Martedì, 05 Novembre 2024

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Il golpe cancellato

Bolivia: Perchè è calato il silenzio
Di Gennaro Carotenuto - Docente di storia contemporanea all'Università di Macerata e giornalista

bolivia golpe cancellato1Il golpe in Bolivia, con l’appoggio del siste­ma mediatico, ha abbattuto una “dittatura” che esisteva solo nelle fake news, ed è stato costruito per rappresentarsi come istitu­zionale e democratico, anche se un “golpe democratico” con i morti in strada e l’UNHCR (Commissariato Onu per i rifugiati) che acco­glie i rifugiati è un ossimoro irricevibile. Ri­assumiamo sinteticamente. La prima parte è stata costruita a partire dalla stigmatizzazione, distruzione dell’immagine, demonizzazione di Evo Morales, trasformato in una specie di mo­stro for export, l’autocrate, il narcoindio (se non è razzista l’espressione “narcoindio”…). Il secondo passaggio è stato far passare un gover­no legittimo come illegale (i presunti brogli che, nella sua preveggenza, la OEA – Organizzazio­ne degli Stati Americani - ha denunciato da pri­ma che accadessero e smentiti da fonti ben più autorevoli) e liberarsene con la violenza. Era il golpe che non c’è, almeno per i grandi me­dia. Ora siamo alla terza fase, quella della nor­malizzazione che implica la rappresentazione dell’ex-opposizione, trasformatasi in “governo di fatto”, come espressione di quella liberalde­mocrazia occidentale così incapace di autocri­tica, quanto capace di gettare la croce addosso a chiunque le faccia ombra, come è accaduto in Bolivia e in America latina nel XXI secolo.

COSE SULLE QUALI I GIORNALI TACCIONO a) Al primo posto i gorilloni militari tirati fuori dalle caserme con un decreto legge che promet­te loro l’impunità, esattamente come quelli che emanavano le dittature degli anni ’70. b) Ha causato dolore e scandalo il sistematico distruggere e bruciare nelle zone “bianche”, ma non solo, la wiphala, la bandiera dell’integra­zione tra i popoli, che i bianchi invece odiano, perché si considerano al di sopra dei popoli, a mostrare la natura raz­zista del golpe. c) La scelta di una pre­sidente autoproclamata presa dal mazzo, Jeani­ne Áñez. Una politica di serie B di un partito di estrema destra col 4% dei voti, così debole e illegittima da essere fa­mosa soprattutto per il fondamentalismo religioso e per i tweet ultra­razzisti contro gli indigeni e la maggioranza dei boliviani. d) Ciò comporta le minacce (di arresto, di per­secuzione) verso chiunque non si adegui, siano voci critiche boliviane o quel po’ d’informazio­ne non allineata, bollata come sediziosa.

Voglio citare due delle voci oggetto di minacce. La prima è Eva Copa, indigena e femminista di El Alto, presidente del senato del MAS, oggetto di una campagna d’odio sessista e razzista ripu­gnante. La seconda è l’83enne cardinale Toribio Ticona, anch’egli pubblicamente minacciato dai golpisti. Toribio Ticona ha tutte le caratteri­stiche per attrarre l’odio delle destre, ancorché cristianissime: è un indigeno quechua, ha sem­pre vissuto in povertà assoluta, ha accusato le destre di essere responsabili della violenza, ed è perfino amico di Papa Francesco. Per fortuna non ci sono più i vescovi di una volta in Ameri­ca latina che benedicono i golpisti, né i papi che si affacciano al balcone con Pinochet. e) Infine c’è un ministro degli interni di fatto, Arturo Murillo, che proclama la “caccia all’uo­mo” per tutti i membri del governo Morales e per tutti i parlamentari del MAS (Movimento Al Socialismo). Molti di loro sono entrati in clan­destinità o si sono rifugiati nelle ambasciate, o hanno visto le loro case saccheggiate o brucia­te. Ma gli evento non hanno superato il muro del silenzio. I grandi media sono partiti per si­lenziare e stigmatizzare le ragioni della sinistra, per chiosare la fine dei governi progressisti in America latina e hanno continuato tacendo sui crimini della destra. Come hanno sempre fatto; non mi stancherò mai di ripetere che il Corriere, Il New York Times eccetera dicano di Chávez o Kirchner o López Obrador o Evo Mo­rales esattamente le stesse cose che dicevano di Allende nel 1973. Balle certificate.

LE CONDIZIONI IN CUI LA DESTRA VUO­LE CHE SI VOTI
Il ritorno alle elezioni è vincolato a una serie di passaggi che condizionino a tal punto il voto futuro da produrre come ovvia conseguenza la vittoria delle destre stesse. Ciò traccia una agenda e delle condizioni precise sulle quali è bene essere chiari: 1) L’eliminazione di Evo Morales dalla partita. Al di là delle campagne di demonizzazione, la verità è che nessuno può cancellare nelle masse boliviane il grande avanzamento degli ultimi 13 anni in termini di diritti civili e di miglioramen­ti economici identificato col suo governo. An­che se è normale lo sfilacciamento e la legittima critica dopo 13 anni di governo, la verità è che il paese sa che la Bolivia di Evo Morales è andata come un treno. Evo Morales ha appena preso il 47% dei voti e nessuno sa davvero se i fatti di questi mesi lo hanno rafforzato o indebolito. Di sicuro da una parte della base la consegna che continua a venire è per il ritorno di Evo Morales che, piaccia o no ai liberaldemocratici europei, continua a incarnare una sintesi tra le distinte anime del movimento, popoli indigeni, sindacati, sinistra tradizionale. Visto dall’Euro­pa questo è un errore. Ma l’Europa non è l’uni­co punto di osservazione della realtà boliviana, e neanche il migliore. 2) Disinnescare il potere legislativo, la Came­ra e il Senato, tutt’ora in carica. Al momento di scrivere in Bolivia convivono un potere le­gislativo legale e un potere esecutivo “di fatto”. Non sfugga a nessuno che, visto da destra, sia una situazione identica a quella venezuelana.

bolivia golpe cancellato2Ma qui l’Occidente trae conclusioni opposte e sta con l’esecutivo contro il legislativo. Chissà perché. 3) Proscrivere o debilitare il più possibile il MAS. La proscrizione del partito di maggio­ranza sarebbe il segnale definitivo che le destre sono disposte alla guerra civile pur di ripren­dersi la Bolivia. 4) Ove la proscrizione non fosse possibile, è già in corso il processo di debilitazione del partito per metterlo in condizione di competere con le mani legate. Senza leader, con ministri e parla­mentari che devono temere per la loro libertà e la vita loro e delle loro famiglie, qual è l’agibi­lità politica che il regime di fatto garantisce al partito di maggioranza? Il MAS in questi anni ha generato con grande difficoltà quadri prove­nienti dal campo popolare, portatori di istanze comunitarie, di comunità isolate, a volte arre­trate, con poca formazione. Né i leader, né i quadri politici si inventano in due settimane. Perché mai il MAS dovrebbe rinunciare ai di­rigenti più esperti, affidabili, noti? Che elezioni sarebbero con il maggior partito oggetto di per­secuzione? Quanti punti vale, in termini elet­torali, l’eliminazione delle figure visibili, delle teste pensanti, dei leader comunitari nei quali gli elettori hanno fiducia? 5) Ultimo punto.

Nominare e controllare pie­namente un nuovo Tribunale elettorale, anche qui esautorando il parlamento, per decreto. Quelli che hanno denunciato i falsi brogli di Evo si predisporrebbero a controllare le elezio­ni, contando nuovamente sulla complicità degli osservatori infedeli della OEA (Organizzazione degli Stati Americani). Elezioni controllate dal gatto e dalla volpe, con un tribunale nominato dal governo “di fatto”, senza avallo parlamenta­re e “garantite” dalla OEA, sarebbero una farsa. Questo è lo stato attuale della cucina boliviana: preparare la legittimazione della frode futura.


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