DOSSIER: Raimon Panikkar: un pensatore profetico
Sono sempre stato in difficoltà nel tratteggiare la figura di Panikkar e nel ricordarne la memoria, tanto è intessuta di emozioni, di silenzi, di incontri che solo la discrezione e la delicatezza possono mantenere. Sono frammenti di vita che gettano un po’ di luce su una personalità complessa, che si può intuire dai riflessi che emergono nell’agire e nel parlare quotidiano. Chi può essere scoraggiato da un’opera monumentale di Panikkar, che abbraccia una quindicina di grandi temi e che tocca tutti gli aspetti dell’esperienza umana, può scoprire, quasi di sbieco, un grande pensatore, un maestro spirituale, un uomo autentico, con tutte le limitazioni che l’umanità comporta.
Nella sua attività ha prodotto una sessantina di opere, scritti che sono nati da incontri occasionali che gli amici hanno raccolto in forma di libri. Come i grandi maestri dell’antichità Panikkar ha seminato nel cuore degli uomini, con l’umiltà del seme e la pazienza dell’agricoltore. Ha attraversato interi continenti culturali, come l’induismo e il buddhismo, non con l’atteggiamento dello studioso, ma da autentico contemplativo che ha giocato la propria vita. Ha sempre sfiorato la vertigine come se il suo destino fosse quello di inoltrarsi in sentieri sconosciuti.
La sua vera missione è stata quella di allenare le persone al dialogo, gettando ponti di comprensione tra le culture umane. Un’arte che aveva imparato fin dall’infanzia armonizzando la cultura della madre con quella indù del padre. Era davvero un autentico pontefice, nel senso etimologico del termine. Nel suo atteggiamento non c’era alcuna forma di disprezzo, ma una luminosità che colpiva l’interlocutore. Un vero mistico, che coltiva le tre dimensioni essenziali: il divino, l’umano, il cosmico. Pur avendo la stoffa del filosofo, Panikkar ha cercato soprattutto la sapienza dell’amore, il tesoro più prezioso degli esseri umani.
Di Achille Rossi