Venerdì, 29 Marzo 2024

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La guerra nascosta

La Turchia ha assoldato mercenari islamisti siriani per combattere a fianco dei musulmani azeri contro i cristiani armeni. Il mondo sta a guardare immobile una guerra che può mettere a rischio la pace mondiale

silvia romano2

Una fonte di informazione turca conosciuta a l’altrapagina (per ragioni di sicurezza non nominata) invia notizie allarmanti sul conflitto armato scoppiato da poche settimane tra armeni e azeri, per assicurarsi il predominio sul Nagorno-Karabakh. La guerra assume fatalmente connotazioni confessionali: gli armeni sono in maggioranza cristiani; gli azeri per l'85% sono musulmani. Il rischio che dietro dispute di natura politica possano riprendere corpo antichi odi religiosi e possa riaprirsi la ferita mai chiusa di un nuovo genocidio degli armeni, come un secolo fa, è dietro l’angolo.

La guerra tra Azerbaigian e Armenia è scoppiata nel 1991, quando la dissoluzione dell’Unione Sovietica spinse la popolazione del Nagorno-Karabakh a maggioranza armena a separarsi dall’Azerbaigian. Le violenze tra Baku (capitale dell’Azerbaigian) e Yerevan (capitale dell’Armenia) portarono da entrambe le parti a una pulizia etnica. Il conflitto, cessato nel 1994 con la proclamazione dell’indipendenza del Nagorno-Karabakh, non ha pacificato le aspirazioni dei due Paesi che rivendicano entrambi il possesso di quella regione: per motivi indentitari gli armeni, per motivi territoriali gli azeri. La guerra ha già prodotto 30 mila morti e un milione di sfollati.

Decisivi sulla natura del conflitto sono di più gli attori esterni che quelli interni: nella fattispecie Russia e Turchia che si trovano su opposte barricate. La Russia è schierata a favore degli armeni e la Turchia per ragioni storiche e religiose sta dalla parte degli azeri. Peraltro, entrambe le potenze hanno forti interessi economici in quell'area caucasica. La Turchia ha instaurato importanti scambi commerciali con l’Azerbaigian, che è anche un fornitore energetico primario per Ankara, mentre la Russia ha sviluppato forti scambi di natura commerciale, legati soprattutto alla fornitura di armamenti a entrambi i contendenti. Ma al di là di questi elementi che complicano ancora di più il quadro, è indubbio che sul Caucaso la Russia ha un peso enormemente superiore a quello della Turchia, perché si tratta di un’area sulla quale non può permettersi di perdere una influenza storicamente consolidata. La presenza del petrolio (l’Italia è uno dei principali partner commerciali dell’Azerbaigian da cui ottiene petrolio e gas) ha attirato gli interessi di molti paesi vicini. Israele considera l’Azerbaigian un alleato strategico fondamentale, sia perché è il suo maggior fornitore di armi, sia perché acquista il suo petrolio. Un’alleanza che paradossalmente lo riavvicina alla Turchia con cui ufficialmente i rapporti sono molto tesi, soprattutto dopo gli accordi stipulati da Israele con l’Arabia Saudita e con i Paesi del Golfo. Ma in questo intreccio altalenante di interessi geostrategici ed economici, nell’area si apre anche un possibile scenario iraniano legato allo stretto legame che si è creato tra Israele e Azerbaigian, che viene guardato con sospetto dall’Iran sciita. Azerbaigian e Iran infatti sono Paesi confinanti e tale vicinanza offre a Israele uno sbocco diretto sul Paese degli ayatollah.

Nel Nagorno-Karabakh quindi si riannodano i fili di tutte le tensioni che in questo momento infiammano il Medio Oriente, dalla Siria allo Yemen, da Israele all’Arabia Saudita, dai Paesi del Golfo al Caucaso e alla Bielorussia. Come se non bastasse, ci spiega la fonte vicina a l’altrapagina, a complicare ancora di più le cose è la notizia che la Turchia ha assoldato 4mila mercenari siriani dell’Isis per combattere contro gli armeni, notizia confermata da fonti di AsiaNews.it e dall’"Osservatorio per i diritti umani" in Siria. «Ankara li ha ingaggiati per 1800 dollari al mese, per tre mesi. È una guerra santa di musulmani contro cristiani» afferma AsiaNews.it. Il Premier armeno Nikol Pashinian ha dichiarato: «Se non si ferma in tempo, la guerra in Caucaso rischia di destabilizzare la pace mondiale». È evidente che tale notizia conferma in modo eloquente la svolta espansionistica impressa da Erdogan alla sua politica di potenza per riaffermare il primato sull’intera area mediorientale, estendendo la propria influenza su quelli che a fine '800 erano i confini dell’Impero ottomano: a ovest verso la Russia e a est verso il Mediterraneo. È evidente che questo tentativo annessionista di Ankara con l’appoggio dato a Baku possa evocare antichi fantasmi e i fanatismi mai sopiti del genocidio degli armeni di un secolo fa. L’Armenia non può non percepire come un incubo la presenza di un Azerbaigian appoggiato dal gigante turco. Anche se le motivazioni che stanno alla base del conflitto attuale sono di natura strategica ed economica, bisogna tener conto che quella ferita non è mai stata rimarginata, né dai turchi né dalla comunità internazionale. Le minoranze cristiane che vivono in Turchia, in Siria e nell’area del conflitto mediorientale temono che la Storia possa precipitare di nuovo nell’incubo del terrore genocidario.

La Turchia smentisce il suo coinvolgimento in appoggio all’Azerbaigian, ma molti osservatori sostengono il contrario. Il presidente della Repubblica del Karabakh, Arayik Arutyiunian, ha dichiarato: «Questa non è una guerra fra Karabakh e Azerbaigian. È una guerra diretta della Turchia, dei mercenari a fianco di 10 milioni di azeri, contro i 3 milioni di armeni. Guerra confessionale». «È una guerra per l’esistenza – ha continuato Arutyiunian – una guerra in cui essi possono perdere; ma noi non possiamo permetterci questo lusso. Ogni sconfitta significa per noi la fine della nostra nazione. Questa è la nostra patria, altra non ne abbiamo, e vinceremo perché noi combattiamo per la nostra esistenza. Gli azeri e la Turchia combattono per espansionismo e per odio razziale anti-armeno».

Se la Russia non riuscirà a spegnere l’incendio del Caucaso, un altro focolaio di guerra aggiungerà benzina infiammabile in un’area già satura di armi e di morti, col rischio di far deflagrare un conflitto le cui ripercussioni potrebbero diventare spaventosamente incontrollabili. ◘

Redazione Altra Pagina


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