Giovedì, 28 Marzo 2024

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Nel nome dell'umanità

  DOSSIER

il paradigma della forza3

«Manteniamo il diritto al futuro. Non svendiamolo al denaro. Non lasciamolo distruggere dalle armi». È un autentico proclama quello di Riccardo Petrella, uno degli economisti che si è impegnato a fondo per salvaguardare i beni comuni dell’umanità come l’acqua, la terra, l’energia.

Lei ha parlato di una globalizzazione pretoriana: cosa significa per lei il senso della globalizzazione e cosa vuol dire per lei l’aggettivo “pretoriana”?

«La globalizzazione fu imposta, a partire dagli Stati Uniti, come figlia naturale della cosiddetta terza rivoluzione scientifica e tecnologica “esplosa” a partire dagli anni ‘70, sotto l’impulso delle nuove tecnologie d’informazione e di comunicazione (robotizzazione, informatica, telematica...) e delle nuove biotecnologie. La narrazione prevalente dell’epoca fu assai lineare, semplificatrice e, forse per questo, piuttosto convincente nell’immaginario dei più. Essa partì dal postulato che la terza rivoluzione scientifico-tecnica avrebbe cambiato le variabili tempo e spazio dell’economia secondo le “regole” dell’economia dominante (il capitalismo)».

Queste regole furono considerate, nel “Nord” del mondo, le più appropriate ed efficaci per la “gestione globale” delle “risorse globali”?

«Certamente. Il tutto in una logica considerata inevitabile e “sana” di conquista e di controllo dei processi di globalizzazione. La competitività fu assunta a indice “globale” di valutazione positiva dell’ottimizzazione dello sfruttamento delle risorse della Terra. Gli abitanti stessi della Terra, specie umane e le altre specie viventi, furono ridotti a “risorse” da cui estrarre il massimo di rendimento al servizio della crescita del capitale globale».

La competitività è diventata una parola chiave?

«La globalizzazione trionfante assunse negli anni ‘90 quei caratteri specifici fondamentali che ne fecero, agli occhi dei suoi sostenitori come uno dei suoi oppositori, una globalizzazione economica e tecnocratica a predominanza capitalista, strutturalmente guerriera a vocazione imperiale. Per dirla in breve, un sistema globale imperiale».

image 111Fu considerata una nuova frontiera?

«La conquista dell’economia mondiale fu considerata come un processo di grande creatività e progresso, un bene per l’umanità. Sapevano che l’avrebbe necessariamente condotta a grandi conflitti e quindi alla creazione di nuove disuguaglianze di partenza, ma pensavano che i benefici sarebbero stati superiori alle “ insufficienze sociali”. In concreto, solo i più forti erano destinati a diventare i leaders globali, a capo dei vari imperi mondiali (finanziari-economici e politico-militari)».

Perché la globalizzazione l’ha definita “pretoriana”?

«I pretoriani erano il corpo militare e politico-amministrativo più direttamente vicino all’Imperatore, al suo servizio, per proteggerlo e difendere il suo potere e, quindi, l’Impero. Oggi l’autorità imperiale è rappresentata dal capitale mondiale, in particolare dalle imprese che ne controllano la proprietà e l’uso attraverso i mercati finanziari.

L’impero del capitale mondiale è guidato da “lords” high tech. La guardia pretoriana è composta, da un lato, dalla casta dei tecnocrati e degli scienziati che si considerano e sono visti come i soggetti che plasmano e ristrutturano il divenire delle società umane e, dall’altro, dalla casta dei militari. Cosi l’Impero riposa sui proprietari privati di brevetti sul vivente e sull’intelligenza artificiale, due mondi interconnessi in cui la supremazia Usa resta dominante, anche se la Cina comincia a rosicchiare alcune parti della torta».

Lei ha proposto una “Carta degli Abitanti della Terra” per sancire i diritti delle persone e di tutti gli esseri viventi. Come si possono realizzare questi diritti e con quali strumenti ?

«La globalizzazione descritta ha avuto delle conseguenze nefaste per la vita della Terra. Le politiche predatrici dei dominanti hanno condotto il mondo a una impasse totale, e l’impero non è più capace di risolvere i cinque grandi problemi mondiali da lui creati. Come è sempre più evidente, l’esistenza della comunità globale della vita della Terra (specie umana e tutte le altre specie viventi) è in pericolo».

Stiamo sprofondando verso l’abisso?

«Il disastro climatico, punta visibile del disastro ambientale e dei rischi certi che minacciano la perennità della specie umana e degli altri esseri viventi, costituisce lo sconquasso in atto più immediato, a breve termine. La vita non è più un dato certo ma è diventata un dato incerto, aleatorio, imprevedibile. Lo stesso vale per il mondo socio-economico dominato dalla finanza speculativa ad alta velocità (al milionesimo di secondo). Siamo passati dal diritto al pieno impiego per tutta la vita (e pensione garantita), al dovere di un lavoro precario, incerto, instabile, volatile, mal pagato, senza diritti sociali nel corso della vita».

Qual è il destino degli ultimi?

«I dannati della Terra, senza lavoro, senza reddito, senza protezione sociale, senza casa e luogo dove abitare, i clandestini, i migranti rifiutati, i lavoratori poveri, gli esodati dalle guerre e dalle persecuzioni religiose e etniche, i non residenti, gli analfabeti digitali, i non redditizi, i ridondanti, e quelli che non sono come noi... sono espulsi dalla Terra. Non hanno più diritto di essere abitanti della Terra».

I gruppi dominanti di ciascun Paese, dei Paesi forti come dei più deboli difendono i propri interessi?

«Credono che la pandemia si tradurrà in un grande tsunami economico e sociale e ogni Stato sarà indotto a salvaguardare e proteggere la propria sicurezza economica e sanitaria. La solidarietà internazionale si manifesta soprattutto a livello delle persone e non tra gli Stati».

Lei pensa che stia esplodendo un conflitto globale?

«Negli ultimi trent’anni, la questione sociale è diventata la lotta tra il capitale e la vita, il primo pretendendo di essere il proprietario di tutte le forme di vita della Terra, cosa che la vita della Terra direttamente o tramite gli esseri umani contesta vigorosamente.

In reazione a queste situazione ci siamo riuniti in un’Agorà mondiale nei giorni 14 e 15 dicembre 2018 a Sezano (FV) nel Monastero del Bene Comune con l’obiettivo di pensare, redigere e approvare La Carta degli Abitanti della Terra (www. audacia) .

Siamo giunti a queste proposte:

Salvaguardare, curare e promuovere la vita di tutti gli abitanti della Terra è diventato il compito fondamentale degli esseri umani.

«È urgente riconoscere l’umanità in quanto soggetto giuridico e istituzionale , attore principale della regolazione della vita nell’interesse della comunità di vita della Terra lasciata oggi nelle mani principalmente degli Stati”nazionali”, detti “ sovrani”, e delle imprese private multinazionali globali, proprietarie del vivente e dell’intelligenza artificiale ma sottomesse agli attori dei mercati finanziari globali liberalizzati e “autoregolati”.

È indispensabile promuovere e sviluppare in priorità, a livello locale e mondiale, la sfera dell’economia pubblica e della sfera economica cooperativa partendo dal riconoscimento e la salvaguardia dei beni comuni pubblici essenziali ed indispensabili per la vita (l’aria, l’acqua, le sementi, la salute, l’energia solare, la conoscenza...). Questi beni, la loro disponibilità e salvaguardia, sono la base grazie alla quale è possibile concretizzare, proteggere e garantire i diritti di e alla vita di tutti gli esseri umani (vecchi e nuovi ) e i nuovi diritti delle altre specie viventi. Non v’è giustizia, uguaglianza, solidarietà e libertà in assenza dei beni comuni pubblici mondiali. La loro privatizzazione e mercificazione è fonte inevitabile di conflitti, di guerre, di abusi, di esclusione. Pertanto, questi beni devono essere rigorosamente messi fuori dal regime di proprietà privata e devono essere demonetizzati, la loro disponibilità, utilizzo e salvaguardia essendo guidata dal principio della gratuità della vita. La gratuità non significa assenza di costi monetari e non monetari, ma la presa a carico di detti costi dalla collettività anche per mezzo della fiscalità, il mutualismo e il cooperativismo, lo scambio solidale.

A tal fine, è indispensabile e improcrastinabile l’abolizione del diritto privato ai brevetti a scopo di lucro sul vivente e sull’intelligenza artificiale. Al momento sono stati rilasciati dagli uffici competenti più di 100.000 brevetti privati. Il che significa che oggi la politica della vita su scala mondiale non è più nelle mani dei poteri pubblici, ma in quelle dei grandi colossi multinazionali dell’industria del vivente e dell’IA.

Questi obiettivi saranno difficilmente realizzabili se, allo stesso tempo, non si agirà sulla messa fuori legge di tre grandi nemici strutturali dei diritti e delle responsabilità universali, che sono la guerra, l’impoverimento, la finanza speculativa. I tre nemici derivano la loro potenza dall’immaginario popolare e “scientifico” che li considera come dei fenomeni globali naturali, di tutti i tempi, inevitabili. Un immaginario astutamente alimentato dai gruppi dominanti (sovente dalle religioni “in nome di Dio”, dalle oligarchie socio-politiche “in nome della nazione”, dalle imprese e la finanza “ in nome del denaro”)».

La crisi climatica e le migrazioni chiedono interventi politici urgenti. Ce la farà l’Europa a seguire la sua vocazione di “ponte tra Asia e Africa”?

«Da quasi trent’anni ci sono stati tre “Vertici della Terra” (Rio 92, Johannesbourg 2002, Rio 2012); due grandi programmi pluriennali di 15 anni ciascuno; 27 conferenze mondiali, una ogni anno a partire dal 1993. In un documento ONU di alcuni mesi fa, si dice che molti progressi sono stati realizzati, ma restano insufficienti e fragili. Gli obiettivi dell’Agenda non saranno raggiunti. Anzi i rischi ad essi connessi potranno essere ancora più devastanti».

Come mai?

«I gruppi dominanti non vogliono eliminare i tre principali ostacoli: il sistema capitalista globale predatore; il principio della sovranità assoluta degli Stati “nazionali” sulle risorse del Pianeta; la fede nella tecnoscienza salvatrice, pilastro maggiore del dogma efficientista del management autocratico. Lungi dall’invertire la tendenza, i gruppi sociali dominanti continuano a spingere in favore di un sistema politico non pubblico fondato sul potere dei “signori” e dei portatori d’interesse detto “governance”. Addio “governo” dello Stato, “governo pubblico”, “governo democratico”, “governo rappresentativo”. La “governance” consacra, in realtà, l’istituzionalizzazione deregolata della privatizzazione del potere politico pubblico.

Come non emettere un “giudizio” critico severo e non avere voglia di rivoltarsi?

«In questo contesto, non vedo alcun ruolo effettivo da parte dell’Europa di ponte verso l’Asia e l’Africa. La cosiddetta “politica mediterranea europea” è miserabilmente annegata e, disgraziatamente, con le decine di migliaia di morti fra i migranti che hanno cercato di andare dalle sponde Sud del Mediterraneo alle sponde nord dell’UE. Una politica vergognosa, di negazione dei diritti umani ai milioni di esseri umani spinti a venire/salvarsi da noi a causa delle guerre e dei conflitti da noi alimentate/i nelle loro regioni».

Lei è stato uno dei grandi sostenitori dell’acqua pubblica di fronte alla prepotenza delle grandi multinazionali. Quale è stato l’esito del suo impegno? L’acqua nel mondo è sempre più in pericolo. Eventualmente perché?

«Sono molto contento di questa domanda perché l’acqua ci permette di dare un senso molto concreto a quanto finora detto e proposto.

Oggi le nostre società – che si dicono molto civilizzate – sono capaci senza vergogna di interrompere l’erogazione dell’acqua potabile in casa per coloro che non pagano più, o da alcuni mesi, la bolletta dell’acqua perché impoveriti. Il colmo della non vergogna è stato raggiunto in questi ultimi decenni. Pur essendo consapevoli che milioni di bambini al di sotto di 5 anni morivano ogni anno per malattie causate, tra l’altro, dall’assenza di acqua potabile (nel 2018 ne sono morti 7,9 milioni), i potenti del mondo non sono stati capaci di trovare le risorse finanziarie per arrestare il disastro, ma hanno speso e sono ancora pronti a spendere (nel 2018, 1,8 trilioni di dollari) per le armi».

È una logica perversa?

«Per quanto bassa, vi é sempre una percentuale di persone che non hanno accesso permanente all’acqua potabile e ai servizi igienici in quantità e qualità necessarie per la vita perché esclusi, illegali, impoveriti, senza dimora, “fuori circuito”.

Si è dovuto attendere il 2010 perché la comunità internazionale accettasse finalmente, in sede ONU, di riconoscere l’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari come diritto universale.

La lotta per la ripubblcizzazione e rimunicipalizzazione dell’acqua non é cessata. In Italia non figura nemmeno più nei programmi dei principali partiti e sindacati, nell’oblio irrispettoso della volontà espressa nel giugno 2011 via referendum da 27 milioni di cittadini. Essa continua in tutte le parti del mondo riuscendo, qui e là, a raggiungere alcuni risultati significativi anche sul piano simbolico. Mai come in questo campo il detto “la speranza è l’ultima a morire” prende tutto il suo valore e la sua forza insurrezionale».

A cura di Achille Rossi e Antonio Guerrini


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