Giovedì, 28 Marzo 2024

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Fratelli tutti

malato terminale

Non è un caso che papa Francesco nel 2013 sia andato a Lampedusa per conoscere le vittime di un naufragio terribile che, in un primo momento, ha scosso la coscienza dell’Italia e dell’Europa. Purtroppo le memorie si cancellano alla svelta e c’è voluto il coraggio e la forza interiore di Francesco a ricordarci che dobbiamo ripartire dagli ultimi per rimanere umani. Purtroppo i luoghi di culto sono pieni di gente che non si china sulle vittime e passa oltre, come accade ai personaggi della parabola evangelica del buon samaritano.

L’enciclica Fratelli tutti parla di una fraternità universale più ampia e inclusiva e sottolinea la mansuetudine di coloro che hanno preferito farsi uccidere piuttosto che diventare fratricidi. Ricorda il santo di Assisi che seminò pace e camminò accanto ai poveri, agli abbandonati, ai malati, agli scartati, agli ultimi. Lo sguardo di Francesco è realistico, vede le ombre di un mondo chiuso, ripiegato su se stesso e sa bene che l’amore e la solidarietà non si raggiungono una volta per tutte. Anzi, in un mondo sempre più globalizzato le persone si sentono sempre più sole, non si sentono fratelli. Cresce la massa degli scartati, costretti a vivere in condizione di schiavitù, privati della libertà, ridotti a merce.

fratelli tutti1Nella situazione attuale i sentimenti di appartenenza a una medesima umanità si indeboliscono e predomina una fredda indifferenza; non ci rendiamo conto che siamo sulla stessa barca. La pandemia ci ha spinto a ripensare il nostro stile di vita, le nostre relazioni e il senso della nostra esistenza. L’osservazione di papa Francesco è categorica: «L’ossessione per uno stile di vita consumistico, soprattutto quando sono pochi a sostenerlo, potrà provocare soltanto violenza e distruzione reciproca».

Anche il fenomeno delle migrazioni deve essere guardato con altri occhi; un popolo è fecondo solo quando integra creativamente l’apertura agli altri e ci libera dalla paura di diventare intolleranti e razzisti. Quello di papa Francesco è un invito alla speranza: c’è nell’essere umano un anelito di vita e di pienezza che riempie il cuore e apre a nuovi orizzonti che rendono la vita più bella e dignitosa. Francesco ci invita alla corresponsabilità e a essere parte attiva nel sostegno alla società ferita e a coloro che prendono su di sé il dolore degli ultimi, invece di fomentare odi e risentimenti. «A volte – scrive il Papa – mi rattrista il fatto che la Chiesa abbia avuto tanto tempo per condannare con forza la schiavitù e le diverse forme di violenza». In fondo la dimensione fraterna della spiritualità e il riconoscimento della dignità di ogni persona fanno fatica a entrare nella mentalità comune per accogliere e amare tutti.

L’essere umano si realizza e si sviluppa solo attraverso un dono sincero di sé e l’amore crea legami, allarga l’esistenza, fa uscire da se stessi e andare verso l’altro. La sua dinamica non tende a isolarci, ma va verso una comunione universale, secondo l’espressione evangelica: «voi siete tutti fratelli». È importante creare coscienze capaci di riconoscere ognuno come persona unica e irripetibile e dare voce a coloro che sono discriminati per la condizione di disabilità e di disagio.

L’enciclica ci spinge a superare l’individualismo in cui stiamo sprofondando per recuperare il valore della solidarietà che si esprime nei gesti concreti e nella cura della casa comune nella quale viviamo. Sottolinea che «la tradizione cristiana non ha mai riconosciuto come assoluto e intoccabile il diritto alla proprietà privata e ha messo in risalto la funzione sociale di qualunque forma di proprietà privata». Il principio dell’uso comune dei beni creati per tutti è il primo principio di tutto l’ordinamento etico-sociale», è un diritto umano e prioritario.

L’affermazione che come esseri umani siamo fratelli non è solo un’astrazione, ma prende corpo, diventa concreta e ci pone di fronte a nuove sfide. I nazionalismi chiusi esprimono l’incapacità di gratuità e la persuasione di chiudersi e svilupparsi a spese degli altri. L’immigrato, ad esempio, è visto come un usurpatore che non offre nulla. È necessario invece lasciarsi interpellare da ciò che succede altrove e lasciarsi arricchire da altre culture. È una sintesi che va a beneficio di tutti.

Per realizzare la fraternità tra popoli e nazioni è necessaria la politica, che è l’arte di costruire il bene comune, senza sottomettersi all’economia e alla tecnocrazia efficientista. Abbiamo bisogno di riformare le istituzioni e di superare le pressioni e l’inerzia a cui sono sottoposte. Papa Francesco insiste: la politica è una voce altissima, è una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune. Nel momento in cui le persone sono ridotte a individui, la buona politica cerca di costruire tessuti sociali che creano equilibrio ed evitano gli effetti disgreganti della globalizzazione. Lo spirito della politica, comunque, è sempre un amore preferenziale per gli ultimi. «I più deboli, i più poveri debbono intenerirci: hanno il diritto di prenderci l’anima e il cuore. Sì, essi sono nostri fratelli e come tali dobbiamo amarli e trattarli».

fratelli tutti2Un’altra sottolineatura dell’enciclica è l’importanza del dialogo. Gli artefici del futuro sono coloro che ascoltano con rispetto la parola dell’altro senza imporre il proprio punto di vista. Un autentico spirito di dialogo permette di accogliere l’altro anche senza capirlo fino in fondo e senza abbandonare le proprie convinzioni. La vita è l’arte dell’incontro e tende a formare quel poliedro che ha tante facce che si integrano reciprocamente e si illuminano a vicenda. Ogni persona può imparare dall’altra, perché nessuno è inutile o superfluo. Francesco insiste su un patto sociale realistico e inclusivo che rispetti le diverse visioni del mondo e le differenti culture e possa esprimere gesti di gentilezza e conforto invece che irritazione e disprezzo.

«Occorrono percorsi di pace che conducano a rimarginare le ferite e inizino processi di guarigione dopo i conflitti. È un processo paziente di verità e di giustizia, che onora la memoria delle vittime e che apre passo dopo passo a una speranza comune, più forte della vendetta». Ogni violenza genera violenza, l’odio genera altro odio. È urgente spezzare questa catena ineluttabile. Ognuno può scrivere una nuova pagina di storia, piena di speranza, di pace, di riconciliazione. Ma sono soprattutto gli ultimi della società a essere offesi da atteggiamenti ingiusti, è sempre da loro che bisogna ricominciare. Per papa Francesco la vera riconciliazione «non si ottiene dal conflitto, superandolo attraverso una trattativa trasparente, sincera e paziente». Ha bisogno di memoria e di chi non dimentica le innumerevoli vittime che noi umani siamo stati capaci di provocare.

Per questo il Papa chiude definitivamente il capitolo della pena di morte che affiora continuamente nella dottrina cattolica e apre invece il sentiero delle religioni perché esse possano essere al servizio della fraternità universale. Come aveva spiegato con grande lucidità Raimon Panikkar, le religioni sono invitate alla conversione, per essere fedeli all’ispirazione che le ha fatte nascere, offrendo una testimonianza comune dell’amore di Dio verso tutti e collaborando al servizio dell’umanità. ◘

 

di Achille Rossi


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