Pandemia. Intervista a Susan George, studiosa dei cambiamenti sociali. Se non si discutono le cause...
Chiediamo a Susan George, studiosa statunitense che vive a Parigi, quali effetti ha prodotto la pandemia a livello globale:
«È troppo presto per dirlo. Non ne siamo ancora usciti e un nuovo segnale negativo, nel momento in cui scrivo, il 14 giugno 2020, c'è una ripresa dei casi in Cina. Fino a quando non ci sarà “l’immunità di gregge” in tutto il mondo, ci sarà una ripetizione di un gran numero di casi e morti fino a che il 70-90% di una data popolazione sarà stata infettata e sarà sopravvissuta, per diventare immune, o vaccinata. Il numero di persone che rifiuta la vaccinazione per se stesse o per i propri figli non aiuterà. Il distanziamento sociale può dover protrarsi a lungo e nessuno sa quanto può durare l’immunità dopo la sopravvivenza o dopo la vaccinazione.
I governi non amano dire ai loro cittadini che il COVID-19 potrebbe continuare a tormentarci per molto tempo, almeno fino a che non sarà trovato e testato un vaccino. Questa è, tuttavia, la verità».
Quali effetti ha prodotto la pandemia a livello globale nei confronti delle persone e sul sistema sanitario? Lei pensa che la pandemia faccia crescere le disuguaglianze sociali a livello globale?
«Vorrei sottolineare fin da subito che il Covid è un evento che sta colpendo diverse classi sociali in modo differente e il suo impatto sulla “gente” dipenderà in gran parte dalla classe sociale in cui queste persone si trovavano già prima dell’inizio della pandemia.
Le morti sono ovunque legate alla classe sociale di una persona e, almeno nel caso degli Stati Uniti, alla sua razza. La percentuale di persone povere o nere o poco istruite che vengono uccise dal virus è un segno di stato sociale e di capacità di proteggere se stessi e la propria famiglia. Non posso dire se questo sia vero per l’Italia, ma negli Stati Uniti e in Francia lo è certamente. Il dipartimento francese Seine-Saint Denis 93 ha il maggior numero di morti ed è anche il più povero, con molti immigrati. La popolazione nera negli Stati Uniti come percentuale di tutti i decessi è molto superiore alla sua percentuale nella popolazione.
Ora tutti possono vedere che i sistemi sanitari anche dei paesi più ricchi erano del tutto impreparati a tale evento e hanno dovuto essere cambiati. Il dogma neoliberale “appena in tempo” non può funzionare quando si tratta di salute.
Non c’erano abbastanza scorte di mascherine, camici chirurgici, ancor meno di ventilatori o letti ospedalieri, perché è più economico non avere scorte di alcunché, dal momento che gli incidenti non sono previsti e per i pianificatori neoliberali gli incidenti non esistono.
Molti francesi hanno pensato alla vulnerabilità dei nostri reattori nucleari e hanno chiesto cosa sarebbe successo se? Quindi sì, i governi dovranno prevedere le scorte necessarie. La salute deve essere un servizio pubblico e gratuito: altrimenti, le persone infette continueranno a diffondere la malattia. Questo non accadrà negli Stati Uniti e le conseguenze saranno orribili. Si potrebbe obiettare cinicamente che la pandemia ridurrà effettivamente le disuguaglianze sociali perché tante persone povere saranno eliminate, ma nessun governo oserebbe dire questo. L’effetto sulle persone? Dipende dall’individuo, ma, come specie, sappiamo che non può sopravvivere da solo. Le disuguaglianze sociali tra paesi aumenteranno perché solo i ricchi possono permettersi di versare miliardi per riparare il danno economico, creare occupazione, ecc. Il COVID-19 è una questione morale, non solo medica».
Quali sono le forze che approfittano della situazione per accrescere il loro potere e i loro profitti?
«Come sempre, le multinazionali guarderanno da vicino i loro interessi, ma non sappiamo ancora quali siano i loro piani. Molte ricevono ingenti sovvenzioni pubbliche che non sembrano essere vincolate a contropartite quali la garanzia dell’occupazione o miglioramenti ecologici e sociali. Gli avvocati di grandi imprese hanno in programma di utilizzare la clausola ISDS Investor to State Dispute Settlement [risoluzione delle controversie investitore-Stato, N.d.T.], in molte delle centinaia di trattati di investimento bilaterali tra investitori societari e paesi, per citare in giudizio questi ultimi (i paesi più poveri), per centinaia di milioni di dollari se tali governi hanno apportato modifiche a causa del Covid che, a giudizio delle società, danneggiano i loro profitti presenti e futuri. L’ISDS sarà una grande lotta post-pandemia, perché i paesi possono essere obbligati a pagare centinaia di milioni o anche miliardi di dollari a una società se un tribunale privato di tre arbitri [avvocati privati] statuisce che la nuova misura approvata durante la pandemia ha causato cali di profitti aziendali. Il paese perde sempre, anche se non viene dimostrata la sua colpevolezza, perché deve pagare la metà delle spese. Non può né rifiutare la causa né intentare una causa contro la società transnazionale che lo attacca.
Per quanto riguarda i mercati azionari, i profitti e le perdite sono stati così erratici che non possiamo dire se gli azionisti hanno vinto o perso - dipende dal titolo».
La pandemia ci costringerà a fare i conti con la natura, che è devastata senza pietà, o lei pensa che il sistema ci riporterà alle stesse cose con l’identico criterio?
«Un certo numero di eccellenti programmi “post-Covid” è stato ideato da ONG (organizzazioni non governative); tutti questi programmi sono portatori di specifiche esigenze ecologiche.
Verde e “sociale” vanno insieme nel vocabolario. Purtroppo, mentre c’è certamente unità di intenti, non ce n’è a livello internazionale. Ovunque i giovani stanno cercando di convincere i grandi, ma anche se riusciamo in Europa, senza i due maggiori inquinatori, Cina e Stati Uniti, non c’è molta possibilità di fare cambiamenti abbastanza grandi per evitare il disastro.
Durante il confinamento, le strade di Parigi erano praticamente vuote di automobili e il grado di inquinamento era sceso al livello di quello che dovrebbe essere una città ecologica; la sindaca sta realizzando molti cambiamenti buoni per i ciclisti. Il cambiamento avverrà tramite le municipalità, non gli Stati, ma sbarazzarsi di Donald Trump sarebbe comunque un grande passo avanti».
Lei ha studiato a fondo il neoliberalismo, che imperversa in tutti gli organismi internazionali. Pensa che sia possibile che il Covid 19 possa aiutarci a ricostruire una società più umana e solidale? E con quali strumenti?
«Il periodo post Covid apre due possibilità. Penso che l’Europa possa diventare più “umana e solidale”, ma stati molto grandi come l’India, la Cina e gli Stati Uniti potrebbero peggiorare. Ho scritto di come la destra negli Stati Uniti abbia effettivamente cambiato ciò che gli americani pensano e ho definito “Gramsciani di destra” coloro che hanno fatto queste modifiche, perché essi hanno compreso perfettamente il concetto di “egemonia culturale” di Gramsci, mentre la sinistra ha fatto solo “progetti”.
Sostenuti da illimitati $ $ $ da ricche fondazioni familiari, hanno capito che il loro compito era quello di cambiare ciò che gli americani pensano e, successivamente, quello che pensa il mondo. Hanno investito molto in think-tank, dipartimenti universitari e professori, relatori pubblici, pubblicazioni di ogni genere, dalla rivista accademica fino al fumetto. Hanno messo i loro editorialisti nei giornali e i loro commentatori alla radio e alla televisione. Continuano a farlo sulla base del fatto che le idee hanno delle conseguenze.
Dopo alcuni anni, la gente crede che queste idee siano le proprie. Quasi nessun “servizio pubblico” esiste ora negli Stati Uniti e molti altri paesi capitalisti hanno ridotto la spesa per la sanità, l’istruzione, i trasporti pubblici e così via. Il Covid era destinato a diffondersi velocemente in un paese come gli Stati Uniti dove l’assistenza sanitaria è interamente a scopo di lucro e questo è spaventoso, perché l’1% dell’1% che gestisce il paese cercherà di mantenere tutto così com’è. La Cina fornirà la sanità pubblica, ma non cambierà la sua politica culturale; l’India, non so quale sarà la nuova politica autoritaria, ma non favorirà i poveri».
A livello internazionale sembrano affacciarsi nubi preoccupanti che preludono nuove guerre. La politica non è più capace di affrontare le situazioni internazionali? Perché?
«La peggiore di queste nubi è la rivalità USA-Cina che Trump sta promuovendo e mettendo al centro delle prossime elezioni statunitensi. Biden ha stupidamente abboccato, invece di dire “La Cina NON è il problema: il coronavirus, la povertà, l’ambiente, il razzismo e TU siete il problema”, permettendo a Trump di fissare i termini. I luoghi nel sud del mondo dove la fame e la malnutrizione sono peggiori sono i posti dove si combattono guerre “minori” – minori per noi, non per coloro che sono coinvolti –, e le “grandi potenze”, tra cui gli Stati Uniti, sembrano aver perso interesse nei loro confronti. Gli Stati Uniti usano nazioni per procura, come la Colombia contro il Venezuela».
Come statunitense, che ne pensa dei recenti episodi di razzismo negli USA? Influiranno nelle elezioni presidenziali di novembre?
«I recenti episodi a mio avviso sono immensamente incoraggianti, non “razzisti” ma, per una volta, antirazzisti. La tortura e l’omicidio di George Floyd, di cui tutti sono testimoni in televisione, e le successive proteste con pochissima violenza, tranne che per aver incendiato una stazione di polizia, senza nessuno all’interno, hanno riunito le persone, specialmente quelle più giovani. Le voci nere sono finalmente state ascoltate ed è l’unico segno di speranza in una nazione devastata intellettualmente. Un numero crescente di bianchi sta realmente cominciando ad ascoltare i neri, che stanno mostrando che cosa sia il razzismo.
Per quanto riguarda le elezioni, dovete sapere che Donald Trump ha solo una cosa in mente, ed è la sua rielezione. Farà letteralmente ogni cosa, legale o illegale, per assicurarsela. Ho lasciato gli Stati Uniti per la Francia oltre 60 anni fa e ogni giorno ringrazio Dio per questo favore. Una volta, durante una visita di lavoro a Washington DC, un noto scienziato sociale americano mi disse: “Susan, ci sono due cose che non prendi in considerazione: l’ignoranza e la stupidità”. Nessuno dovrebbe dire che “Trump non può vincere a novembre” finché non lo vedremo succedere».
Di Susan George