Lunedì, 14 Ottobre 2024

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I territori rubati

Palestina: Dalla guerra del 1948 la Palestina è stata sottoposta a una progressiva erosione della propria terra

liberta per patrickLa lista nera delle aziende che depre dano le terre palestinesi occupate.
Temerari (sic!). Era dal lontano 2016 quando , la risoluzione 31/36, chiedeva al Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite (OHCHR) di redigere un rapporto che indagasse sulle «implicazioni delle colonie sui diritti civili, politici, economici, sociali e culturali del popolo palestinese occupato, occupazione in cui rientra anche Gerusalemme est».
Ora il rapporto è stato redatto e contiene una lista impressionante di aziende che operano, con enorme profitto, nelle centinaia di insediamenti illegali israeliani, nella Cisgiordania e a Gerusalemme est. Saccheggiano e depredano quel che resta (il 22%) della Palestina storica. In quel 22%, con Gerusalemme est come capitale, doveva nascere lo Stato di Palestina. I razziatori li conoscono tutti: sono i 400.000 coloni che occupano, protetti dal loro esercito e con l’appoggio di coloro che presiedono ai destini del pianeta, (USA e la maggioranza dell’Europa, senza fare nomi!) praticamente tutta la terra palestinese.
L’elenco della lista nera comprende grandi società finanziarie che fanno affari con i predoni israeliani: 112 imprese in tutto. 94 sono israeliane e le altre 18 sono internazionali (Olanda, Francia, Stati Uniti, Regno Unito, Lussenburgo Thainlandia). Forse non si sono accorti, le 112 imprese, che tutta la Cisgiordania e Gerusalemme est sono territori occupati, che i coloni occupanti sono contro le leggi internazionali e coloro che, in qualsiasi modo, collaborano con i ladri di terre altrui, sono anche essi complici di violazioni e reati internazionali.

img4640Gli atti di accusa.
Sul rapporto sta scritto che alcune imprese hanno fornito materiali occorrenti alla costruzione e all’ampliamento delle colonie e del muro. Che altre hanno fornito tecnologie per la sorveglianza e la identificazione di persone lungo il muro stesso (quasi terminato, lungo circa 750 km). Che hanno contribuito a mettere in pratica controlli avvilenti e mortificanti (e toccato, a suo tempo, anche a noi) nei posti di blocco e negli stessi insediamenti. E hanno fornito attrezzature per la demolizione di abitazioni e proprietà palestinesi, per la distruzione di fattorie agricole, oliveti e colture varie. E ancora, continua implacabile il rapporto, hanno messo in atto “operazioni bancarie e finanziarie che hanno aiutato a sviluppare, estendere e mantenere le colonie e le loro attività, compresi prestiti per l’edilizia abitativa e lo sviluppo delle imprese”. Molte imprese che hanno operato in Cisgiordania occupata non hanno smesso di usare le risorse naturali, l’acqua e la terra, tutto per fini commerciali. Hanno inquinato e riversato tonnellate di rifiuti nei villaggi palestinesi.
Hanno operato restrizioni criminali dei mercati finanziari ed economici a danno dei palestinesi e pratiche che hanno svantaggiato le imprese palestinesi attraverso le restrizioni alla circolazione e a vincoli amministrativi e supposti legali. Le imprese che hanno operato a Gerusalemme est e in Cisgiordania hanno occupate hanno fatto affari con gli occupanti senza mai curarsi del Diritto Internazionale. Hanno contribuito a mettere in ginocchio il sogno della nascita di uno Stato palestinese umiliando le persone e contribuendo a togliere loro ogni speranza di libertà. Il business e gli affari hanno ucciso la Palestina.

La rabbia degli offesi.
Yossi Dagan che rappresenta l’esecutivo delle colonie della Samaria, nel nord della Cisgiordania, ha sfogato la sua rabbia: «L’Unhrc è una organizzazione che fa capo al BDS (Boicottaggio -Disinvestimento – Sanzioni, contro Israele), antisemita e ipocrita il cui unico scopo è sabotare lo Stato d’Israele». Il ministro degli Affari strategici Erdan non ha rinunciato a sputare fiele sull’ONU e su altre istanze internazionali: «la “lista nera” rappresenta, ancora una volta, il costante antisemitismo delle Nazioni Unite e l’odio per Israele». Ahimè, Benny Gantz! Sarebbe il leader dell’opposizione,ex generale, capo di Stato Maggiore dell’UDF (Esercito di Israele). Indagato dalla Corte Penale dell’AIA per crimini di guerra. Sarebbe il gentiluomo che vorrebbe sostituire Netanyahu, vincendo le elezioni, le terze in meno di un anno, fissate il 2 marzo. Anche lui ha condannato l’Unhrc. É corso, anche velocemente, ad approvare il “Piano di pace” di Donald Trump.
Il generale...? Una speranza per la pace in Medio Oriente! Il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz ha invece sfogato la sua rabbia minacciando l’Unhrc: «Lo Stato d’Israele non tollererà questa politica discriminatoria anti-israeliana e prenderà provvedimenti per impedire l’attuazione di questo tipo di decisioni». Da parte sua, il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu che il 17 marzo attende il processo a suo carico per grave corruzione e ha l’acqua alla gola per i neri presentimenti del 2 marzo, data delle elezioni, ha spiccato un volo pindarico affermando che il Consiglio per i diritti umani dell’ONU è un «organo parziale e non influente, che invece di occuparsi dei diritti umani, cerca di oscurare il nome di Israele. Respingo ogni tentativo nei termini più forti e con disgusto», ha detto.

No, dell’Italia, alla pubblicazione di aziende da parte dell’Unhrc.
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Lo ha dichiarato Marina Sereni, vice ministra degli esteri, in una intervista a “il manifesto” del 19/02/2020. La vice ministra ha espresso contrarietà alla pubblicazione del database dell’Ufficio dell’Alto Commissario dell’ONU per i Diritti Umani. Ha detto che l’Italia, d’accordo con i partner europei, è stata contraria alla pubblicazione che comporta danni commerciali e “reputazionali”. (Pensate, la reputazione della americana “Motorola Solutions Inc.”, della britannica “JCB Ltd.” o della statunitense “General Mills” ecc.). E, per ultimo, con un tocco geniale e raffinato, la signora vice ministra, ha detto che tali aziende, illegali per l’Alto Ufficio dell’ONU per i Diritti Umani, sarebbero esposte alla vergogna del pubblico: «Name shame». Lo ha fatto notare in inglese, forse per nasconderne la comprensione. Ma brava, signora vice ministra, Marina Sereni del PD! Nessun problema: le aziende elencate
dal rapporto ONU stanno lavorando in piena legalità, anche se in contesti di brutalità e di oppressione di un altro popolo da parte dello Stato d’Israele. Quelle aziende hanno una reputazione da essere salvaguardata e, in più, danno anche lavoro ai palestinesi! Non possono essere messe alla berlina e in pasto al giudizio della opinione pubblica. Certamente. Veda, signora vice ministra: lei è un’influente esponente del Pd e viene da lontano, dalla gloriosa Fgci degli anni 80’. Suppongo dai famosi “Ragazzi di Berlinguer” (come suggerisce il titolo significativo del libro di Pietro Folena). Non le viene il dubbio che la attuale deriva della politica di sinistra, catastrofica in Umbria, sia anche causata dalla totale mancanza del tipo di etica che ci aveva sempre rammentato Enrico Berlinguer ?

di Antonio Rolle


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