Verrebbe da dire: il re è nudo. Dopo il “Gran Consiglio” comunale per la nomina del nuovo Presidente dell’Assemblea, la Giunta s’è rotta anche se sta in piedi. Ormai la politica ci ha abituato ai rapidi successi e altrettanto repentine cadute. Ma la parabola del plenipotenziario Bacchetta, padrone assoluto del Psi, primo cittadino, “gran timoniere” a Castello e in Regione, la siepe oltre cui c’era solo il buio, appare inverosimile. Anche a chi non ha lesinato critiche all’Amministrazione comunale da lui guidata.
Le cause sono molte e, in particolare, pesano sul Pd, partito di maggioranza relativa e silenziosa, che ha fatto la figura del pugile imbambolato, rimanendo alla finestra per tutta la legislatura. Tutto è cominciato con le elezioni regionali, in cui Bacchetta si è buttato a corpo morto pur di mettere un piede a Palazzo Cesaroni. L’operazione non riuscita, per il tracollo subìto dalla sinistra, ha rinviato il pallone nell’angusto pollaio cittadino, in cui i fratelli del Psi avevano già cominciato ad affilare i coltelli.
All’improvviso le pecore, che non avevano mai mosso foglia che Luciano non volesse, sono diventate lupi feroci, per alcune semplici considerazioni: Bacchetta non può essere rieletto Sindaco; decadrà, per questo, da Presidente della Provincia; la Regione è sfumata; non avrà più potere. Tutto si può perdonare al Re: intrighi, clientele, accordi indicibili, debolezze, ma non che non abbia potere. Un comandante senza potere è nudo. I “compagni” lo hanno capito, e buon sangue non mente. Chi di spada ferisce, di spada perisce: è una dura lezione, ma istruttiva. Una politica schiacciata solo sul potere prima o poi chiede la sua vittima sacrificale.