Il cammino è la metafora perfetta del senso della vita, sia per credenti sia per non credenti. Tutti partono da un punto per arrivare a una meta nella loro esperienza, ma ciò che conta è quello che accade nell’intermezzo, perché, come ha affermato Arturo Paoli, «Camminando s’apre cammino». Camminare aiuta a fare questo percorso spirituale o di vita. C’è una ripresa imponente di pellegrinaggi al giorno d’oggi, come per gli antichi, proprio perché c’è bisogno di spiritualità. E, come afferma Angela Seracchioli, l’uomo può fare a meno della religione, ma non della spiritualità, perché ha bisogno di ritrovare quel filo che tiene insieme tutte le cose, altrimenti sprofonda nel non senso. I cammini, e in particolare il Cammino di Francesco, possono aiutare a compiere questo “viaggio”, perché esso crea uno stato “magico” di vuoto irraggiungibile nella vita di tutti i giorni, per cui le cose irrisolte vengono a galla e riconsiderate. I cammini nascono da un bisogno di apertura, di andare oltre le cose, di guardare la realtà in modo diverso, e non è un caso se tutte le religioni hanno i loro cammini. Ci si mette in viaggio per tanti motivi, oggi come nei tempi antichi. Ma la scoperta più interessante che fanno i pellegrini è quella di essere trovati. Si mettono in viaggio per cercare qualcosa che non sanno bene cosa sia e, invece, scoprono di essere cercati. La testimonianza di Francesco è tutta qui: l’incontro avviene sulla strada, perché lì c’è la gente, ci sono le cose, c’è il volto dell’altro. È più facile che questo avvenga, precisa padre Fabio Scarsato, perché pur nella diversità dei linguaggi e delle culture, si scopre di attribuire lo stesso valore ai piccoli gesti, alle cose e alle parole.
Camminando s'apre cammino
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