’altro angolo alla base della piramide dei personaggi. A sinistra, in primo piano Euclide con le fattezze del Bramante è attorniato dall’entusiasmo dei suoi allievi. Sta disegnando con l’aiuto del compasso due triangoli rettangoli sovrapposti, uno isoscele e l’altro scaleno che, secondo il Timeo (53c8-d4), sono gli atomi, cioè gli elementi primi grazie ai quali il demiurgo plasma, compone i corpi primi, aria, acqua, terra, fuoco: il corpo dell’universo.

Sono le combinazioni di quei triangoli a dare vita ai 4 poliedri regolari: la piramide o il fuoco, l’ottaedro o l’aria, l’icosaedro o l’acqua, tutti e tre questi poliedri costituiti da triangoli rettangoli scaleni, mentre il cubo o la terra da triangoli isosceli (Timeo, 54d-55c). Aria, acqua, terra e fuoco, grazie al principio di associazione e dissociazione dei triangoli che li compongono, saranno l’ordito e la trama della tessitura delle cose nell’universo e delle loro trasformazioni, anche se il fuoco prevale di gran lunga nei cieli. I triangoli elementari quindi sono le vocali e le consonanti dell’ordine matematico-geometrico del tutto. Quei «caratteri» con cui è scritto l’universo, come dirà Galileo nel Saggiatore (1623) più di un secolo dopo. L’allievo di Euclide che ha colto la spiegazione si volta infatti, quasi di scatto, girando lo sguardo verso il cosmo di Zoroastro, mentre Tolomeo tiene come contrappunto in mano il globo terracqueo.

Certo, l’affresco è ricchissimo ancora di spunti e di personaggi incredibili! Basti pensare a Eraclito con il volto di Michelangelo come lui ipercritico e scontroso ... E con l’amato Alcibiade ecco Socrate, che vuol essere una mosca fastidiosa per i suoi concittadini, un «tafano», capace di rovesciare tutti i valori ritenuti per certi, compreso il giudizio sulla morte. E l’atomista Democrito, che considerava anche l’anima (occhio al mantello rosso) un aggregato di atomi, quindi mortale: un ateo dipinto nella biblioteca del papa. E il cinico Diogene cosa sta dicendo ad Alessandro Magno mentre sale incontro al suo maestro, Aristotele? E Inghirami, fra i contemporanei, perché Raffaello lo dipinge vicino a Pitagora e incoronato di foglie di vite? ◘

di Nadia Pucci


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