Venerdì, 29 Marzo 2024

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Il Re è solo

Editoriale. La politica a Città di Castello è stata occupata dal Psi

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Il passaggio della pandemia oltre i morti si è portato via anche la politica. Per due mesi abbiamo visto il primo cittadino immortalato in tutte le salse: in chiesa, in processione, in Comune con gli annunci sull’avanzamento epidemico, sui social, all’ospedale, alla Muzi Betti e infine in piazza con la tazzina di caffè, con tanto di fotografia e commenti a colonne unificate della stampa locale. Ormai è il dominus assoluto della scena politica e amministrativa. Non era mai capitato che un singolo uomo cannibalizzasse tutto lo spazio politico cittadino. In ogni partito ci sono sempre state personalità di spicco, la cui esuberanza non ha mai prevalso sulle prerogative dei partiti. Bacchetta è l’unico che può realmente dire, parafrasando il Re sole: a Castello la Politica c’est moi. Definizione imperfetta perché in realtà è “solo”, nel senso che la sua è una forza drogata, indotta dalla debolezza e pressoché assenza degli altri partiti e in particolare del Pd, il gigante addormentato. Alzi la mano chi lo ha visto muoversi o sentito parlare prima, durante e dopo la pandemia. Il decesso si può rintracciare sia nell’ex Dc o nell’ex Pci o nella letale fusione avvenuta nel Pd a scelta. In ogni caso, due debolezze non fanno una forza. E così è stato. Ciò non significa che gli altri, consiglieri e militanti, siano solo comparse, ma l’assenza dei partiti li ha resi monadi vaganti senza padri e senza patria.

A Castello dunque prevale il complesso TINA (There is no alternative): a Bacchetta non c’è alternativa. Chi si aspettava qualche sussulto di vitalità dal Pd dopo il Covid è stato deluso. Nulla sembra smuoverlo dalla catalessi: non un sussulto; non una parola; non il coraggio di una uscita, di una proposta per dire: eccoci, ci siamo, faremo un mondo nuovo; faremo rinascere la città, riporteremo la città al centro e il centro in città. Faremo rifiorire la politica; daremo ai cittadini il diritto di parola; non faremo più le nomine di primari; non daremo la sanità in pasto ai privati; rilanceremo l’agricoltura; punteremo sull’ambiente; cercheremo di dare senso alle parole comunità, cultura, scuola, solidarietà, inclusione. Niente. E così di fronte a questa incapacità, bisogna continuare a parlare delle porte girevoli del potere, e di lui, il Sindaco, perché, anche se il suo tempo sta per scadere – tra un anno ci saranno le elezioni comunali –, rimane tuttavia il perno attorno a cui tutto gira. E il tempo stringe. E c’è già chi spinge. Per esempio Rosario Salvato. Dominatore della piazza, suo quartier generale, sembra godere di un posto assegnato che occupa con la fermezza di chi pare esercitare già il potere. Con lo sguardo misura le vicinanze e le distanze, personali e politiche, simpatie e antipatie. Ha già l’aspetto di chi dispensa bende e prebende, stendendo la mano per il bacio di fedeltà e assapora il retrogusto delle future vendette. Docente universitario, si dice che sia, forse, il più probabile dei papabili alla cadrega di Sindaco: il dopo Bacchetta ma non senza Bacchetta. Se si inverasse, la sua candidatura sarebbe acquisita più per i servizi resi facendo la staffetta tra Comune (leggi Sindaco), Fondazione Albizzini (Leggi innominabile) e Regione (quando beltà splendea negli occhi ridenti e fuggitivi della pluri-insediata Cecchini), che per meriti politici. Ora la sponda regionale è passata in altre mani, ma non c’è alcun dubbio che Salvato abbia strumenti e mezzi per poter mantenere buoni rapporti anche con il nuovo potere leghista, che somiglia tanto al vecchio.

Dal rompete le righe della Giunta emerge anche la figura di Luca Secondi di cui si parla bene, non perché abbia sostituito il Sindaco negli annunci quotidiani del bollettino epidemico, ma perché pare godere di una certa autonomia, e brilla, magari come le lucciole, a intermittenza, ovvero a Secondi, ma comunque è cosa rara in un Pd che sta esaurendo le pile e rischia di spegnersi. Si è ritagliato una particolare visibilità nella periferia da cui proviene. Posizione importante, perché dopo lo spappolamento della città, le periferie sono diventate il vero ago della bilancia del potere cittadino. È lì che si conquista il bastone del comando.

Ringalluzzito, il Sindaco Bacchetta sembra avere otto vite, una più dei gatti – adesso può aspirare a diventare anche vescovo –. Gole profonde ci avvertono che ci sorprenderà, come sempre peraltro, con una delle sue trovate: magari una lista civica che nel gioco delle alleanze possa garantirgli uno spazio di manovra per svolgere il ruolo di influencer, che poi in politica è ciò che conta: indirizzare, orientare, portare a casa per sé e per gli amici. Entrato nell’area Covid disarcionato, ne sta uscendo in sella: istrionesco, gigioneggiante, sempre in primo piano, telegenico, adulato da una stampa ossequiente e prostrata che lo spaparazza in ogni posizione, mantiene il segreto che sfodererà al momento giusto. È inutile chiedere quale sia, perché a caval resuscitato non si guarda in bocca.

La voce della piazza, che non è un giornale ma sicuramente conosce i movimenti profondi fuori e dentro i palazzi prima che diventino veline per i giornali, è molto più informata della carta stampata. E annota il movimento di qualche avvocato, innominabile, il quale sembra tentato a cimentarsi versus il Comune. Partendo in sordina, dal gradino più basso per arrivare in alto, come sulle scale mobili: si sale anche stando fermi. Ciò che importa non sono le idee, ma le amicizie influenti che pare non manchino e che girano sempre intorno a lui: il re solo. Tutto è possibile, tranne per i cinque stelle i quali  per risorgere dovrebbero organizzare un altro Vaffa-day a Castello, oppure una riffa megagalattica. La gestione passata è stata a dir poco fallimentare.

La destra s’è desta ma non rialza la testa con Andrea Lignani Marchesani e Cesare Sassolini perché il loro tempo sembra superato da quello nuovo della Lega, a meno ché il fattore “M”, Meloni, e quello storico “B” riescano a mantenerli in postazione. Il fattore “S” Salvini, invece sembra risorgere anche dal Covid-19, perché, come i parassiti, campa sulle disgrazie altrui: se mancheranno gli immigrati, ci sarà il disagio della pandemia, sul quale sa nuotare come nessun’altro. Ma chi può essere il soggetto capace di aggregare tale galassia, non è dato sapere. Per le opposizioni civiche di destra e di sinistra, che hanno svolto il ruolo di sentinelle di una Giunta spesso intemperante, si aprono spazi interessanti, ma dovranno crescere politicamente e farsi interpreti del civismo che è l’unico spazio politico “aperto”. La politica castellana non è passata dalla prima, alla seconda, alla terza Fase post Covid: è rimasta sempre a-fasica.
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Di Antonio Guerrini


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