Il Sindaco Luciano Bacchetta, dopo le elezioni amministrative della primavera 2021, vorrà avere per sé la presidenza del Consiglio comunale. Ce lo dicono in tanti. In troppi per non esserci un fondo di verità. Perché questa presidenza? Naturalmente per continuare a esercitare un ruolo di primo piano nella politica tifernate, visto che le ambizioni regionali sono ormai precluse.
Se sono vere le chiacchiere, dunque, la questione centrale delle prossime elezioni comunali non è il destino dei circa 40.000 residenti del Comune di Città di Castello, ma quello di “uno” di essi: l’attuale Sindaco. C’è proprio da sperare che Bacchetta, che dice di amare la città, smentisca perentoriamente le insinuazioni. Una dichiarazione del tipo: «Non me ne frega niente della Presidenza del consiglio! Pensiamo solo a formare una vasta alleanza di Centro-Sinistra in grado di battere la Destra!». Lo farà?
Già, perché la questione non è di poco conto. Pesa come un macigno sul confronto politico in vista delle prossime elezioni, ahimé tutto e solo confinato tra gli addetti ai lavori. Bacchetta, che è birbo!, sa – e fa sapere – che senza il suo nutrito pacchetto di voti il Centro-sinistra non va da nessuna parte. Può quindi porre condizioni pesanti. Ma è altrettanto vero che ci sono frange importanti del Centro-sinistra che non ne possono più di Bacchetta e chiedono la fatidica “discontinuità”. Parliamo non solo dei civici di Castello Cambia, dei Verdi e della Sinistra, ma pure di settori significativi del Pd.
Il problema, a parte Bacchetta, è proprio il Pd. Frammentato come non mai, autodistruttivo, inconsistente, privo di quel minimo carisma che ci si attenderebbe da un partito di maggioranza relativa. Da parecchio tempo è teatro di una “guerra per bande”; bande in senso politico ovviamente... C’è quella di Luca Secondi, agguerrita, che lavora alacremente e alla luce del sole per la sua candidatura; c’è poi quella di Morra, che astutamente cerca di non scoprire troppo presto le carte; ci sono gli avventurieri che hanno provato a costruire la candidatura del professor Rosario Salvato (a proposito, sembra che il professore l’abbiano già cotto a fuoco lento e se lo siano mangiato…); ci sono poi le pattuglie di incursori che cercano di insinuarsi tra i giochi di potere per aprire la strada o a Luciana Bassini o a Cristian Goracci; ci sarebbe pure la residua soldataglia dei nostri due deputati, Valter Verini e Anna Ascani, che però sembrano del tutto emarginati dalle beghe locali. Un momento, dimenticavo: nel Pd c’è pure un’esigua schiera di persone che ha compreso che la barca sta affondando, che è necessario aprire un dialogo senza pregiudiziali con tutte le componenti del Centro-sinistra, che c’è bisogno di confrontarsi sui progetti da proporre all’elettorato e che la cosiddetta “discontinuità” non può essere una vuota parola. Peccato che questa esigua schiera, al momento, non conti niente…
Mentre ci balocchiamo con tutte queste chiacchiere sulle candidature a Sindaco, constatiamo che non c’è differenza tra Centro-sinistra e Centro-destra: i meccanismi di potere, le logiche spartitorie e lo stile sono gli stessi. Sicuro della vittoria, il Centro-destra aspetta che la “rossa” Città di Castello gli cada tra le mani come una pera matura. Non progetta una alternativa per la città, non fa crescere una nuova classe dirigente, non fa niente. E intanto raccoglie i primi frutti della conquista della Regione. Le clientele, si sa, non guardano troppo al colore politico; si spostano verso chi tutela gli interessi…
Tuttavia il Centro-destra un errore madornale rischia di farlo: quello di sbagliare candidatura. Andrea Lignani Marchesani sta facendo di tutto per imporre la propria. La Lega, che dovrebbe farlo votare alla sua base, si è resa conto che non è una candidatura vincente. Sanno che Lignani non solo è stato già sconfitto una volta, ma non rappresenta affatto il “nuovo” da contrapporre all’attuale sistema imperante.
Gli strateghi del Centro-sinistra si fregano dunque le mani: con Lignani candidato è possibile conservare il Comune! Il ragionamento è semplice: Lignani non può vincere al primo turno e andrà al ballottaggio. A quel punto, la parte decisiva dell’elettorato, con le sue clientele, preferirà lasciare al potere quelli che ci sono. Meglio l’usato sicuro che un “nuovo” che nuovo non è.
Al momento, ci sembra, sta prevalendo la presuntuosa baldanza di entrambi gli schieramenti, convinti che l’elettorato tifernate alla fine si adeguerà a qualsiasi candidato gli venga proposto dai loro apparati politici. Una presunzione che rischiano di pagare a caro prezzo. La recente tornata di elezioni regionali e amministrative ha dimostrato che gli elettori vogliono ragionare con la loro testa.
Di Valentina Ranocchia