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Archeologo e architetto

DOSSIER - Raffaello: 500 anni dalla morte. Colloquio col professor Arnold Nesselrath

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A questo proposito abbiamo avuto una lunga conversazione con lo storico dell’arte Arnold Nesselrath, già direttore del Dipartimento d’arte bizantina, medievale e moderna e delegato per i reparti scientifici e i laboratori dei Musei Vaticani, nonché professore di Storia dell’arte all’Università Humboldt di Berlino. Una sua importante monografia sul Sanzio esce a ottobre per Rizzoli: ce ne fornisce qui alcune anticipazioni.

Nel 1983 il prof. Nesselrath presentò il metodo archeologico di Raffaello in un convegno organizzato dalla Biblioteca Hertziana e dai Musei Vaticani, evidenziando come il Sanzio impiegasse già il metodo generalmente identificato con il cosiddetto padre dell’archeologia Johann Joachim Winckelmann (1717-1768). L’Urbinate - che quando morì fu pianto più come archeologo che come pittore o architetto - riusciva a distinguere tutti i rilievi e le membra architettoniche di reimpiego nell’arco di Costantino, mostrando tramite la critica stilistica un livello di conoscenza raggiunto solo all’inizio del XX secolo. Le sue qualità - tra cui un occhio finissimo di studioso, scienziato e ricercatore - spinsero Papa Leone X a conferirgli prestigiosi incarichi per la conservazione e la cultura antiquaria. Raffaello raccoglieva i materiali: per dare un giudizio stilistico occorreva avere una conoscenza profonda dei monumenti. A questo si aggiungevano l’antico trattato sull’architettura di Vitruvio, il viaggio a Tivoli e a Villa Adriana, la sua collaborazione con Marco Fabio Calvo, che tradusse in volgare il De Architectura (ora nel codice It. 37 della Bayerische Staatsbibliothek di Monaco) dell’architetto romano. Il Calvo attesta che la traduzione fu commissionata da Raffaello ed eseguita nella sua dimora romana; a margine ci sono commenti e correzioni, oltre a qualche disegnino, di mano dell’Urbinate. In collegamento a ciò vanno citati alcuni disegni del codice di Fossombrone (prodotto nella cerchia di Raffaello): sono illustrazioni di Vitruvio a rovescio, segno che servivano per trarne delle xilografie. Da tutto ciò si desume che il Sanzio aveva intenzione di curare la prima edizione illustrata in volgare del testo di Vitruvio, pubblicato in latino e illustrato nel 1511 da Fra Giocondo, che era in costante rapporto con l’Urbinate relativamente alla Fabbrica di San Pietro. Raffaello voleva andare oltre: commissionò la traduzione per pubblicarla.

Nella mostra alle Scuderie del Quirinale una sala evidenzia il ruolo della cultura antiquaria nella vita raffaellesca, testimoniata anche dalla sua lettera a Leone X e dal trattato di Francesco di Giorgio Martini, architetto forse da lui frequentato a Urbino perché amico del padre. Grazie a Francesco Paolo Di Teodoro, uno dei curatori della mostra, lo Stato italiano acquisì l’autografo della lettera di Baldassarre Castiglione a Papa Leone X. A Roma, ad aprile scorso, il Ministero degli Esteri avrebbe voluto aprire Villa Madama. Raffaello trasse da Plinio l’idea del suo cortile rotondo (rimasto a metà), discutendola col collaboratore Antonio da Sangallo il Giovane, che ne eseguì la pianta (in mostra alle Scuderie). Ad Antonio si devono disegni dei progetti del Sanzio che, grande regista, coordinava la bottega. Roma, dopo il ritorno dei papi da Avignone a fine Trecento, era in costante evoluzione e i cantieri si succedevano con intensità. Oltre a Bramante, anche Raffaello ne fu coinvolto: gli studi archeologici rivestirono particolare importanza in questo contesto. I disegni dall’antico che vengono ripetuti dal Sanzio nella sua bottega, contenuti nei libri dei disegni attorno al 1520, furono tra l’altro copiati da quelli di Francesco di Giorgio, deceduto nel 1502.

John Shearman in Raphael the born architect? evidenziò che in Raffaello pittura e architettura rivestivano pari importanza. Si presume che ambedue le arti gli fossero state trasmesse dal padre (basti vedere come Giovanni organizzò lo spazio interno della cappella Tiranni a Cagli). Il primo disegno conosciuto di Raffaello (ora al museo di Lille) è preparatorio per la Pala di San Nicola da Tolentino e presenta alcuni ulteriori motivi. Il Sanzio lo eseguì non ancora diciassettenne; contiene tra l’altro un piccolo disegno ortogonale (il metodo che descriverà vent’anni dopo nella lettera a Leone X). L’alzato nello stile del Palazzo Ducale di Urbino, un’alternativa o un progetto precedente, mostra che il giovane già si interessava e aveva le capacità di rendere l’architettura. Tale sua solida cultura è testimoniata dall’affresco della Scuola di Atene: non si può comprendere la sua pittura disconoscendone l’apporto architettonico.

archeologo2Altro architetto che il Santi osservò fu Bramante, la cui scala a chiocciola in Vaticano è affascinante per quanto concerne gli elementi resi stereometricamente nella sintassi degli ordini. Bramante era di Castel Durante e, in mancanza di fonti, non si sa se fossero parenti. Taluni ritengono che si debba a Donato l’arrivo a Roma di Raffaello, che era comunque già abbastanza noto, avendo lavorato a Siena (alla libreria Piccolomini col Pinturicchio), a Firenze, a Perugia ed avendo superato il Perugino nello Sposalizio della Vergine.

Si ignora dove Raffaello abitasse a Roma e dove eseguì le opere. Comprò il Palazzo Caprini nel Borgo vicino a San Pietro nel 1517, ma rimangono un mistero sia il luogo della precedente dimora sia quello dove creò i cartoni per gli arazzi della Cappella Sistina, per cui abbisognava di molto spazio.

Palazzo Caprini era uno dei primi edifici costruiti a Roma da Bramante. Probabilmente Raffaello morì lì, c’erano spazi per dipingere la Trasfigurazione che, come riporta Vasari, fu il quadro che stava sopra il letto di morte del Sanzio. Nel 1519 Raffaello volle costruirsi una nuova casa in via Giulia, in un angolo complicato e irregolare, ma aveva l’esperienza del Palazzo Jacopo da Brescia e immaginò una pianta interessantissima. Non ebbe però il tempo di realizzarla: il disegno, non autografo, è agli Uffizi. Di palazzo Caprini, distrutto nel Seicento, rimase un angolo a lato del Palazzo dei Penitenzieri; prima dell’apertura di via della Conciliazione se ne mostrava una stanza affermando, plausibilmente, che facesse parte della casa di Raffaello.

Nel 1509 il Santi progettò la chiesa di S. Eligio degli Orefici: iniziata non prima del 1514, costituì una delle sue prime opere a Roma e un biglietto da visita per la nomina ad architetto della Fabbrica di San Pietro (sul letto di morte Bramante lo aveva raccomandato al pontefice quale successore). Semplice e accogliente, S. Eligio fu trasformata e sono necessari altri studi per comprenderne le modifiche di Baldassarre Peruzzi e altri, soprattutto di Flaminio Ponzio.

Il palazzo eseguito dal Sanzio per Giovanni Battista Branconio dell’Aquila - personalità raffinata, amico dell’artista e di Leone X, custode del famoso elefante Annone - fu sacrificato nel Seicento al colonnato del Bernini, ma ne esistono alcuni rilievi e stampe tra cui un disegno del 1560 ca. di G.B. Naldini conservato agli Uffizi. Era forse il più bel palazzo dell’epoca: Raffaello vi andò oltre lo schema bramantesco, aprendo tutto il basamento con l’ordine dorico e mettendo in facciata le arcate (che gli architetti precedenti collocavano principalmente nel cortile interno). Il Santi decora la facciata superiore con stucchi di Giovanni da Udine: la comprensione dell’antichità gli permetteva di sviluppare gli stili antichi e portarli all’epoca moderna in modo creativo.

Nesselrath e Fabrizio Mancinelli (+ 1994) si sono occupati sin dal 1982 dei restauri degli affreschi nella Stanza dell’Incendio di Borgo in Vaticano. Cercavano tra l’altro di capire quanti artisti ci avessero lavorato; osservarono che, dalla scena dell’Incendio di Borgo a quella dell’Incoronazione dell’Imperatore, il metodo cambiava. Questa significativa scoperta mostrò la grande capacità di Raffaello di formare un’équipe.

Giovanni da Udine - grande collaboratore, disegnatore di animali, piante, grottesche - fu capace di formare i giovani quando il Santi era impegnato in opere architettoniche. L’accompagnò alla Domus aurea neroniana in vista della decorazione della Stufetta del Cardinal Bibbiena, educatore e consulente di Leone X, molto amico di Raffaello. Di Giovanni da Udine sono le misure autografe su disegno di Raffaello (in mostra alle Scuderie, proveniente da Washington) del cavallo di Monte Cavallo davanti al Quirinale.

Alessandro Viscogliosi ha identificato nove disegni di Antonio da Sangallo il Giovane della zona dei Fori Imperiali realizzati col metodo descritto da Raffaello nella lettera a Leone X; tramite queste opere (esposte alle Scuderie) lo studioso mostra come fosse la pianta archeologica che Raffaello aveva progettato per tale Papa.

Le Logge vaticane, che già Vasari informa essere state dipinte da vari artisti, furono inizialmente progettate da Bramante. Raffaello le modificò realizzandovi delle volte a padiglione per potervi dipingere le scene della sua cosiddetta Bibbia.

Lo spazio interno della cappella Chigi - luogo di sepoltura del banchiere senese Agostino Chigi - viene sviluppato da una combinazione - in dimensioni ridotte - della crociera di San Pietro e del Pantheon. Il Sanzio nei materiali costruttivi eguaglia i classici; lo scalino d’entrata, in un grande blocco di marmo antico, richiama la soglia del Pantheon. L’ordine corinzio riprende quello del Pantheon e del nuovo San Pietro; la cupola allude all’edificio antico come a quello moderno, quindi la cappella si ispira all’antico come al moderno, creazione in cui vengono inoltre inseriti la scultura e un mezzo raramente adoperato come i mosaici della cupola: è opera d’arte totale, un intero cosmo che arriva sino alle rappresentazioni stellari musive.

In Palazzo Alberini Cicciaporci Raffaello riduce sempre più gli ordini classici, arrivando ad esprimere la struttura architettonica con mezzi molto ridotti come un bugnato liscio e lesene: lavora con i piani sottili da rilievo, ha comunque una suddivisione molto chiara delle proporzioni.

L’Urbinate riusciva a creare secondo i concetti classici filtrati dalle opere di Bramante. Basandosi sull’antico, usando vari materiali tra cui marmi colorati, mostra una linearità dell’architettura in cui la sintassi è sempre costituita dall’ordine e dalle proporzioni.

A cura di Maria Sensi


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