Politica nazionale. Dopo gli Stati Generali occorrono i fatti
L'epidemia è poca cosa rispetto a quello che ci aspetta. Il lavoro che attende il Governo per rimettere in moto l’economia è ben più arduo, una prova da far tremare i polsi. L’Europa, e noi con l’Europa, non possiamo permetterci di sbagliare direzione.
Ci viene detto in tutti i modi. Intanto siamo partiti dalla convocazione degli Stati Generali di villa Panphili a Roma. Il richiamo a un evento che ha cambiato la storia, ma più che di rivoluzione si è parlato di confronto con le parti sociali e con i tecnici. C’è bisogno di idee ma soprattutto di azione, perché, come tutti gli analisti ripetono, settembre e ottobre saranno i mesi più duri e sono alle porte. È stata una settimana di lavoro incentrata su alcuni punti nodali: riforma fiscale, sburocratizzazione, semplificazione, lotta all’evasione.
“Non vogliamo sprecare neanche un euro, non ci accontenteremo di ripristinare lo statu quo, miglioreremo il Paese”, ha sottolineato Giuseppe Conte. Un’agenda molto densa ha visto avvicendarsi al palco molti protagonisti, su tutti Vittorio Colao, con il suo piano per il rilancio del Paese, i sindacati Cgil, Cisl,Uil, altre associazioni e rappresentanze di categoria. Poi il confronto con gli enti locali: Anci per i comuni e Upi Unione province italiane, le associazioni del commercio, degli artigiani, del terzo settore e delle cooperative. Il confronto col mondo dell’industria è stato uno dei punti caldi dell’evento, perché da esso dipendono le speranze fondamentali di una reale ripresa. Ci viene ricordato continuamente che le imprese, qui da noi, dispongono di un patrimonio quattro volte superiore al debito pubblico. Sappiamo anche che parliamo delle stesse aziende che adesso attaccano, con il loro condottiero Carlo Bonomi, il governo Conte e sviluppano tutta la potenza di fuoco mediatica di cui dispongono con i loro giornaloni e Tv. Chiedono più soldi pubblici. Sentono l’odore dei miliardi che stanno arrivando.
Qualcuno sospetta, altresì, che si guardino bene dall’investire il grande profitto di cui dispongono per incrementare nuovi insediamenti aziendali, preferendo più consistenti speculazioni finanziarie. Socializzare le perdite e privatizzare i profitti è un “vizietto padronale” sperimentato anche in questi drammatici mesi. La sanità è un altro dei settori dolenti da riformare rinforzando quella pubblica e sul territorio, una delle criticità che si è manifestata con la pandemia e ha messo in difficoltà varie Regioni. Eccoci fare il solito discorso monotono e ripetitivo del capitale che in mano a poche famiglie ricche crea miseria tra i tanti che la ricchezza la producono ogni giorno con il proprio lavoro. È il mercato, bellezza, ci viene ripetuto ogni volta. Poi quando serve si torna a pretendere l’intervento statale. Siamo con la piccola Greta Thunberg che come nella favola grida “il re è nudo”.
Noi vogliamo crederci alla possibilità di un pianeta che ritrovi una propria sostenibilità ecologica. Una agricoltura non avvelenata dalla speculazione finanziaria è possibile. Esattamente come il buon cibo e la sana alimentazione. Non vogliamo un mondo che torni a essere come quello che ci ha ammorbato di Covid 19. La natura vuole ritrovare un suo equilibrio e ci chiede di essere rispettata. Forse è arrivato il momento di una scuola che abbatta le cosiddette “classi pollaio”, elimini la vergognosa piaga del precariato tra gli insegnanti. Una scuola attiva che spalanchi porte e finestre, si riversi sul territorio occupando musei, teatri, fattorie e tutto quanto l’avvicini alla natura. Una tecnologia che favorisca la conoscenza e sviluppi la socializzazione è necessaria ma, è bene ricordarlo, l’istruzione non vive “a remoto”. L’agenda delle cose da fare è amplissima e già conosciuta da tempo, si tratterà di capire se si riuscirà a fare ora ciò che non può essere più rimandato.
Di Giorgio Filippi