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Raffaello e la mostra di Roma

DOSSIER - Raffaello: 500 anni dalla morte

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Il cinquecentenario della morte di Raffaello è l'occasione per ricordare uno dei più grandi artisti  del Rinascimento, un personaggio poliedrico e per certi aspetti sconosciuto. Interviene Francesco Paolo di Teodoro, Storico dell'Arte, professore presso il Politecnico di Torino.

La mostra «Raffaello 1520-1483», ancora in corso alle Scuderie del Quirinale, è stato l’evento più importante e significativo svoltosi nell’anno del cinquecentenario della morte dell’Urbinate (6 aprile 1520, venerdì santo). A parte la mostra anticipatrice di Urbino (2019), a motivo dell’attuale critica situazione sanitaria mondiale, tutti gli altri eventi espositivi sono stati rinviati – Londra, National Gallery, per esempio, che, prevista per l’ottobre 2020, è stata spostata alla primavera 2022. Al 2021, invece, sono slittate le mostre di Jesi e di Città di Castello. Quella stessa delle Scuderie (i cui battenti sono rimasti serrati da marzo a giugno per le chiusure anti-covid) è stata “prolungata” sino a fine agosto 2020.

La preparazione dell’evento romano è durata due anni (curatori: Matteo Lafranconi, Marzia Faietti, Francesco P. Di Teodoro, Vincenzo Farinella). La scelta innovativa di progettare l’esposizione a partire dalla scomparsa di Raffaello – e la spettacolare riproduzione della sua sepoltura al Pantheon accoglie il visitatore al primo piano dell’edificio romano – per procedere, quindi, a ritroso verso gli anni della formazione fiorentina, umbra e urbinate, ha consentito di guardare in un’ottica inedita l’opera dell’artista-architetto, nel concentrarsi sulla sua attività romana. Un altro fattore ha funzionato, invece e allo stesso tempo, da volano, trama e ordito per l’interpretazione e la lettura del Raffaello attivo a Roma durante i pontificati di Giulio II della Rovere e Leone X de’ Medici (dal tardo autunno 1508 all’aprile 1520): il rapporto dell’Urbinate con l’antico. È così che gli esemplari della scultura classica esposti, in particolare, costituiscono l’immediato riscontro per le attitudini delle figure e per i soggetti trattati, collocandosi alla base, dunque, dell’attività pittorica e grafica dell’artista marchigiano. È così, ancora, che al centro dell’intera storia artistico-architettonica di Raffaello è stato posto un documento fondante anche per la legislazione di tutela dello Stato italiano: la Lettera a Leone X. Uno scritto questo – per la precisione una lettera dedicatoria – dovuto alla collaborazione di Raffaello e di Baldassarre Castiglione.

mostra roma treLa Lettera, che si presenta come un concentrato di cultura letteraria combinata a una raffinata scrittura – dovuta a Castiglione, l’estensore del documento – nonché all’inedita espressione di una volontà di tutela, che per la prima volta viene da un architetto, Raffaello, avrebbe dovuto accompagnare un grande progetto, quello della “pianta di Roma antica”, che, se avesse potuto vedere la luce, sarebbe stato dedicato a papa Leone X, dal quale Raffaello aveva ricevuto l’incarico e il finanziamento. Non solo, la Lettera costituisce anche l’inedita codificazione di un procedimento di rilievo strumentale e di rappresentazione grafica, sia della città antica sia degli edifici esemplari che la componevano (proposti in pianta, prospetto e sezione secondo il metodo che oggi diciamo delle proiezioni ortogonali). L’uno (il rilievo) e l’altro (il disegno restitutivo) esplicativi del metodo operativo di Raffaello e della sua bottega nel disegnare quanto restava della Roma degli imperatori. Un’antichità proposta non nell’attuale stato di rudere, ma in quello originario della completezza architettonica (struttura e ornamento), fatto questo che, come scrisse Marcantonio Michiel, «avria iscusato» il non aver potuto vedere l’originale. Come noto, infine, le attività consecutive di rilievo e di restituzione grafica costituiscono il primo passo – quello conoscitivo – per la protezione dell’esistente.

La preparazione della mostra ha consentito di studiare, come mai prima era stato fatto, i disegni architettonici attribuiti negli anni a Raffaello. Per strano che possa sembrare, non c’erano studi che esplicitamente si fossero occupati dello “stile” e delle modalità grafiche di Raffaello disegnatore di architetture, essendosi esercitati gli studiosi più sui disegni di “figura”.

mostra roma5Grazie alla collaborazione del laboratorio dell’Ashmolean Museum di Oxford, della cortese disponibilità del Gabinetto Disegni e stampe degli Uffizi e delle indagini non invasive eseguite da Mario Lazzari e Curzio Merlo sui disegni fiorentini, è stato possibile addivenire a talune certezze.

Per esempio, l’analisi degli inchiostri, oltre che il controllo delle modalità esecutive (tracciamento, tratteggio...), ha potuto stabilire (in parte confermare) l’esecuzione a due mani del celebre disegno mostrante l’interno del Pantheon (Firenze, GDSU, inv. 164 Ar). A Raffaello spetterebbe l’intera porzione di sinistra e una parte inferiore, a un secondo artista la restante porzione. Tutta di Raffaello è, invece, l’esecuzione del verso dello stesso foglio, con la veduta in prospettiva dell’atrio del Pantheon.

Poche linee tracciate a punta acroma (cioè non inchiostrata), talune eseguite servendosi di una riga, sono state sufficienti per strutturare l’intero disegno. E poche linee tracciate con la riga, semicirconferenze definite a compasso acromo oltre che l’ampio ricorso alla “mano libera”, felicissima, leggera e sicura nel tratto, caratterizzano il grande disegno degli Uffizi rappresentante i giardini terrazzati di Villa Madama, con quote autografe di Raffaello (Firenze, GDSU, inv. 1356 Ar).

Allo stesso modo, le tante, troppe, linee preparatorie e lo scarso controllo della prospettiva escludono la mano di Raffaello nel bel disegno fiorentino, a penna, acquerellato a inchiostro e rilevato a biacca, raffigurante una quinta prospettica (Firenze, GDSU, inv. 242 A + 560 A). Per le medesime ragioni, difficilmente è ascrivibile a Raffaello il prospetto di una villa, solitamente interpretato come un primo progetto per Villa Madama, di Oxford, nel cui verso, quotate da una mano che non è quella di Raffaello, sono presenti più idee progettuali per la stessa architettura del recto (Oxford, Ashmolean, WA 1846.215).

Le indagini scientifiche (foto a raggi UV e a retroilluminazione) hanno consentito, infine, ad Angelamaria Aceto di riunire due parti di uno stesso foglio (Oxford, Ashmolean, inv. WA 1846.159v e WA 1846.160v) separate in antico, recuperando allo stesso tempo e in un colpo solo sia appunti grafico-architettonici di Raffaello, sia studi contemporanei per l’“invenzione” della Madonna del Cardellino.

Di Francesco Paolo di Teodoro


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