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Democrature di sabbia

democrature sabbia1L’afferma un recente rap­porto pubblicato dall’au­torevole rivista The eco­nomist (L’economista). L’Africa subsahariana conta un terzo dei regimi au­toritari censiti dal documento. Povertà assoluta, gruppi armati terroristi, fiducia molto alta nei capi religiosi, imponenti aiuti internazionali e democrazie au­toritarie sembrano costituire un tutt’uno tenuto assieme, come con un collante, dalla sabbia. La stessa versione è poi offerta da altri studi e statistiche recente­mente pubblicati. Da quello da Reporters sans frontière (Gior­nalisti senza frontiere), a quel­lo pubblicato da Trasparency International (Trasparenza in­ternazionale), il motivo torna con evidente continuità. Cresce la repressione della libertà di stampa e cresce nel contempo il sistema di corruzione, in po­litica ed economia. Senza parla­re dell’altrettanto recente Rap­porto delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Umano che conferma l’equazione sopra enunciata: al deficit di democrazia corrispon­de una mancanza nell’ambito della crescita umana integrale. Il Rapporto sull’indice delle de­mocrazie nel mondo nel 2019, fornito da L’economista, prende in considerazione 165 stati.

Il Niger è classificato al numero 127 e al numero 29 su 44 stati dell’Africa subsahariana. Classi­fiche di sabbia e di vento. Il Rapporto sulle democrazie prende in considerazione 5 ca­tegorie di valutazione e pone al primo posto i processi elettorali e il pluralismo. Segue poi il fun­zionamento del governo e la par­tecipazione politica. In ultimo, ma non con meno importanza si citano la cultura politica e le libertà civili. Un terzo della po­polazione mondiale, soprattut­to grazie alla Cina, vive sotto regimi autoritari. Il Rapporto in questione classifica i governi sotto quattro tipologie. Le demo­crazie sane, quelle malate o fal­se, i regimi ibridi e quelli autori­tari. Secondo questo documento i risultati dei paesi subsahariani sono da considerare i più bassi dal 2010. Così come in America Latina, dunque, anche in Afri­ca si potrà parlare di decennio ‘perduto’. Casuale o causale, vari di questi Paesi sono sotto perfusione permanente da parte della comunità internazionale. Il Niger, ad esempio, è sempli­cemente il Paese più aiutato dall’Unione Europea. Appena qualche giorno fa, il Presidente della Repubblica ha ricevuto la responsabile della delegazione del’Unione Europea nel Niger, Ionete Denisa-Elena.

democrature sabbia2La signora ha confermato l’impegno euro­peo nell’ambito della sicurezza e dello sviluppo in modo da aiuta­re i Paesi del Sahel a contrastare la minaccia terrorista. L’Unione Europea continuerà altresì a so­stenere l’iniziativa detta delle 3 N, e cioè l’impossibile velleità che vorrebbe i Nigerini Nutrire i Nigerini. Lo stesso impegno è offerto dall’agenzia americana USAID che, tramite tre grandi ONG, offrirà 153 milioni di dol­lari per azioni di sviluppo della sicurezza alimentare nell’arco di cinque anni. I fondi dunque, quelli citati e molti altri legati al subappalto nella gestione delle migrazioni ‘irregolari’, vanno a beneficio di un governo definito autori­tario dall’indice delle democra­zie mondiali. L’aiuto economico sostiene, direttamente o meno, l’attuale regime di democratura e dunque si propone come com­plice dell’orientamento attuale del sistema. Nulla di partico­larmente strano non fosse per il doppio linguaggio di valori de­mocratici decantati dall’Unione Europea. D’altronde è risaputo che in politica non ci sono ami­ci o nemici permanenti ma solo affari da sbrigare con i mercanti disponibili. Rimane l’altro fattore, interes­sante da esaminare, sull’alto tas­so di fiducia espresso da molti cittadini dell’Africa subsaharia­na, nei confronti dei capi reli­giosi. Questo è uno dei punti toccati dal consorzio di istituti di sondaggi, chiamato Afrobaro­metro, che pubblica un’inchie­sta sulla religione in Africa sulla base di dati raccolti in 34 Paesi del continente dal 2016 al 2018. Il tasso di fiducia nei confronti dei capi religiosi tocca i due ter­zi degli intervistati. La fiducia popolare nei capi, per esempio, raggiunge il 90 per cento nel Se­negal e più dell’ottanta per cento nel Niger e il Burkina Faso. Altri Paesi, come ad esempio la Tu­nisia, sembrano più scettici nel confronti dei religiosi. La conclusione potrebbe ap­parire paradossale. Le demo­cradure rendono più agevole l’azione e il radicamento del terrorismo. Profittano, per so­stenersi, dell’aiuto economico internazionale che facilita la corruzione e si avvalgono, in­fine, della complicità religiosa dall’interno. Solo un dio di sab­bia potrà salvarci.

di Mauro Armanino, Niamey, 3 febbraio 2020


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