Tiferno Comics. Dino Battaglia a Città di Castello

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La perfezione del grigio tra sacro e profano

94 1Dino Battaglia è morto a sessan’tanni con la leggendaria aureola di una bravura carica di potenza raffinatezza. Si deve in massima parte a lui se il fumetto è entrato nel campo dell’arte perchè nel caso di Battaglia diamo l’arte del tutto acquisita ringraziando Umberto Eco ed Elio Vittorini, due fra i tanti letterati che hanno sancito tale appartenenza.
Un ringraziamento va all’Associazione amici del fumetto se la XVII edizione di Tiferno Comics di Città di Castello dedica quest’anno a Dino Battaglia una grande mostra antologica dal titolo “La perfezione del grigio tra sacro e profano”. Dal 14 settembre al 3 novembre sarà possibile ammirare oltre 320 tavole originali di un narratore per immagini conosciuto in tutto il mondo.La degna cornice di tale esposizione è Palazzo Vitelli a Sant’Egidio, un insieme architettonico del ‘500 rimasto fino a oggi integro a testimoniare la grandezza rinascimentale della città. Mentre mi piace pensare che l’anfitrione per Dino Battaglia a Città di Castello sia Gianfranco Bellini, presi- dente di Tiferno Comics, il curatore della mostra e del catalogo è il collezionista ed editore Pietro Alligo, che ha lavorato in stretto contatto con il pittore Franco Barrese per l’accurato allestimento. Il bel catalogo cartonato di oltre 200 pagine contiene interventi di noti studiosi e di veri appassionati dell’opera di Battaglia.
La vita di Battaglia è trascorsa in gran parte a Milano e in gran parte in casa studiando e lavorando. Lavorava lentamente ma a lungo durante la giornata, mai soddisfatto della propria opera. Per completare una tavola poteva anche impiegare diversi giorni. Ha sposato Laura   De   Vescovi, che è stata sua indefessa compagna e collaboratrice con la quale ha avuto il figlio Pino.
93 1Penso che sia importante parlare di Laura perché lei e Dino sono vissuti per tutta la vita a meno di venti centimetri l’una dall’altro. Con il passare degli anni, esaurite le lacrime per la sua morte, sono infine venuti i ricordi. E i ricordi non finirono mai. Di che cosa parlava Laura? Di Dino. Chi era il migliore illustratore d’Italia? Dino. Del mondo? Dino. E l’uomo più intelligente, più buono, più elegante? Sempre Dino.
L’opera di Battaglia attraversa un periodo stori- co decisivo. Solo negli anni Trenta il fumetto si afferma come genere espressivo autonomo. Pri- ma di allora il pregiudizio negava al genere una validità. Riviste come il “Corriere dei Piccoli” nascono senza il ‘balloon’, ma con una didascalia scritta in rima dentro vignette di grandezza tutte uguali. I suoi primi lavori lo costringevano in griglie che imprigionavano le sue abilità. L’editore Sergio Bonelli ha scritto: “Battaglia non ha avuto una vita facile nel mondo dei fumetti. Ha dovuto mediare la propria attività con esigenze editoriali che gli erano estranee, è sceso a compromessi con le sue ambizioni, ha dovuto piegarsi a richieste spesso poco gradite”.
Battaglia cercò subito di evitare la tradizionale struttura a griglia regolare. Pian piano cercò di imporre una tavola suddivisa in vignette di grandezza variabile alternate a spazi bianchi, senza riquadri. Quando poté cimentarsi con riviste come Linus e Corto Maltese, la sua abilità si manifestò in pieno illustrando i classici della letteratura dell’Ottocento.
Vale la pena di indicare a grandi linee gli argomenti trattati da Battaglia fornendo alcuni esempi tra le storie da lui illustrate. Tra le favole e le leggende, c’è Il gatto con gli stivali di Charles Perrault, Il secondo tema della comicità e del grottesco contiene Gargantua e Pantagruel tratto da Guy de Maupassant. Altri temi come la guerra, il mistero, la religione testimoniano la sua versatilità.
Nella mostra si erge la grande sagoma del Golem a custodire le 14 tavole considerate un grande capolavoro. Tavole che raccontano la storia del rabbino Judah Loew tratta da Jorge Luis Borges, illustrate con una straordinaria tecnica dove il nero è la pece e il bianco è neve, dove la lametta ha rigato, graffiato il foglio fin quasi a strapparlo. Dopo studi ed elaborazioni, il rabbino individua in emeth (verità) la parola adatta a vivificare il Golem costruito con l’argilla. Il rabbino istruisce il Golem in vista di un proprio segreto progetto. Ma un vicino curioso vuole saperne di più sugli strani eventi della casa accanto e distrae il rabbino il tempo necessario perché il Golem fugga per le strade di Praga seminando panico e distruzione. Quando Loew lo ritrova, essendo mancata la totale sottomissione del Golem ai suoi voleri, lo distrugge cancellandogli dalla fronte la parola emeth.
Pubblicato in bianco e nero sulla rivista Linus nel 1971, ripubblicato nel 1985 su Corto Maltese nella versione a colori fatta da Laura, il Golem ha avuto da allora diverse edizioni in volume, in Italia e all’estero, ed è stato esposto per la prima volta in originale nella memorabile mostra antologica di Dino Battaglia che si è tenuta a Milano nel 1997 voluta da Sergio Bonelli, ideata e cu- rata da Studio Michelangelo a Palazzo Bagatti Valsecchi.

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