Lo smantellamento dei reparti Covid prelude al ritorno alla normalità dell'Ospedale tifernate, e a una auspicabile normalità sociale anche se i tempi saranno più lunghi. Il bilancio di questi tre mesi presenta luci e ombre, ma è sideralmente distante da quanto accaduto in altre parti del Paese.
A noi umbri è andata bene, come dice lo slogan rimbalzato ovunque fin dai primi momenti e ripetuto come un mantra. Ma non tutto, anche se i numeri del contagio nella nostra come in tutte le regioni del centro-sud non sono paragonabili a quelli delle regioni italiane più colpite. Distinzione che non ha impedito a Salvini di salire sul carro della propaganda e di alzare il braccio della TesEi in segno di vittoria. Il merito è della Governatrice fresca di nomina ha affermato il capo della Lega, anche se ha appena fatto in tempo a mettere i piedi nella stanza dei bottoni. L’impianto sanitario che ha contrastato il virus, nel bene o nel male, è stato quello lasciato in eredità dal vecchio gruppo dirigente.
Ma il “successo” per così dire del contrasto al virus non è merito specifico della organizzazione sanitaria né di quella politica. Esso è largamente imputabile a fattori demografici, ambientali, alla bravura degli operatori sanitari, alla collaborazione dei cittadini e delle associazioni di volontariato compresa la Protezione Civile. Diversamente dalla Lombardia che registra 450 (circa) abitanti per kmq, l'Umbria ha una densità demografica di 104 abitanti per kmq e il distanziamento sociale scaturisce più dalla geografia che dai protocolli. In Lombardia ci sono oltre 800mila aziende, in Umbria 96mila; la pianura Padana ha la più alta concentrazione di allevamenti intensivi di animali: 8 milioni di suini e 4 milioni di bovini. La somma di questi fattori fa di tutta l'area Padana una delle zone più inquinate del pianeta.
Il virus ha colpito in modo differenziato perché la configurazione demografica e ambientale del Paese è molto diversa da zona a zona: un quadro da tenere ben presente.
Ciò non significa che politica e sanità non abbiano avuto un ruolo importante nel contenimento (o diffusione) e cura della pandemia, ma non decisivo come gli altri fattori. La regione Lombardia è un caso a sè.
Il primo caso di contagio da coronavirus in Umbria, e anche il primo decesso, è stato quello di un cittadino tifernate, il quale per motivi di lavoro aveva frequentato zone del nord a elevato rischio epidemiologico. Appena si è manifestato il fenomeno la Regione individua gli ospedali di Branca e di Todi come possibili presidi di appoggio per i casi non critici, mentre i critici verranno ospitati a Terni e Perugia.
A questo punto iniziano le schermaglie. I sindaci dell’Appennino guidati da Filippo Mario Stirati (Gubbio), Massimiliano Presciutti (Gualdo Tadino) e altri alzano le barricate e si mettono a capo della “rivolta”, affermando che i loro ospedali lavorano bene sulla fibrosi cistica (anzi sono una eccellenza) e non possono essere disturbati e inoltre, non hanno le strutture adeguate. Per non innescare possibili guerre tra ospedali e popolazioni all'interno dell'altra "guerra" dichiarata dal virus, la Regione cambia strategia. Il 13 marzo Donatella Tesei dispone che il sito ospedaliero di Città di Castello venga “parzialmente e temporaneamente” utilizzato per gestire l’emergenza epidemiologica da Covid-19, «destinando spazi indipendenti, con accesso dedicato, a reparto di terapia intensiva per pazienti sospetti o positivi». Per la te-rapia ‘sub intensiva’, invece, si individua l’Ospedale di Pantalla. La riconfigurazione dell’Ospedale tifernate prevede lo smantellamento della Rsa al terzo piano e la predisposizione del Pronto Soccorso per le terapie intensive.
Ma proprio nella prima fase si verificano almeno due “incidenti”. Il primo è dovuto al caso di una anziana signora ricoverata al Pronto Soccorso con sintomi successivamente ricondotti a Covid-19 e rispedita a casa senza ulteriori specificazioni. L’aggravarsi della situazione la costringe a tornare all’Ospedale dove le viene riconosciuto il contagio. Ma nel periodo di incubazione della malattia e di manifestazione dei sintomi quante persone ha contattato e contagiato? Successivamente, il 15 marzo, «la direzione sanitaria dell’Ospedale di Città di Castello ha disposto il blocco dei ricoveri verso il reparto di medicina in seguito al riscontro, attraverso tampone, della positività al virus Covid-19 di 4 pazienti arrivati in ospedale con sintomi, al primo riscontro, non riconducibili all’infezione per la quale è stata dichiarata l’emergenza». Semplifichiamo: il reparto di medicina è stato intermente infettato, per cui «è stato immeditamente isolato tutto il quinto piano dell’ospedale e disposto l’isolamento dei ricoverati insieme a quello del personale che era entrato con loro in contatto. Due operatori sanitari sono risultati positivi al tampone e messi in isolamento fiduciario». A causa dell’incidente tutto il reparto di medicina è stato chiuso per diversi giorni e si è dovuto procedere alla sanificazione dell’intera area prima della riapertura. Ma dalla ricostruzione non si capisce se il contagio sia transitato dal Pronto Soccorso senza essere stato riconosciuto o se sia avvenuto in altra forma.
A tutto ciò si aggiungono la endemica mancanza di mascherine, di tute, visiere, guanti, buchi organizzativi che si chiudono grazie alla solidarietà della popolazione, che provvede con la generosità dei singoli e delle associazioni di volontariato.
La stessa comunicazione istituzionale fa acqua. I dati quotidianamente diffusi dall’ufficio del Sindaco non fanno capire quanti siano i contagi totali, quante le terapie intensive, quanti guariti, quanti morti. Le informazioni sono a goccia e ogni giorno la litania è la stessa: più di ieri meno di domani, come se si leggessero i bigliettini dei baci perugina.
I dati statistici da soli certificano che la pandemia è stata terribile, ma tutto sommato il sistema ha retto nonostante qualche sbandamento. Resta da segnalare che nella statistica del contagio Castello e l’Altotevere hanno registrato i numeri più alti sia di positivi che di decessi rispetto a tutta la Regione.
Il Comune ha cercato di tenere tutto sotto controllo, schermando con una sovrabbondanza di lodi a destra e a manca l’effetto reale della epidemia. Bisogna anche sottolineare che gli anziani ricoverati nelle case di cura sono stati protetti adeguatamente e non ci sono stati focolai rilevabili. Va dato atto che la situazione è stata oggettivamente difficile da gestire, ma ora si pongono le domande irrevocabili: che cosa non ha funzionato? Con una gestione più oculata e preventiva, ci sarebbero stati meno morti e meno contagiati? La Rsa probabilmente non sarà ricollocata nell'Ospedale. Dove sarà allocata allora? Alla Muzi Betti? Nel Vecchio Ospedale ristrutturato? E come, se ancora si sta discutendo come utilizzare il Lascito Mariani? E la sanità come sarà riorganizzata dopo questa esperienza?
- - Città di Castello: 117 contagi totali - 90 guariti - 14 positivi - 13 deceduti (+1)
- - ALTOTEVERE: (8 COMUNI) 172 contagi totali - 135 guariti - 19 positivi - 18 deceduti (+1) - 11 ASSISTITI in isolamento domiciliare +1 Decesso avvenuto il giorno 16 e non ancora registrato nelle statistiche
- - Regione Umbria 1422 totali - 1248 guariti - 101 positivi - 73 deceduti (+1) - 55.170 Tamponi eseguiti- Tutti i dati provengono - dal Sito della Regione alla data 16/05/2020
di Antonio Guerrini