Dal mondo
La Repubblica Centroafricana è al collasso. La guerra interna nel Paese ha preso il via nel 2012. Ex colonia francese e grande esportatrice di materie prime e di uranio, è stata governata da diversi regimi militari senza riuscire a sviluppare una crescita economica e un regime politico stabili.
Nel 2016 è stato eletto Faustin Archange Touadéra e fino alla fine dello scorso anno la situazione era vicina alla calma.
A niente o quasi è poi servito l’accordo di pace firmato a giugno a Roma, presso la Comunità di Sant’Egidio, che prevedeva un cessate il fuoco immediato tra il governo della Repubblica Centrafricana e 14 gruppi ribelli armati.
Un quarto dei centrafricani è profugo, in parte sfollato (circa 700mila) all’interno dei confini nazionali, in parte rifugiato all’estero (altri 550mila). E quasi due milioni e mezzo di persone
hanno bisogno di aiuti umanitari internazionali. Un quadro allarmante, che diventa drammatico se consideriamo che 14 Province su 16 (l’80% del territorio) sono sotto il controllo di gruppi armati.
Sulla via della pacificazione, il fatto nuovo è l’accordo di pace firmato il 5 febbraio 2019, fra Governo e i 14 principali gruppi armati presenti nel Paese.
Il trattato prevede lo scioglimento di tutti i gruppi armati, ma il percorso che porterebbe al disarmo è difficile perché le stesse formazioni di guerriglieri controllano gran parte delle miniere di diamanti, oro, cobalto e mercurio del Paese.
Per cosa si combatte
Il Centrafrica è fra gli Stati più poveri del mondo, eppure dispone di ingenti materie prime, sia del suolo che del sottosuolo. Non solo il legname delle foreste, ma anche diamanti, oro, petrolio, uranio. Beni che fanno gola alle potenze internazionali, le quali non a caso si contendono l’appoggio del Governo locale: Francia e Cina, ma anche l’Iran (interessato all’uranio) e la new entry Russia sono gli attori principali, che agiscono spesso con l’appoggio locale di Ciad e Sudan.
Ad esempio, sono scesi dal Nord-Est, che confina con Ciad e Sudan, gli uomini armati che hanno dato origine alle milizie Seleka. Ne era seguita la guerra civile (2013) fra due gruppi belligeranti: Seleka e Anti-balaka. Oggi, il conflitto si è trasformato: sono nate altre fazioni e sottofazioni, gruppi armati, e anche nuclei che fanno puro e semplice banditismo. Ciascuno “gestisce” parti più o meno estese di territorio, che quindi è in gran parte fuori controllo. Scontri ed episodi di violenza sono diffusi in molte parti del Paese
Redazione