Venerdì, 29 Marzo 2024

libreria acquista online

Bolivia vince

America Latina. Elezioni in Bolivia: il voto contagia il continente sudamericano

silvia romano2

Il Movimento Al Socialismo (Mas), i movimenti indigeni, sociali, comunitari, i popoli dello Stato Plurinazionale di Bolivia hanno dato domenica 18 ottobre una lezione a tutti: alla destra più razzista dell’America Latina, alla gerarchia cattolica più razzista e antibergogliana, a Trump, agli Stati Uniti, all’Oea, all’Europa, a Elon Musk e alle vampiriche transnazionali globali.

Con una vittoria al di là di qualsiasi ottimistica previsione (55,10%), il Mas distanzia di 27 punti il candidato della destra Carlos Mesa (28,3%), e cancella il fascista Camacho, relegandolo nell’enclave di Santa Cruz. Una elezione che fa recuperare la democrazia al Paese che detiene il record mondiale di colpi di Stato, 183 dopo l’indipendenza dalla Spagna, che spazza via la narrazione della “frode elettorale”, che non c’è mai stata. Evo Morales aveva vinto legalmente e legittimamente le elezioni. Il falso rapporto sulla frode fu costruito dalla Organizzazione degli Stati Americani (Oea), l’ufficio per le colonie degli Stati Uniti, e personalmente dal suo segretario, Luis Almagro, un personaggio uscito dalle peggiori cloache della diplomazia dell’Impero.

Il falso rapporto dell’Oea non fu un elemento esterno e precedente, ma fondamentale e costitutivo del golpe stesso, la miccia che avrebbe innescato l’esplosione, secondo il piano concordato direttamente con l’ambasciatore degli Stati Uniti e con la Cia. Sarebbero seguite le sommosse dell’ultradestra e dei gruppi paramilitari fascisti, poi l’ammutinamento della polizia e delle forze armate e infine l’insediamento di un regime civico-militare di estrema destra. E così è stato.

Questa vittoria elettorale, in queste dimensioni, spazza via tutto ciò. Il Mas si riprende il governo del Paese con l’elezione quali Presidente e Vicepresidente di due dei suoi più prestigiosi dirigenti: Luis Arce Catacora, ex Ministro dello sviluppo e protagonista del boom economico boliviano, e David Choquehuanca, leader e filosofo aymara ed ex Ministro degli Esteri. Restituisce onore e legittimità a Evo Morales, come dirigente politico e come Capo di Stato onesto, che non vuol dire infallibile. Che ha commesso errori come qualsiasi altro ne avrebbe commessi in una realtà difficilissima. Ha ereditato un Paese totalmente etero-comandato dagli Stati Uniti e sfruttato, nelle sue risorse naturali e in quelle umane, senza istituzioni democratiche, senza partiti, sostituiti da gruppi di interesse legati alle transnazionali e alle élite bianche e minoritarie. Il 65% indigeno della popolazione era escluso, senza diritti né riconoscimento umano, sociale, giuridico. Al netto degli errori, i tredici anni dei governi del Mas e di Evo Morales sono stati gli unici nella storia della Bolivia nei quali si è affermato un progetto di governo che ha prodotto inclusione sociale, distribuzione della ricchezza, crescita economica, attenzione alle fasce storicamente escluse, recupero della sovranità sulle istituzioni statali e sulle risorse naturali. Stravolgendo avvenimenti ormai definitivamente noti, alcuni affermano che gli eventi sono la conseguenza della fuga di Evo Morales. Una menzogna.

bolivia vince2Dopo il golpe militare è partita la caccia ai dirigenti del Mas, ai leader sociali, sindacali e comunitari. La casa di Evo Morales, quella di sua sorella e di altri parenti sono state saccheggiate e bruciate dai gruppi paramilitari fascisti e dai membri delle forze armate che agivano in congiunto. Evo si è salvato solo grazie alla protezione delle popolazioni del Chapare, che hanno impedito ai militari di entrare e lo hanno fisicamente caricato nell’aereo che poi lo ha portato in salvo in Messico. Altrimenti sarebbe stato ucciso. Nelle stesse ore in cui si scatenava la repressione, con massacri (Senkata, Sacaba, El Alto…), assassinii (l’ultimo quello di pochi giorni fa del leader “minero” Orlando Gutiérrez), con arresti arbitrari (più di 1.000), persecuzioni, esilio. Evo avrebbe potuto chiamare il popolo alla rivolta, mobilitare operai, contadini, minatori e i tanti sostenitori sui quali il Mas poteva e può contare. Ma sarebbe stata una guerra, una strage. Quella di Evo Morales e del Mas è stata la scelta responsabile di un gruppo dirigente che ha considerato innanzitutto la vita della loro gente prima dei propri destini personali.

Ma focalizzarci sulle dinamiche degli eventi rischia di non farci comprendere quali sono le vere ragioni di un golpe pianificato e realizzato dagli Stati Uniti e dalle grandi transnazionali: impadronirsi delle grandi ricchezze della Bolivia e cancellare una esperienza di governo originale, antiliberista e inclusiva. Evo Morales e il Mas hanno approvato una Costituzione che definisce la Bolivia come “Stato Plurinazionale” che riconosce le 36 nazionalità indigene originarie e le tante espressioni del meraviglioso pluriverso umano e culturale boliviano. Con la Costituzione approvata nel 2009, viene introdotto Montesquieu e cancellata la prerogativa di religione di Stato alla religione cattolica, facendo entrare anche nell’ordinamento istituzionale e costituzionale boliviano la divisione dei poteri. Come in qualsiasi democrazia europea e liberaldemocratica.

Ma non in tutti i continenti valgono gli stessi principi, in Bolivia una democrazia che si definisce Stato laico è considerata un affronto e un’eresia. Furono nazionalizzate le imprese più importanti. Il 1° maggio 2006 Morales decretò la nazionalizzazione definitiva di tutte le risorse idrocarburifere. Le imprese che stavano sfruttando le risorse potevano solo partecipare in società miste nelle quali era lo Stato boliviano a detenere la maggioranza, a incaricarsi della commercializzazione, della determinazione delle condizioni, dei volumi e del prezzo. Con questa scelta allo Stato boliviano resta l’82% degli introiti e alle industrie straniere il 18%. Analoga legislazione fu emessa sulla distribuzione delle terre con l’attribuzione di titoli di proprietà di terre statali a campesinos poveri, in particolare indigeni. Seguì la nazionalizzazione del latifondo e la redistribuzione ai contadini che fino ad allora erano vissuti in condizioni di estrema povertà. Poi è arrivata la nazionalizzazione della principale società telefonica, Entel, della industria cementiera Fancesa, delle miniere di Huanuni e Colquiri, del servizio di produzione e distribuzione dell’energia elettrica. Intollerabile per le transnazionali che fino ad allora avevano gestito il Paese e le sue risorse in forma monopolistica.

Ma l’affronto peggiore arriva nel 2009, quando in Costituzione viene affermato che “tutte le risorse naturali della Bolivia appartengono al popolo boliviano”. Compreso il litio.

image 153Con le nazionalizzazioni i governi del Mas avevano convertito la Bolivia nel principale attore nel mercato del litio, un minerale che oggi ha un valore strategico, tale da cambiare la geopolitica globale. Nel Salar di Uyuni si concentrano le maggiori riserve del mondo. “Il metallo del futuro”, “l’oro bianco”, è indispensabile per la produzione di batterie, apparati elettronici e auto elettriche. E allora perchè stupirsi per il coinvolgimento nel golpe in Bolivia di un personaggio come Elon Musk, magnate sudafricano/statunitense proprietario di Tesla, maggior produttore di auto elettriche al mondo. A chi gli contestava il coinvolgimento nel golpe per il litio, pubblicamente ha risposto: «Noi rovesciamo chiunque vogliamo. Fatevene una ragione». Il coinvolgimento delle transnazionali in colpi di Stato non è una novità, ma una così sfacciata arroganza nel vantarsi di tali azioni è il segno dei tempi. È la coerente criminalità di potentati post-democratici involuti in neoliberismo-feudale la cui azione di conquista non si esercita più nel rispetto delle leggi ma attraverso l’esclusivo esercizio della forza. La Bolivia si è opposta a tutto ciò, e ha vinto. ◘

Di Luiano Neri


Editoriale l'altrapagina Soc. Coop.
Sede Legale: Via della Costituzione 2
06012 Città di Castello (PG)
Responsabile: Antonio Guerrini
Info Privacy & Cookie Law (GDPR)

Seguici anche su:

Dati legali

P.IVA 01418010540
Numero REA: pg 138533
E-mail: segreteria@altrapagina.it
Pec: altrapagine@pec.it
ISSN 2784-9678

Redazione l'altrapagina

Telefono: +39 075 855.81.15
dal Lunedì al Venerdì dalle 09.00 alle 12.00