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Anarchico, rivoluzionario, tifernate

Personaggi. Fosco Falaschi

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“Per tutte le manifestazioni dell’odio vi è un antidoto unico, quello dell’amore; questo equilibro in cui nell’uomo il desiderio di amare è l’amore per il genere umano” (frammento da La cura del Odio).

Nel settembre 1936 vari giornali, sia di lingua spagnola che francese e italiana riportano un elenco di caduti in battaglia il 28 agosto nei dintorni di Huesca, agli albori di quella che è stata la guerra civile spagnola. Vogliamo qui ripercorrere la storia di uno dei caduti di quel giorno in quanto persona di origine tifernate che ha lasciato vari scritti su temi di lavoro e società da cui ancora oggi possono essere tratti spunti di riflessione.

Falaschi Fosco (detto Fausto) nacque a Città di Castello il 21-11-1899 figlio di Giuseppe e Pellegrini Enrichetta. Le difficili condizioni di vita di inizio '900 e la mancanza di lavoro stabile spingono il padre ad emigrare con tutta la famiglia in Argentina (partirono da Genova con la nave Sirio arrivando a Buenos Aires il 23/12/1905), stabilendosi a Tigre nella periferia bairense.

Crescendo, divenne operaio mattonaio e dimostrò forte interesse per le attività a difesa di lavoro e lavoratori, per cui dal 1919 si iscrisse al sindacato di categoria divenendo uno dei più attivi militanti della FORA (Federación Obrera Regional Argentina), sindacato di matrice anarchica in cui dal 1923 fu segretario della sezione fornaciai-mattonai e operai mosaicisti, dirigendone l’organo di stampa sindacale “El Obrero Ladrillero”. Collaborò anche alla redazione della “Protesta” periodico di Buenos Aires (ed al suo supplemento letterario) e fece parte del gruppo anarchico Umanità Nuova subendo un primo arresto il 22 maggio 1922 per incitamento allo sciopero. Considerato dalla polizia argentina come un “attivo agitatore comunista” subì altri arresti per la stessa motivazione (6/3/23 - 23/5/29 - 24/4/30) e fu sottoposto a misure di pubblica sicurezza. Negli anni dal 1920 al 1927 manifestò molte volte e poi, da segretario, promosse manifestazioni in favore della causa Sacco e Vanzetti, raccogliendo fondi per la loro difesa ed il tentativo di revisione processuale.

anarchico2In conseguenza della sua attività sovversiva (nel settembre 1930 come poi nel dicembre 1932 prese parte alle sollevazioni popolari in occasione dei colpi di Stato militari del generale Uriburu e del colonnello Cattaneo) e alla sua affiliazione alla sezione locale dell’Alleanza Antifascista Italiana, fu arrestato il 26 gennaio 1933 ed espulso dal Paese il 23 giugno (la mancanza di cittadinanza rese vani i tentativi del fronte sindacale di bloccare l’allontanamento), imbarcato a Buenos Aires sulla nave “Biancamano” il 4 luglio alla volta di Genova. Da lì il ritorno forzato alla natia Città di Castello, in cui giunge il 22 luglio 1933. L’avversione al regime fascista, la mancanza di legami familiari e la nostalgia per il lontano Sudamerica lo spingono a rendersi irreperibile già dall’agosto stesso quando verrà nuovamente arrestato a Moncenisio il giorno 31 per tentato espatrio clandestino. Viene condannato a 3 mesi di arresto, al cui termine, nel mese di dicembre, è tradotto a Città di Castello.

Nel mese di gennaio 1934 scompare nuovamente ai controlli della polizia, ma viene rintracciato a Napoli e ricondotto nuovamente nel tifernate. Tra Argentina e Spagna i compagni del sindacato raccolgono fondi a suo favore ed inviano in Italia una persona di fiducia con mezzi adeguati ad agevolarne la fuoriuscita. Dal 19/8/34 l’Ovra ne rileva l’abbandono del domicilio e l’irreperibilità per cui viene diramato un ordine di ricerca. Dopo l’espatrio clandestino in Francia non si conosce la data certa in cui arriva in Spagna a Barcellona (avrebbe dovuto essere tappa intermedia prima del suo ritorno in Argentina), ma José Ledo Limia (anarchico della FAI) nell’ottobre di quell’anno scrive di Falaschi al suo fianco con Miguel González Inestal e Benigno Mancebo, compagni nel gruppo d’azione “Los Intransigentes”, collaboratori di “Revolución Social” e partecipanti alle manifestazioni di rivolta di minatori e operai nelle Asturie. Falaschi si reca poi a Madrid, dove viene successivamente arrestato a causa di pubblicazioni non autorizzate (a cui lui non aveva contribuito), processato e detenuto in quella stessa città assieme ai compagni che lo ospitavano.

anarchico 3A partire dal gennaio 1936 sarà messa in atto una vasta campagna a supporto della loro liberazione, che giunge a seguito dell’amnistia concessa dopo che in febbraio il Fronte Popolare aveva conseguito la vittoria elettorale. Come la maggior parte degli anarchici, sceglie di tornare e fermarsi a Barcellona in Catalogna perchè bene accolti nelle organizzazioni del sindacato CNT. Falaschi viene considerato nell’ambiente come “d’una certa levatura intellettuale” e scrive per “Solidaridad Obrera” e per “Tierra y Libertad”. Egli riunisce attorno a sé una piccola cellula anarchica nella quale figuravano, tra gli altri, Gino Baleschi, Lorenzo Giusti, Settimo Guerrieri, Mario Margherite, Giuseppe Pessel ed Enrico Zambonini. Tutti avevano preso parte ai combattimenti del luglio 1936 a Barcellona quando s’era prodotto l’«alzamiento», e con la formazione della Sezione italiana della Colonna Ascaso iniziano l’addestramento nella caserma Bakunin (ex Pedralbes), da cui poi il nucleo iniziale di 120 combattenti viene inviato, suddiviso in due compagnie, sul fronte d’Aragona il 19 agosto 1936: la compagnia “macchine” sotto il comando di Mario Angeloni (insolito che gli anarchici accettassero la guida da parte di altri pensieri politici, ma il carisma dell’avvocato perugino superava le barriere ideologiche) e la compagnia “fucilieri” guidata da Carlo Rosselli.

Dopo una fermata a Vicien raggiungevano la zona dell’altipiano della Galocha in prossimità di Huesca, assegnata agli italiani e sovrastata da una collina (monte Aragón) che lo stesso Angeloni, comandante della colonna, ribattezzò “Monte Pelato”. L’importanza era strategica: l’altura dominava, e quindi consentiva di controllare, la strada camionabile che collegava Saragozza e Huesca. All’alba del 28 agosto 1936 le forze franchiste con cannoni e autoblinde attaccarono in massa, forti delle loro 700 unità contro i 120 fedeli alla Repubblica. Nei cruenti combattimenti durati oltre quattro ore il comandante Mario Angeloni fu il primo a cadere assieme ad altri sei difensori, tra cui lo stesso Fosco Falaschi colpito al ventre e morto anche lui dopo poche ore allo stesso ospedale di Sarinena. Venne poi seppellito nel piccolo cimitero di Vicien. La battaglia di Monte Pelato viene ricordata come il primo scontro della guerra civile spagnola in cui ci siano stati caduti italiani. Nelle settimane successive all’interno della Sezione Italiana vennero presto fondate due nuove squadre, di cui una intitolata a “Falaschi”, comandata da Tulli. Tra il '36 e il '38 alcune città spagnole dedicarono delle vie ai caduti di quel giorno: Barbastro ricordò Falaschi con l’attuale Calle de Pablo Sahun così ridenominata dai franchisti nel 1939. ◘

di Roberto Allegria


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