Cinema. Un romanzo autobiografico
Lack London dopo aver fatto i mestieri più disparati (venditore di giornali, cacciatore di pelli, cercatore d’oro in Alaska insieme ad un gruppo di intellettuali con i quali può intavolare discussioni su Marx, Nietzsche, Milton, Kipling ...) si dà alla letteratura diventando ben presto uno scrittore di fama grazie a racconti e romanzi quali Il richiamo della foresta (1903), Il popolo dell’abisso” (1903) un’inchiesta sulle condizioni di vita delle classi povere a Londra, Il lupo di mare (1904), “Zanna Bianca” (1906), Il tallone di ferro (1908) sui moti rivoluzionari anarchici. In molti modi nei suoi scritti denuncia i mali del capitalismo anarchico e selvaggio anche se non sa resistere al fascino dello stesso. Senz’altro è Martin Eden l’opera sua più famosa e decisamente autobiografica. Analizziamo tale romanzo prima di accennare al film omonimo di Pietro Marcello. La vicenda si svolge ad Oakland dove incontriamo Martin Eden, un giovane marinaio che durante una rissa difende un giovane appartenente ad una famiglia benestante. Per riconoscenza quest’ultimo lo invita a casa sua. Ed è qui che Martin conosce la sorella, una ragazza bella, colta e raffinata, di cui si innamora già al primo sguardo. “Era una creatura pallida, eterea, con grandi e spirituali occhi azzurri e una gran- de massa di capelli d’oro. La paragonò a un pallido fiore d’oro, sbocciato su di un esile stelo ... uno spirito, una divinità, una dea; una bellezza così sublime non era di questo mondo. O forse i libri avevano ragione, e nelle classi sociali più elevate c’erano molte persone come lei”. La giovane diventa non solo dunque l’oggetto della sua passione sentimentale ma anche il simbolo della cultura, l’emblema di quella società colta e signorile che gli appare lontana ma a cui aspi- ra ad elevarsi. Studia pertanto alacremente per colmare la distanza intellettuale che lo separa dalla famiglia di Elena. Scopre Karl Marx e in particolar modo abbraccia Herbert Spencer, muovendosi tra un socialismo barricadero e un individualismo anarchico. Infine decide di sperimentare egli stesso la scrittura tanto da divenire col tempo uno scrittore affermato. Ma si rende ben presto conto che, anche se si realizzano certi sogni, questo non vuol dire raggiungere la felicità.
Affiora nel romanzo una rabbia nei confronti della borghesia del tempo e una critica contraddittoria dell’individualismo. Non mancano giudizi sul mondo della cultura dell’epoca, ma soprattutto è il riferimento autobiografico di un giovane che lotta aspramente per affermarsi.Vediamo le riduzioni filmiche. C’è una versione del 1942 diretta da Sidney Salkow con Glenn Ford quale protagonista, ma non è un’opera molto interessante. Quella che ci interessa più da vicino è l’opera recente di Pietro Marcello dal titolo appunto Martin Eden.
La trasposizione è piuttosto libera, anche se riguardo le questioni fondamentali il regista mantiene i fatti del romanzo. Innanzitutto il luogo dove si svolge la vicenda è Napoli. Qui Martin Eden si innamora di una ricca fanciulla, si butta nello studio cercando il riscatto attraverso la cultura, scrive romanzi (trasformandosi in “orecchi attraverso i quali il mondo sente, occhi attraverso i quali il mondo vede”), per rendersi conto che il riconoscimento è solo illusione. Il sentimento per la ragazza che gli era stata da stimolo si spegne, e con esso tutte le ambizioni. In preda alla disperazione lo vediamo nelle ultime scene dirigersi verso il mare e scomparire fra i flutti.
Pietro Marcello mescola certe tendenze classi- che hollywoodiane, il cinema moderno anni Sessanta (con soluzioni formali che ricordano François Truffaut e Alain Resnais) e filmati di repertorio (fra cui sull’anarchico Errico Mala- testa mentre fa parte di una manifestazione del 1920) montati in maniera visionaria (rievoca- zione del cinema poetico di Jean Epstein). Con- vincente l’interpretazione di Luca Marinelli nei panni del protagonista sia quando appare quale rozzo marinaio gentile ma sgrammaticato, sia quando si rivela un innamorato neofita della poesia, sia quando, diventato ricco, declama teorie anticapitaliste, sia infine quando disilluso intellettuale dichiara la propria avversione alla vita stessa. E va ricordata la figura dell’anziano intellettuale Russ Brissenden quale mentore del protagonista interpretato da Carlo Cecchi.